Si sta concludendo il primo mese di permanenza di InSight su Marte e la sonda NASA sembra procedere celermente e senza problemi nelle attività previste dai piani della sua missione biennale.
Il luogo di atterraggio
Era il 26 novembre quando terminava felicemente sulla superficie del pianeta rosso il viaggio iniziato dalla base di Vandenberg sei mesi prima e l’ovazione dei tecnici scioglieva la tensione che aveva invaso il centro di controllo del JPL, spettatore impotente durante i 6 minuti e 45 secondi intercorsi tra l’ingresso nell’atmosfera e l’atterraggio. La prima confusa immagine ripresa attraverso il copriobiettivo che proteggeva l’Instrument Context Camera (ICC) confermava che la sonda si era posata in una zona di Elysium Planitia piuttosto pianeggiante e sgombra dagli ostacoli che avrebbero potuto rendere difficile l’impiego dei suoi strumenti.
InSight si era arrestata nella zona prevista, all’interno della landing ellipse programmata, un’area disposta longitudinalmente al pianeta, della lunghezza di 130 km e larga fino a 27 km. Il punto esatto dell’atterraggio è stato rivelato visivamente solo qualche giorno dopo, attraverso le immagini riprese il 6 e l’11 dicembre dalla camera HiRISE di Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) che hanno permesso di identificare alla distanza di alcune centinaia di metri anche lo scudo termico, che ha protetto la sonda nelle prime fasi della discesa, e il paracadute, ancora agganciato alla carenatura protettiva.
Pannelli solari da record
Superata l’emozione dell’atterraggio, la prima notizia attesa dal team di InSight era quella, critica per il futuro della missione, relativa al dispiegamento dei pannelli solari. La conferma è arrivata quando in Italia erano ormai le 2.30 del 27 novembre, tramite i segnali rimbalzati sulla terra da Mars Odissey: i due pannelli di forma decagonale, ampi circa 2,2 metri, si erano aperti come sperato e avevano iniziato a caricare le batterie.
I dati ricevuti successivamente avrebbero confermato l’ottima efficienza dei sistemi di alimentazione: durante il primo intero giorno marziano i pannelli hanno generato più energia elettrica di qualsiasi altro veicolo mai giunto sulla superficie del pianeta rosso.
È stato fantastico ottenere il nostro primo “record interplanetario” durante il primo giorno passato su Marte – ha osservato Tom Hoffman del JPL, project manager di InSight – Ma al di là del primato di aver prodotto più elettricità di ogni altra missione precedente, a noi interessa ciò che questo fatto rappresenta in vista dell’imminente esecuzione dei nostri obiettivi tecnici. I 4.588 wattora che abbiamo generato durante Sol 1 indicano che al momento abbiamo più energia di quella necessaria per svolgere questi compiti e andare avanti con la nostra missione scientifica.
Selfie e immagini per il “marsfoming”
Assicuratisi del funzionamento nominale dei sistemi di bordo, i tecnici del JPL hanno poi rivolto l’attenzione alle caratteristiche del suolo circostante la sonda e in particolare allo “spazio di lavoro” in cui dovranno operare gli strumenti di indagine.
InSight è risultata essersi posata in un hollow, un cratere da impatto, poco profondo riempito di polvere e sabbia. Il veicolo è leggermente inclinato, circa 4°, ma ben all’interno del margine di tolleranza previsto di 15°.
Da quando abbiamo scelto il sito di atterraggio, Il team scientifico sperava di atterrare in un’area sabbiosa con poche rocce, quindi non potremmo essere più felici – ha continuato Hoffman – Non ci sono piste o zone di atterraggio su Marte, quindi, scendere in un’area che è fondamentalmente una grande scatola di sabbia, senza grandi rocce, dovrebbe facilitare il posizionamento degli strumenti e offrire un terreno perfetto in cui la sonda possa iniziare a scavare.
