Pubblichiamo la trascrizione effettuata da Mondalisation del video che riporta l’intera allocuzione del ministro Walid al-Moallem alla Assemblea generale delle Nazioni Unite.
In queste ore di imminente minaccia di intervento turco in territorio siriano, è utile rileggere il quadro di sintesi dei Siriani: un atto d’accusa circostanziato riguardante questi 8 anni rivolto agli attori del conflitto, (USA, Israele e Turchia in particolare), che nel finale evidenzia come le sanzioni siano un’arma che non dovrebbe essere usata contro nessun popolo/nazione, l’uso ambiguo dei profughi e le violazioni di Israele.
Traduzione dal francese per OraproSiria di Gb.P.
Certamente alcuni governi hanno danneggiato la Siria e danneggiato la sua gente. Tuttavia, non tratteremo nessuno secondo una logica di odio o di vendetta, ma piuttosto a partire dagli interessi del nostro paese e del nostro popolo, dal nostro desiderio di portare pace, stabilità e prosperità in Siria e nella regione “.
Signor Presidente, onorevoli colleghi,
Ci incontriamo oggi in un momento in cui l’immagine del mondo sembra molto desolante, dato che le basi su cui si basava l’organizzazione delle relazioni internazionali politiche, economiche, legali e di sicurezza sono esposte a un pericolo senza precedenti dalla creazione di questa organizzazione; momento in cui i conflitti e le minacce alla pace e alla sicurezza internazionali si intensificano; che le probabilità di guerra prevalgono su quelle di pace; che l’equilibrio dell’economia mondiale si sta muovendo verso l’ignoto; che la violazione delle convenzioni e dei trattati internazionali è diventata modo di agire normale e che l’uso di mezzi illegali nel diritto internazionale, come il sostegno al terrorismo e l’imposizione di blocchi economici, non suscita più proteste o condanne.
Tutto ciò contribuisce a un maggiore caos sulla scena internazionale, ci conduce poco a poco alla legge della giungla anziché allo stato di diritto; mette in pericolo il futuro dei nostri paesi e fa sì che i nostri popoli paghino il forte prezzo della loro sicurezza, del loro sangue, della loro stabilità e benessere.
Oggi siamo al crocevia di un cammino. O siamo seriamente intenzionati a costruire un mondo più libero, stabile e giusto; un mondo senza terrorismo, occupazione o dominio; un mondo basato sul diritto internazionale, la cultura del dialogo e della comprensione reciproca; o ci sediamo pigramente, lasciando andare alla deriva il futuro dei nostri popoli e delle generazioni future, abbandonando i principi e gli obiettivi fissati dai padri fondatori di questa organizzazione. Questa è la domanda, onorevoli colleghi, e la decisione è vostra.
Signor Presidente,
Il terrorismo rimane una delle minacce più importanti per la pace e la sicurezza internazionali e costituisce un grave pericolo per tutti, senza eccezioni, nonostante il nostro successo in Siria, grazie ai sacrifici e all’eroismo dell’Esercito Arabo Siriano e al sostegno di alleati e amici.
Il nostro popolo ha sopportato per oltre otto anni gli orrori di questo terrorismo, che ha ucciso selvaggiamente persone innocenti, provocato una crisi umanitaria, distrutto le infrastrutture, derubato e demolito la ricchezza del paese. Ma in cambio, la storia scriverà a lettere d’oro l’epopea eroica di questo popolo che, nella sua guerra contro il terrorismo, non solo avrà difeso i suoi, la propria patria e la propria civiltà, ma avrà anche contribuito alla difesa dell’umanità, dei valori della civiltà, della cultura della tolleranza e della convivialità di fronte all’ideologia estremista di una cultura dell’odio e della morte promossa da organizzazioni terroristiche, come Daesh e il fronte al-Nusra, e da coloro che li sponsorizzano e li supportano.
Siamo determinati a continuare la guerra contro il terrorismo, qualunque sia il nome di cui si riveste, per bonificare l’intero territorio della Siria e adotteremo tutte le misure necessarie per garantire che non possa tornare.
Tuttavia, l’eradicazione globale di questo incubo, opprimente per il mondo intero, richiede una vera volontà internazionale. Per questo, non abbiamo bisogno di reinventare la ruota. Abbiamo un vasto arsenale di risoluzioni del Consiglio di sicurezza adottate ai sensi del capitolo VII° e specifiche per la lotta al terrorismo, per il prosciugamento delle sue fonti e del suo finanziamento. Il problema è che tutte queste risoluzioni sono rimaste solo inchiostro su carta perché, disgraziatamente, la lotta al terrorismo non è ancora una priorità per alcuni Stati. Da qui il silenzio di morte di alcuni e le dichiarazioni vuote di altri, di fronte a ciò che Paesi come il mio sopportano, della mostruosità terroristica.
In effetti, ci sono sempre quelli che sfruttano il terrorismo e lo usano come strumento di pressione per imporre i loro programmi sospetti ai popoli e governi che rifiutano le imposizioni straniere e si attengono alla propria autodeterminazione nazionale. Il caso più lampante è quello della Siria, dove sono arrivate decine di migliaia di terroristi provenienti da oltre 100 paesi, grazie al supporto e alla copertura di Stati ormai noti a tutti. Il colmo è che questi stessi Stati ci contestano il diritto di difendere il nostro popolo da questi terroristi, alcuni dei quali sono descritti come “combattenti per la libertà”, mentre ad altri piace chiamarli “opposizione armata siriana “. Ad essi non viene in mente che se persistessero in questa logica, il terrorismo ritornerà e minaccerà anche chi lo gestisce e chi lo protegge.
