Sempre più sotto choc per quanto sta emergendo in seguito alle rivelazioni sull’ex cardinale Theodore McCarrick, la Chiesa degli Stati Uniti cerca di reagire, e lo fa con la voce di alcuni dei suoi più alti rappresentanti.
DiNardo: “Abbiamo fallito. È una catastrofe morale”
Il cardinale Daniel DiNardo, arcivescovo di Galveston-Houston e presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, senza nascondere un senso di fallimento, annuncia un piano per affrontare quella che non esista a definire “la catastrofe morale” degli abusi.
In una lettera indirizzata a tutti i fedeli cattolici DiNardo spiega che il piano sarà presentato ai vescovi durante la loro assemblea generale a Baltimora, nel prossimo novembre, e coinvolgerà laici, clero e il Vaticano. Fondamentale, si legge, il coinvolgimento sostanziale dei laici e di esperti nei vari settori (dalle forze dell’ordine agli psicologi) per affrontare adeguatamente un fenomeno che evidentemente dimostra “il fallimento della leadership episcopale”.
Tre, scrive il cardinale, gli obiettivi del piano.
In primo luogo “un’indagine completa” su tutto ciò che riguarda il caso dell’ex cardinale Theodore McCarrick, che era al centro di una vera e propria rete di rapporti, con ramificazioni in tutti gli Stati Uniti e a Roma, fatta anche di coperture e omertà. Poi si tratterà di aprire nuovi canali confidenziali per la segnalazione di casi e infine di prevedere meccanismi per una soluzione più efficace delle situazioni emerse e delle denunce.
DiNardo nella lettera parla di “rabbia e vergogna” per quanto emerso e afferma che “siamo di fronte a una crisi spirituale che richiede non solo conversione, ma anche cambiamenti pratici per evitare di ripetere i peccati e i fallimenti del passato”, emersi con particolare evidenza nel rapporto del gran giurì su sei delle otto diocesi della Pennsylvania (me ne sono occupato qui: https://www.aldomariavalli.it/2018/08/16/la-ragnatela-di-zio-ted-e-quelle-connessioni-inquietanti/).
I vescovi, annuncia poi DiNardo, “inviteranno il Vaticano a condurre una visita apostolica per rispondere a queste domande, di concerto con un gruppo di laici scelti prevalentemente per la loro competenza dai membri del Comitato di valutazione nazionale e autorizzati ad agire”.
Abbiamo bisogno, prosegue il cardinale nella lettera, di “rendere più facile la segnalazione di abusi e comportamenti scorretti da parte dei vescovi” e di aggiornare il documento del 2002 che prevedeva alcune linee di azione. Quel documento infatti “non chiarisce quali vie dovrebbero seguire le vittime nel segnalare abusi o altre cattive condotte sessuali da parte di vescovi”.
“Mi scuso e chiedo umilmente il tuo perdono per ciò che i miei fratelli vescovi e io abbiamo fatto e non abbiamo fatto”, scrive in chiusura il cardinale DiNardo. “Qualunque siano i dettagli che possano emergere circa l’arcivescovo McCarrick o i numerosi abusi in Pennsylvania e altrove, sappiamo già che una delle cause principali è il fallimento della leadership episcopale. Il risultato è stato che decine di amati figli di Dio sono stati abbandonati e lasciati ad affrontare da soli un abuso di potere. Questa è una catastrofe morale”.
Dolan: “Abbiamo agito in modo terribilmente sbagliato”
Che la situazione sia delicatissima è testimoniato, oltre che da queste parole del presidente dei vescovi statunitensi, da una lettera che anche l’arcivescovo di New York, il cardinale Timothy Dolan, ha sentito il bisogno di scrivere ai fedeli della sua diocesi.
Nella lettera Dolan puntualizza alcuni aspetti riguardanti la situazione di tre chierici della diocesi di New York che figurano nel rapporto del gran giurì sulla Pennsylvania, ma soprattutto sottolinea il dolore delle vittime e ammette che la Chiesa finora ha agito in “modo terribilmente sbagliato” nel gestire la situazione.
Il documento del 2002 sulla protezione di bambini e giovani, spiega Dolan, è stato un passo avanti, ma “ciò non significa che possiamo diventare compiacenti o pensare che tutto sia alle nostre spalle”. Ecco perché l’arcidiocesi di New York ha istituito un Programma di riconciliazione e retribuzione indipendente (IRCP), come mezzo per contribuire alla guarigione delle vittime.
“Permettetemi – scrive il cardinale Dolan – di esprimere non solo le mie scuse a coloro che sono stati danneggiati dagli abusi e per la risposta che hanno ricevuto quando si sono fatti avanti, ma anche la mia gratitudine per il fatto di essere venuti allo scoperto, come nel caso di coloro che hanno testimoniato davanti al gran giurì, hanno partecipato al nostro Programma IRCP o hanno fatto sentire le loro voci in altro modo. Invito le altre vittime in questa arcidiocesi a farsi avanti, a notificare gli abusi alle forze dell’ordine e a contattare il nostro coordinatore per l’assistenza alle vittime ([email protected] ). Assicuro tutti che saranno accolti con rispetto, compassione e comprensione. Il nostro Dio può trarre il meglio dal male. Lo ha dimostrato nel modo più drammatico in quel primo Venerdì Santo. Sicuramente ci sentiamo come se stessimo vivendo oggi un altro Venerdì Santo. Fortunatamente, sappiamo che l’oscurità del Venerdì Santo non ha avuto l’ultima parola e che la luce della domenica di Pasqua non è lontana”.