Finalmente liberate dalle protezioni antipolvere, le due camere di InSight, la già citata ICC, dotata di obiettivo grandangolare capace di inquadrare in un colpo solo l’intera area di lavoro per un’ampiezza di 120°, e l’Instrument Deployment Camera (IDC), montata sul braccio robotico (all’incirca a metà, in modo da inquadrarne l’estremità), hanno iniziato a produrre immagini.
E qui c’è stata una piccola delusione, almeno per gli appassionati che attendevano con impazienza i primi veri “panorami” del pianeta rosso trasmessi da InSight, dal momento che le foto senza copriobiettivo di ICC apparivano ancora piuttosto “sporche”. La collocazione della camera, posta nella parte bassa della sonda, e la natura del luogo di atterraggio hanno permesso alla polvere sollevata dai thruster di infiltrarsi abbondantemente sotto la protezione e di depositarsi sulle ottiche. Il problema comunque è principalmente di carattere “estetico”, il team del JPL assicura che la camera è comunque in grado di svolgere la sua funzione.
Nel frattempo il braccio robotico veniva messo in funzione e, attraverso la composizione delle foto riprese dalla IDC, è stato possibile ricostruire un’immagine complessiva della sonda, una sorta di “selfie” simile a quelli già prodotti da Curiosity e altri rover, in grado di attestarne visivamente le condizioni, e generare una mappa accurata della superficie dell’”area di lavoro”, la zona di terreno antistante InSight, raggiungibile dal braccio robotico.
Per quanto meno interessanti per il pubblico, riprese come quest’ultima sono state particolarmente utili ai tecnici della missione che le hanno utilizzate per riprodurre la superficie di Marte davanti al “modello di lavoro” di InSight installato presso il JPL.
Come per altri rover e sonde, anche di InSight esiste nei laboratori di Pasadena una copia, in grandezza naturale, che viene utilizzata per provare le operazioni, prima di effettuarle sulla sonda vera. Giocando con le parole questo modello è stato ribattezzato ForeSight, che significa “previsione”.
Per rendere più accurata la simulazione della posa degli strumenti sulle superficie, i tecnici del JPL hanno modellato sabbia e ghiaia davanti alla sonda gemella, cercando di riprodurne le esatte pendenze e ostacoli, anche attraverso l’uso di strumenti di realtà aumentata (HoloLens) che hanno consentito di sovrapporre alla superficie marziana simulata modelli 3D realizzati a partire dalle rilevazioni della sonda.
Quando si comincia a fare scienza?
Dal punto di vista della ricerca scientifica, dicono al JPL, InSight è una maratoneta, non una velocista. L’inizio della raccolta dei dati richiederà varie settimane di preparazione, il tempo necessario al posizionamento sulla superficie e all’attivazione dei suoi strumenti principali: il sismometro SEIS (Seismic Experiment for Interior Structure) e la sonda che perforerà il suolo per misurare il calore, HP3 (Heat Flow and Physical Properties Package).
A bordo, tuttavia, ci sono anche strumenti che funzionano sin dal primo Sol e che stanno già svolgendo il loro silenzioso lavoro. Tra questi c’è RISE (Rotation and Interior Structure Experiment), le cui antenne hanno già iniziato a ricevere e rimandare a terra, per un’ora tutti i giorni, i segnali in banda X che gli vengono inviati. Lo scopo è quello di misurare, grazie all’effetto doppler, le oscillazioni dell’asse di rotazione di Marte durante il suo moto orbitale, allo scopo di ricavare informazioni sulla struttura interna del pianeta.
In funzione da subito è anche l’Auxiliary Payload Sensor Subsystem (APSS), che raccoglie strumenti per la misurazione delle condizioni ambientali: campo magnetico, pressione e temperatura atmosferica. E’ stato proprio uno di questi sensori, insieme a SEIS, già parzialmente attivo per le operazioni di calibrazione (anche se al momento si trovava ancora sul deck di InSight), che ha permesso una rilevazione non programmata a cui NASA ha dato molta pubblicità, tanto da convocare un’apposita media conference il 7 dicembre scorso: la registrazione del rumore del vento.
