L’articolo di Christophe Clavé, politologo
Il QI medio della popolazione mondiale, che dal dopoguerra alla fine degli anni ’90 era sempre aumentato, nell’ultimo ventennio è invece in diminuzione… È l’inversione dell’effetto Flynn.
Sembra che il livello d’intelligenza misurato dai test diminuisca nei paesi più sviluppati. Molte possono essere le cause di questo fenomeno. Una di queste potrebbe essere l’impoverimento del linguaggio. Diversi studi dimostrano infatti la diminuzione della conoscenza lessicale e l’impoverimento della lingua: non si tratta solo della riduzione del vocabolario utilizzato, ma anche delle sottigliezze linguistiche che permettono di elaborare e formulare un pensiero complesso. La graduale scomparsa dei tempi (congiuntivo, imperfetto, forme composte del futuro, participio passato) dà luogo a un pensiero quasi sempre al presente, limitato al momento: incapace di proiezioni nel tempo.
La semplificazione dei tutorial, la scomparsa delle maiuscole e della punteggiatura sono esempi di “colpi mortali” alla precisione e alla varietà dell’espressione. Solo un esempio: eliminare la parola “signorina” (ormai desueta) non vuol dire solo rinunciare all’estetica di una parola, ma anche promuovere involontariamente l’idea che tra una bambina e una donna non ci siano fasi intermedie. Meno parole e meno verbi coniugati implicano meno capacità di esprimere le emozioni e meno possibilità di elaborare un pensiero.
Gli studi hanno dimostrato come parte della violenza nella sfera pubblica e privata derivi direttamente dall’incapacità di descrivere le proprie emozioni attraverso le parole. Senza parole per costruire un ragionamento, il pensiero complesso è reso impossibile. Più povero è il linguaggio, più il pensiero scompare. Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici. E non c’è pensiero senza parole.
Come si può costruire un pensiero ipotetico-deduttivo senza il condizionale? Come si può prendere in considerazione il futuro senza una coniugazione al futuro? Come è possibile catturare una temporalità, una successione di elementi nel tempo, siano essi passati o futuri, e la loro durata relativa, senza una lingua che distingue tra ciò che avrebbe potuto essere, ciò che è stato, ciò che è, ciò che potrebbe essere, e ciò che sarà dopo che ciò che sarebbe potuto accadere, è realmente accaduto? Cari genitori e insegnanti: facciamo parlare, leggere e scrivere i nostri figli, i nostri studenti. Insegnare e praticare la lingua nelle sue forme più diverse. Anche se sembra complicata. Soprattutto se è complicata.
Perché in questo sforzo c’è la libertà. Coloro che affermano la necessità di semplificare l’ortografia, scontare la lingua dei suoi “difetti”, abolire i generi, i tempi, le sfumature, tutto ciò che crea complessità, sono i veri artefici dell’impoverimento della mente umana. Non c’è libertà senza necessità. Non c’è bellezza senza il pensiero della bellezza. »
🗣Christophe Clavé, laureato in Scienze Politiche, Professore di stratégie, ha espresso la sua riflessione su questo fenomeno. L’eloquio, la scrittura – quindi la “parola” sia orale che scritta – e i pensieri che attraverso esse vengono comunicati usando un ricco vocabolario e l’insieme dei “segni” che scandiscono il tempo di una lettura e che enfatizzano le emozioni sottese, sono le basi necessarie per crescere come singoli individui e per permettere delle sane relazioni sociali. Oggi si rileva una sempre maggior attenzione a testi brevi, come se bisognasse non perdere tempo, fare in fretta, e questo porta all’incapacità di concentrarsi e quindi di capire. Le violenze fatte quotidianamente alla nostra lingua portano alla perdita del vero contatto sociale e all’incapacità di giudizio.