sabato, febbraio 11, 2012
di Patrizio Ricci
A metà gennaio è cessata la missione degli osservatori della Lega Araba in Siria. Il compito primario della delegazione era la “protezione dei cittadini” e trovare un accordo con il governo siriano per “porre fine agli atti di violenza” ed ottenere “ il rilascio dei fermati e il ritiro dei militari dalle città e dalle zone residenziali”. La guida della missione era stata affidata al gen. Mohamed Ahmad al-Dabi, qatariota.
Che cosa dice lo sconosciuto documento prodotto dagli osservatori? Ne diamo un breve cenno: il rapporto innanzitutto riferisce che la missione ha raggiunto tutte le principali città e distretti del Paese. Esso rivela che “ gli osservatori sono stati testimoni di atti di violenza perpetrati da forze governative e a uno scambio di fuoco con elementi armati a Homs e Hama”. Tuttavia, dopo la mediazione della missione, è stato ottenuto il ritiro dell’esercito dalle città. In seguito, è stato possibile realizzare con l’opposizione “un ampio dibattito per quanto riguarda l’offerta del Governo siriano”.
È riferito che la missione è riuscita ad ottenere l’accesso nella città di Homs, nella quale la visita ai quartieri residenziali si è svolta senza bisogno di protezione. In questo modo la missione ha potuto incontrare membri dell’opposizione che hanno descritto le privazioni, i disagi e gli atti di violenza cui era stata sottoposta la popolazione da parte dalle forze governative. Dalla parte opposta, il governatore della città ha riferito che da parte dei ribelli sono stati compiuti sabotaggi sulle infrastrutture e rapimenti di civili. Dopo trattative parallele con gli oppositori e con le forze di sicurezza governative, la missione è riuscita a ripristinare i rifornimenti alla cittadinanza, a ottenere il rilascio di numerosi detenuti in mano ai governativi e la reciproca restituzione dei corpi dei caduti. Queste concessioni e la presenza degli osservatori hanno contribuito a rendere la “ situazione considerevolmente più calma su entrambe le parti in campo”.
Gli osservatori hanno constatato il perdurare degli scontri: “A Dera’a e Homs, la missione ha visto gruppi armati commettere atti di violenza contro le forze governative, causando morti e feriti nelle loro file”. Il rapporto precisa: “In certe situazioni, le forze governative hanno risposto agli attacchi condotti con forza contro di loro”. Risulta che le violenze provengono da entrambe le parti in conflitto: “ A Homs, Hama e Idlib, le missioni degli osservatori hanno assistito ad atti di violenza commessi contro Forze governative e civili, che hanno causato diversi morti e feriti”. Gli insorti hanno effettuato numerosi sabotaggi e attentati contro treni, autobus civili, veicoli che portavano gasolio, contro la polizia, la stampa e le condotte petrolifere. Numerose segnalazioni ricevute dagli oppositori di esplosioni o violenze in diverse località si sono rivelate false, “quando gli osservatori sono andati in quei luoghi, hanno scoperto che quei rapporti erano infondati”.
Il rapporto ha denunciato che “i media hanno esagerato la natura degli incidenti, il numero di persone uccise in quegli incidenti e le proteste in alcune città”. Essi hanno distorto la realtà sul campo e diffuso per tutto l’arco del tempo notizie che hanno screditato l’opera degli osservatori: “La missione ha affrontato difficoltà sia da parte dei fedelissimi del governo sia dell’opposizione”, tuttavia questo fatto “non ha comunque influenzato il nostro lavoro o il pieno monitoraggio su tutto il paese”.
La missione, iniziata il 27 dicembre 2011, viene ritirata il 19 gennaio 2012: per “l’aumento delle violenze” si giustificherà la Lega Araba, dimenticando che è proprio questo il motivo per cui era previsto che la missione restasse. È stabilito nel protocollo interno preparato dalla stessa Lega Araba: esso prevede che in mancanza del raggiungimento dei risultati desiderati, la durata della missione sarà estesa. Gli osservatori vengono ritirati nonostante si legga nel rapporto che “la missione ha ricevuto richieste dai sostenitori dell’opposizione a Homs e Deraa affinché rimanga sul luogo e non parta” e viene precisato che l’origine di tali appelli è “qualcosa che potrebbe essere attribuito alla paura dell’attacco dopo la partenza della missione”.
Il resto lo conosciamo dalla cronaca, il conflitto ha ripreso vigore, i governativi ora usano anche l’artiglieria e l’opposizione risponde colpo su colpo; la popolazione civile paga duramente. Non si può non essere sconcertati: una missione di ‘peace keeping’ in soli ventitre giorni riesce a ristabilire un clima costruttivo , ottiene il ritiro dei militari, la liberazione dei prigionieri, la distribuzione di aiuti alla popolazione, ma viene giudicata inutile. Tuttavia dopo neanche un mese, dopo il veto di Russia e Cina posto per il timore di un intervento militare, “malgrado la sperimentata inutilità, la missione degli osservatori della Lega Araba in Siria riprenderà, stavolta con la presenza di uomini delle Nazioni Unite “ ha detto oggi il segretario generale dell’Onu, Ban ki-moon. Questa volta l’inutilità si decide all’inizio, non è un buon auspicio…