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In Francia le famiglie povere come in Italia: colpa delle spese preimpegnate, ovvero spese fisse mensili

Un articolo di Le Monde oppone all’elogio dell’euro – e dei suoi effetti apparentemente vantaggiosi sul potere d’acquisto dei francesi -, fatto recentemente dal governatore della Banca di Francia, dati che mostrano una realtà differente: un potere d’acquisto che negli ultimi vent’anni non ha fatto che declinare per le famiglie più povere, spaccando la Francia in ricchi che hanno guadagnato e deboli che hanno perso. Guarda caso, esattamente le motivazioni alla base delle contestazioni dei gilet gialli.

Di Assma Maad, 3 aprile 2019

Il Governatore della Banque de France ha annunciato in termini positivi l’aumento del potere d’acquisto negli ultimi venti anni. Alcune cifre contraddicono la sua osservazione statistica.

“L’euro ha aiutato a proteggere piuttosto bene il potere d’acquisto dei francesi.” Lo ha dichiarato il governatore della Banque de France, su France Inter, il 2 aprile. Invitato in occasione della sua tradizionale “lettera al presidente”, François Villeroy de Galhau ha tracciato un ritratto molto elogiativo della moneta europea e  delle sue conseguenze sul potere d’acquisto dei francesi:

“Credo che l’euro sia un successo. Ha portato a un aumento dei prezzi molto inferiore. I prezzi aumentano tre volte più lentamente rispetto al periodo precedente all’euro. L’euro ha portato costi di finanziamento che sono significativamente più bassi per i francesi.”

Dopo aver ricordato che per il potere d’acquisto dei francesi il 2019 “dovrebbe essere un buon anno, con un aumento pro capite del 2%” e che il potere d’acquisto è “aumentato del 20%” in vent’anni, ha affermato che questo “è dovuto in particolare all’ottimo controllo dell’aumento dei prezzi, del costo della vita. Questo è uno dei contributi dell’euro al potere d’acquisto dei francesi”.

Perché bisogna far notare alcune differenze

Il governatore della Banque de France è prudente. Nel corso della sua argomentazione, François Villeroy de Galhau precisa tuttavia di parlare “con molta misura, perché quello del potere d’acquisto è un argomento delicato” . Verissimo. Se le cifre mostrano che sulla carta il potere d’acquisto dei francesi dà segni di buona salute, la percezione dei francesi è molto diversa.

Un sondaggio pubblicato nel 2018 indica che il 66% dei francesi ritiene che il loro potere d’acquisto sia diminuito nel 2018 e il 57% degli intervistati pensa che continuerà a diminuire. Secondo l’economista François Bourguignon, “per la prima volta nel dopoguerra il potere d’acquisto dei francesi è diminuito o è rimasto uguale per un periodo molto lungo, specialmente per i redditi bassi e medi”.

Quindi, come si spiega questa differenza di percezione?

Il movimento dei “gilet gialli”, il cui fatto scatenante è stato l’aumento del prezzo del carburante, ha cristallizzato questa differenza di percezione. E l’aumento delle spese fisse, in particolare, lo conferma. Definite “spese preimpegnate” dall’ INSEE (Ente pubblico francese che fornisce le statistiche ufficiali, ndt), sono le spese legate alla casa (affitto, elettricità, gas, acqua), abbonamenti (assicurazione, telefono, televisione, internet), pagamento della mensa ecc. Spese che sono aumentate significativamente negli ultimi decenni.

Secondo l’INSEE, il peso di queste spese è aumentato, passando dal 13% del reddito (reddito disponibile delle famiglie, tolti imposte e contributi ) nel 1960 a quasi il 30% nel 2016. Questo oggi lascia ai francesi soltanto il 70% delle spese disponibili, a cui vanno tolte le spese relative al cibo e ai trasporti, benzina inclusa. Spese che oscillano da un mese all’altro e pesano pesantemente sul portafoglio dei francesi.

Le spese fisse sono aumentata dal 12% al 29% in quasi 60 anni.

Peso delle spese “preimpegnate” nel reddito disponibile delle famiglie dal 1960

Fonte: INSEE

Tra i francesi più colpiti da questo aumento delle spese preimpegnate, troviamo le famiglie più modeste. “La quota delle spese preimpegnate nel reddito disponibile delle famiglie è maggiore quanto più è basso il loro tenore di vita: passa dal 61% per le famiglie povere al 23% per le famiglie ricche”, afferma uno studio pubblicato nel 2018 dal Dipartimento di ricerca, studi, valutazione e statistica (Dress) del ministero della Solidarietà e della Salute.

Lo studio sostiene che il 10% delle famiglie più povere, dopo avere pagato i conti, mediamente resta con solo 180 euro in tasca, mentre ai più ricchi restano in media 1.890 euro al mese.

“L’aumento delle spese preimpegnate, soprattutto a partire dal 2003, ha potuto provocare tra le famiglie la sensazione di un certo impoverimento, rafforzando la percezione di un divario con la misurazione effettiva del potere d’acquisto”, ha dichiarato l’INSEE nel 2017. Ed ecco che bisogna qualificare le affermazioni del governatore della Banca di Francia.

L’evoluzione del potere d’acquisto ha accelerato negli anni che hanno seguito l’instaurazione dell’euro

Evoluzione del potere d’acquisto dal 1960 (%)

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Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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