Il responsabile della task Force governativa non è in Italia, detta le sue decisioni da Londra

Sapete dov’è Colao, colui che dovrebbe agire in sinergia con il capo della Protezione Civile Borrelli ed operare in stretto contatto con i responsabili sul campo? E’ a Londra. 

Vittorio Colao, il capo del Team di esperti nominati da Conte che si cura della nostra salute ed al quale è affidata ogni decisione (poi trascritta nei DPCM),  non è stato mai in Italia durante l’emergenza, ma dirige il tutto dalla Gran Bretagna.

Così la notizia da Panorama:

“Il capo della Task Force sulla riapertura, Colao, ammette di trovarsi a Londra e di non voler rientrare in Italia. Da dove decide il nostro futuro”.

Il responsabile del Team di esperti ha giustificato l’assenza dal suolo italico dicendo che se fosse rientrato sarebbe stato messo in quarantena, perdendo tempo prezioso. Ma questa è chiaramente un giustificazione debole: non si capisce che differenza ci sia tra l’essere confinato a Londra per mesi e l’essere confinato in un appartamento in Italia per 14 giorni, il tempo della quarantena.

Il fatto è rivelatore di un certo modo di pensare, secondo il quale i rapporti umani e le considerazioni di altra natura, non sono indispensabili di fronte alle decisioni tecniche e scientifiche.

La stranezza di questa collaborazione è assai evidente. E’ possibile che fosse così difficile affidare ad un eletto dagli italiani ad altra persona l’incarico di presiedere la task force? Ed ancora: era così necessaria una task force di 400 esperti che sostituisse il Parlamento? Ma più di tutto, la notizia della sua residenza a Londra è il colpo di grazia alla ragionevolezza. Come dice Panorama, “siamo governati in smartworking”, mentre la realtà con cui fare i conti tutti i giorni è presente.

In un momento drammatico come quello attuale chi deve prendere le decisioni che incideranno poi su tutti crede che sia sufficiente avere i dati della situazione.
Ma l’esistenza umana non si svolge su due livelli ma solo su uno. Non esiste un momento in cui – avendo i dati statistici e medici – decido scientificamente e poi esiste la vita della gente.[su_spacer]
Per questo, qualsiasi intervento che miri a cambiare positivamente le cose, suggerisce la presenza fisica. Si dice che ”siamo in guerra”, per questo un simile frangente consiglia presenza,  cautela, umiltà e riconoscimento del limite.
In questo contesto è alienante non partire dalla coscienza di una comunanza di destino, da una percezione di solidarietà , da una domanda di senso nella vita, da un riconoscimento di un destino comune e di un’appartenenza. [su_spacer]
Altrimenti ogni impegno, ogni decisione presa, può essere anche efficace, ma è debole, è artificiale, l’uomo rimane nell’estraneità. Quindi – a mio avviso – quello che ci impedisce di andare a fondo alle cose e che fa essere certe decisioni ‘scompensate’ rispetto alla vita è proprio ciò che traspare da questa notizia: la mancanza di comprensione ai massimi vertici del bisogno primario che abbiamo.[su_spacer]
Invece, ogni decisione per essere veramente realista ed ‘efficace’, deve essere armonizzata con tutti i fattori che compongono la realtà. Altrimenti ogni iniziativa, anche se formalmente ‘buona’ sotto il profilo scientifico, rischia di essere inefficace e disumana, perché non si può togliere l’uomo da quello che è, un insopprimibile bisogno di totalità.[su_spacer]

@vietatoparlare

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