Burke: “Il nodo è l’omosessualità. Intervenga il papa”
Una lucida analisi della situazione arriva poi dal cardinale Raymond Burke, che non esista ad affermare: “Sembra chiaro alla luce di questi recenti terribili scandali che in effetti esiste una cultura omosessuale, non solo tra il clero ma anche all’interno della gerarchia, che deve essere purificata alla radice; ovviamente si tratta di una tendenza che è disordinata”.
In una conversazione con Thomas McKenna di Catholic Action for Faith and Family (https://www.catholicaction.org/cardinal_burke_addresses_the_clergy_scandal), alla domanda su come affrontare la situazione, il cardinale risponde: “Non è necessario sviluppare nuove procedure: ci sono già nella disciplina della Chiesa e sono esistite nel corso dei secoli. Ciò di cui c’è bisogno è un’indagine onesta sulle presunte situazioni di grave immoralità, seguita da un’azione efficace per sanzionare i responsabili e vigilare per evitare che simili situazioni si ripresentino”.
Ma ascoltiamo più in dettaglio il cardinale Burke: “Dopo gli studi seguiti alla crisi degli abusi del 2002 è stato chiaro che la maggior parte degli atti di abuso erano in realtà atti omosessuali commessi con giovani adolescenti, ma c’è stato un tentativo studiato di ignorare o negare questa evidenza. Ora, alla luce dei recenti terribili scandali, sembra chiaro che in effetti esiste una cultura omosessuale, non solo tra il clero ma anche all’interno della gerarchia, che deve essere purificata alla radice. Si tratta ovviamente di una tendenza disordinata. Penso che il tutto sia stato considerevolmente aggravato dalla cultura anti-vita in cui viviamo, vale a dire la cultura contraccettiva che separa l’atto sessuale dall’unione coniugale.
L’atto sessuale non ha alcun significato se non tra un uomo e una donna nel matrimonio, poiché esso è per sua natura rivolto alla procreazione. Credo che sia necessario riconoscere apertamente che abbiamo un problema molto grave: una cultura omosessuale nella Chiesa, specialmente tra il clero e la gerarchia, che deve essere affrontato onestamente ed efficacemente. L’idea che la conferenza episcopale dovrebbe avere la responsabilità di affrontare questa situazione è fuorviante, perché la conferenza episcopale non ha possibilità di sorveglianza sui vescovi al suo interno. È il Romano Pontefice, il Santo Padre, che ha la responsabilità di disciplinare queste situazioni, ed è lui che deve agire seguendo le procedure esistenti nella disciplina della Chiesa. Solo così si affronterà la situazione in modo efficace”.
Al termine della sua analisi, il cardinale Raymond Burke chiede a tutti di non perdere la speranza: “Comprendo pienamente la rabbia e il profondo senso di tradimento che molti fedeli avvertono, perché sono sentimenti che provo io stesso. I fedeli dovrebbero insistere perché la situazione sia affrontata con onestà e determinazione. Ciò che non dobbiamo mai permettere è che questi atti gravemente immorali, che hanno tanto macchiato il volto della Chiesa, ci portino a perdere la fiducia nel Nostro Signore, che è il Capo e il Pastore del gregge.
La Chiesa è il suo corpo mistico e noi non dobbiamo mai perdere di vista questa verità. Dovremmo vergognarci profondamente di ciò che certi pastori, certi vescovi, hanno fatto, ma non dovremmo mai vergognarci della Chiesa perché sappiamo che è pura e che è Cristo stesso, vivo per noi nella Chiesa. Grande è la tentazione che la nostra giustificata rabbia per questi atti gravemente immorali ci porti a perdere la fede nella Chiesa o ad essere arrabbiati con la Chiesa, invece di arrabbiarci con coloro che, avendo avuto la più alta autorità nella Chiesa, l’hanno tradita comportandosi in modo immorale”.
Infine il cardinale accenna ai riti di degradazione (tempo fa ne ho parlato qui: https://www.aldomariavalli.it/2018/07/29/un-rito-di-degradazione-perche-no/) previsti per i chierici che hanno tradito il loro compito: “Nel Pontificale romano sono esistiti per secoli riti per la degradazione dei chierici, appartenenti alla gerarchia, che avevano fallito gravemente nel loro ufficio. Credo che sarebbe utile rileggere quei riti per comprendere profondamente ciò che la Chiesa ha sempre capito, cioè che i pastori possono andare fuori strada, anche in modo grave, e quindi devono essere disciplinati in modo appropriato e persino allontanati dallo stato clericale”.
La drammatica situazione nella Chiesa Usa sta avendo riflessi anche sul Meeting delle famiglie previsto a Dublino fra pochi giorni. Il cardinale Sean O’Malley di Boston, presidente della Commissione creata in Vaticano contro gli abusi, ha annunciato che non sarà presente all’evento (questo il mio articolo in proposito: https://www.aldomariavalli.it/2018/08/17/e-omalley-non-andra-a-dublino/) perché trattenuto negli Stati Uniti dalla necessità di affrontare la crisi. E mentre da più parti si levano voci che chiedono al papa di cancellare il Meeting stesso, ha superato le diecimila firme la petizione per chiedere che a Dublino non intervenga il discusso padre gesuita James Martin, sponsor LGBT.
Aldo Maria Valli