Il terribile omicidio di Pescara e la necessità di una educazione continua

Tre giorni fa, un terribile episodio di cronaca ha scosso Pescara. Secondo quanto riportato dai giornali locali, un gruppo di 5 o 6 ragazzi appartenenti alla “Pescara bene” ha accerchiato Christopher Thomas Luciani, un sedicenne con una storia di problemi personali. Christopher, originario di Rosciano, era stato adottato da una famiglia del luogo dopo che la sua madre biologica, una donna cubana con problemi di droga, lo aveva abbandonato.

Christopher era stato arrestato l’anno scorso e, essendo minorenne, era stato collocato in una casa famiglia da cui era poi fuggito, rifugiandosi a Pescara. Qui, i ragazzi lo hanno circondato, intimidendolo prima di allontanarsi. Tuttavia, due membri del gruppo, di età compresa tra i 16 e i 17 anni, sono tornati indietro e hanno brutalmente accoltellato Christopher con 25 coltellate. Non contenti, gli hanno spento una sigaretta in faccia prima di andarsene vantandosi dell’orribile gesto con il resto della loro comitiva.

Va sottolineato che uno dei ragazzi responsabili dell’omicidio è figlio di un carabiniere, mentre l’altro è figlio di un avvocato, rendendo la vicenda ancora più inquietante. Gli altri ragazzi del gruppo hanno mantenuto il silenzio sull’accaduto, mentre uno di loro ha raccontato tutto al padre, che è un carabiniere. Questa tragica vicenda ha lasciato la comunità locale sotto shock e ha aperto una riflessione sulla violenza giovanile e sull’importanza di un intervento tempestivo per prevenire tali drammatici eventi.

In proposito, il Sussidiario ha pubblicato un articolo a firma di Domenico Fabio Tallarico.

L’articolo ha il pregio di toccare il cuore della vicenda.

Cito, in particolare, un passaggio significativo, riferito alla educazione:

Alla luce di quanto affermato da Don Luigi Giussani, uno dei più importanti educatori del nostro tempo, nel suo testo “Il rischio educativo”, è importante riflettere sulle sue parole profetiche. Giussani sosteneva che “l’idea fondamentale di un’educazione rivolta ai giovani è il fatto che attraverso di essi si ricostruisce una società; perciò il grande problema della società è innanzitutto educare i giovani (il contrario di quel che avviene adesso)”. Questa frase, risalente agli anni ’70, risuona ancora oggi con una forza incredibile. Dopo cinquant’anni, il deserto educativo rende la situazione ancora più drammatica. La nostra è una società in profonda crisi, nella quale il fallimento più preoccupante è proprio quello educativo. (fine citazione il Sussidiario )

Considerazioni

In proposito, è da rilevare che questo tipo di riflessioni emergono ogni volta che si verificano fatti di cronaca come quello accaduto recentemente a Pescara. La violenza emersa in questo episodio non è un caso isolato, ma è latente nei rapporti tra ragazzi, nell’approccio alla scuola, nelle relazioni tra gli adolescenti stessi. Per quanto riguarda la responsabilità degli adulti e delle istituzioni, è evidente che gli stessi adulti, che dovrebbero educare, hanno interiorizzato la mentalità che genera queste violenze. Qui non si tratta di correggere, sanzionare, reprimere o cambiare strategia. Si tratta di far fronte a una mancanza, a un vuoto di significato.

Nessuno sembra volersi occupare di questo problema in modo adeguato, delegando, nel migliore dei casi, a psicologi e a strategie interventi che spesso si rivelano palliativi. L’errore sta nel credere che tali violenze si possano eliminare con le stesse mentalità che le hanno generate.

Quello che non viene messo in discussione è cosa stiamo facendo della nostra vita e il significato che le istituzioni attribuiscono ad essa. Se non si affronta la vita con rispetto, percependola come un mistero da interrogare e comprendere, non capiremo mai la nostra essenza profonda. Il nostro “io” sarà costituito essenzialmente dalla propria riuscita e dalla supremazia sugli altri.

È chiaro che il problema non risiede solo nei genitori, perché anch’essi sono costretti ad accettare lo schema educativo attuale imposto dalle istituzioni, che plasmano il nostro vivere e la nostra mente. Il potere dello stato, che da anni è recettore delle agende educative globali degli enti sovranazionali come l’Unione Europea e l’ONU, non si preoccupa più dell’educazione come comunicazione del senso della vita.

Questo è sempre più difficile perché, in ogni sede e ambito dove si pianifica il vivere comune, non si ha cognizione del vero o si decide che questo livello dell’esistenza umana non è rilevante per le cose concrete.

Il comportamento dello stato italiano e di quasi tutti i paesi europei durante la pandemia di COVID-19 è emblematico per capire la difficoltà nel delineare l’urgenza di educare. In quell’occasione, abbiamo visto come lo Stato possa dirigere cambiamenti repentini e convincere i cittadini di un pericolo e di un’urgenza. Tuttavia, quelle circostanze, le misure imposte non rispondevano alle reali esigenze di tutela della salute, ma ad altri interessi, come quelli della Commissione Europea, spesso influenzata da lobby e ideologie progressiste e anticristiane. Questo atteggiamento è emblematico rispetto alla reale volontà di ricostruire una società attraverso l’educazione e, pertanto, solleva seri dubbi sulla volontà o sulla capacità della nostra leadership europea di percepire e affrontare le vere priorità.

In definitiva, l’orribile omicidio di Pescara non è un fatto isolato, ma il frutto marcio di un ambiente che genera inevitabilmente violenza, poiché l’atmosfera che respiriamo è essa stessa velenosa. Non si tratta solo di una responsabilità passiva, ma di una volontà attiva di allontanarsi sempre più dalla fonte dell’Essere. Perciò, non c’è da meravigliarsi, ma solo da addolorarsi, che nessuno sia aiutato nella propria vita, nella sua avventura esistenziale, nella sua libertà, responsabilità e nel suo compito esistenziale di fronte agli altri, percepiti come fratelli.

La società attuale è profondamente anticristiana e c’è una vera e propria inimicizia contro il “Tu”, che dovrebbe essere ciò che è più evidente e con cui si gioca tutta la propria esistenza.