Soffia il vento marziano
La cattura di questo audio non era pianificata – ha ammesso Bruce Banerdt, principal investigator di InSight presso il JPL – Ma una delle cose a cui la nostra missione è dedicata è misurare il moto su Marte e naturalmente questo include anche il movimento causato da onde sonore.
Non ci sono microfoni a bordo di InSight, a differenza di quanto avverrà su Mars 2020 Rover, che ne avrà addirittura due (uno per registrare il suono dell’atterraggio e un secondo sulla SuperCam che analizzerà il suolo), ma i suoi strumenti sono comunque stati in grado di rilevare le onde sonore prodotte dal vento. Il sensore della pressione atmosferica, parte di APSS, le ha registrate direttamente, mentre il sismometro le ha percepite attraverso i movimenti del lander, allorché il vento faceva oscillare i grandi pannelli solari, mediante i short period silicon sensors sviluppati dall’Imperial College di Londra e dall’Università di Oxford (il resto di SEIS è stato realizzato dall’Agenzia spaziale francese CNES), in grado di rilevare frequenze vicine ai 50 Hz, al limite inferiore dei suoni percepibili dall’orecchio umano.
Il vento marziano “ascoltato” da InSight è stato stimato soffiare ad una velocità compresa tra i 5 e i 7 metri al secondo, in una direzione, da Nord-Ovest a Sud-Est, compatibile con quella dei dust devil già osservati dall’orbita nell’area di atterraggio.
SEIS in posizione
Gli studi sulla superficie dell’area di lavoro sono terminati il 17 dicembre, quando il team della missione ha finalmente determinato la destinazione dei due strumenti di superficie, decidendo di collocare SEIS davanti al lander, ad una distanza di 1,6 metri, e la sonda HP3 alla stessa distanza da InSight, a 1,2 metri a sinistra del sismometro.
La deposizione di SEIS è stata eseguita quasi subito e con successo; i comandi sono stati caricati sulla sonda il 18 dicembre ed eseguiti dal braccio robotico il giorno successivo (Sol 22). L’operazione è stata ampiamente documentata dalle immagini delle due camere.
Il posizionamento del sismometro è importante quanto l’atterraggio su Marte – ha dichiarato Bruce Banerdt – Il sismometro è lo strumento di maggiore priorità su InSight: ne abbiamo bisogno per completare circa i tre quarti dei nostri obiettivi scientifici.
Nonostante le buone caratteristiche del suolo antistante la sonda, piuttosto pianeggiante e privo di rocce, lo strumento è risultato inclinato di 2/3°. Nei giorni successivi al posizionamento i tecnici hanno dovuto perciò intervenire per metterlo perfettamente in piano (utilizzando qualcosa di simile a dei “piedini girevoli”) e hanno verificato che i cavi che collegano il dispositivo alla sonda fossero disposti in modo da non creare eccessive vibrazioni e non urtassero contro parti del suolo in grado di danneggiarli.
Prossimamente a Elysium Planitia
La timeline delle operazioni, finora ampiamente rispettata, prevede entro due settimane dalla collocazione di SEIS sulla superficie, il posizionamento sopra di esso del Wind and Thermal Shield (WTS), la protezione termica e contro il vento (quella calotta semisferica che ricorda un coprivivande ben visibile nelle foto di InSight). Possiamo aspettarci di vedere ultimata questa operazione ai primi di gennaio.
Seguirà, se non ci saranno problemi, dopo un paio di settimane – e quindi nella seconda metà di gennaio – la deposizione della sonda termica HP3 che, dopo circa un mese, inizierà le operazioni di scavo per raggiungere i -5 metri sotto la superficie di Marte.
Ma per il momento tutta l’attesa del team è rivolta ancora ai dati di SEIS:
Non vediamo l’ora di stappare lo Champagne quando inizieremo a ottenere dati dal sismometro di InSight sulla superficie – ha concluso Banerdt. – Ho una bottiglia pronta per l’occasione.
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