Signor Presidente,
L’esempio più significativo di ciò che ho appena sostenuto è la situazione attuale nella regione di Idlib riconosciuta da tutti, comprese le testimonianze nei rapporti dei comitati competenti del Consiglio di sicurezza, come il più grande raduno di terroristi stranieri nel mondo. Il tempo a me assegnato non mi consente di elencare tutti i loro crimini. Citerò solo il bombardamento incessante di missili e mortai sui civili nelle aree vicine, l’uso di civili presenti in Idlib come scudi umani, mentre viene loro impedito di uscire attraverso il corridoio umanitario di Abu al-Douhour aperto dal governo siriano.
Qui la domanda è: se altre nazioni avessero sopportato una situazione del genere, i loro governi avrebbero potuto rimanere inerti? Avreste rinunciato al vostro diritto e al vostro dovere di proteggere il vostro popolo e di liberare una qualsiasi delle regioni invase da terroristi indifferenti a tutto ciò che significa avere una patria?
Il governo siriano ha affrontato positivamente le iniziative politiche per risolvere la situazione in Idlib ed ha concesso loro più tempo del necessario per la loro attuazione. Pertanto, abbiamo accolto con favore il memorandum sull’istituzione di zone di de-escalation e l’accordo di Sochi sulla regione di Idlib, nella speranza che ciò contribuisse a sradicare il Fronte Al Nusra, i resti di Daesh e altre organizzazioni terroristiche presenti a Idleb con il minor numero possibile di vittime civili. D’altra parte, abbiamo dichiarato a più riprese la cessazione delle ostilità.
Ma ecco cosa è successo da allora: il regime turco non ha rispettato i suoi impegni ai sensi di questi accordi. Al contrario, ha dato il suo pieno sostegno ai terroristi, che hanno ottenuto armi ancora più sofisticate; il Fronte Al-Nosra affiliato ad Al-Qaeda ha preso il controllo di oltre il 90 per cento della regione di Idlib. I posti di osservazione turchi, stabiliti nel territorio siriano, sono diventati posti per sostenere i terroristi e prevenire l’avanzata dell’esercito siriano. E ora il regime turco, sostenuto da alcuni paesi occidentali, si sta disperatamente impegnando a proteggere i terroristi del Fronte di al-Nusra e altre organizzazioni terroristiche a Idlib, esattamente come tutte le volte che li abbiamo affrontati. Immaginate uno Stato che intervenga direttamente per proteggere il Fronte di Al-Nusra affiliato ad Al Qaeda, mentre le risoluzioni del Consiglio di sicurezza affermano che esso rappresenta una minaccia non solo per la Siria, ma anche per la pace e la sicurezza internazionale.
Signor Presidente,
Gli Stati Uniti e la Turchia continuano la loro presenza militare illegale nel nord della Siria, la loro arroganza è arrivata al punto di tenere summit e concludere accordi sulla creazione di una cosiddetta “zona di sicurezza” nel territorio siriano come se fosse territorio turco o americano. E questo, in violazione del diritto internazionale e delle disposizioni della Carta delle Nazioni Unite.
Pertanto, qualsiasi accordo raggiunto sulla situazione di qualsiasi regione siriana, senza il consenso del governo siriano, è condannato e respinto indipendentemente dalla sua sostanza e forma. Allo stesso modo, tutte le forze straniere presenti sul nostro territorio, senza invito esplicito del governo siriano, sono considerate forze di occupazione il cui ritiro deve essere immediato. Altrimenti, abbiamo il diritto di prendere tutte le misure garantite dal diritto internazionale in questo caso.
Qui dobbiamo evidenziare le pratiche terroristiche, criminali e repressive perpetrate dalle milizie separatiste designate come FDS (“Forze Democratiche Siriane”, ndt) contro il popolo siriano nei governatorati di Hassake, Raqqa e Deir ez-Zor; Milizie queste, appoggiate dagli USA e dalle forze della Coalizione internazionale per imporre una nuova realtà intesa a servire i piani statunitensi e israeliani nella nostra regione e a prolungare la guerra terroristica in Siria.
Le politiche turche in Idleb e nel nord-est della Siria, così come le loro manovre che passano con il nome di procedure, minacciano di demolire tutto ciò che è stato realizzato attraverso il processo di Astana. La Turchia non può dichiarare di sostenere l’unità e l’integrità territoriale della Siria e, allo stesso tempo, essere la prima a minarle. Se, come sostiene, è impegnata nella sicurezza dei suoi confini e nell’unità della Siria, deve decidere di scegliere. O si conforma al processo di Astana, attua cioè gli accordi bilaterali sulla lotta al terrorismo per garantire la sicurezza dei suoi confini e ritira le sue forze dal territorio siriano. Oppure rimane uno Stato aggressore e una forza occupante, nel qual caso dovrà sopportarne le conseguenze. Non è possibile che un paese fondi la sicurezza dei propri confini a spese della sicurezza dei paesi vicini, della loro sovranità e della loro integrità territoriale.
Signor Presidente,
Insieme alla nostra lotta contro il terrorismo, siamo stati desiderosi di far avanzare il processo politico partecipando alle riunioni di Astana, un processo in cui sono stati raggiunti risultati tangibili sul campo. Proprio come siamo stati positivi nel trattamento dei dati della “Conferenza per il dialogo nazionale siriano a Sochi”, che ha portato alla formazione di una commissione per discutere della Costituzione siriana. A questo proposito, abbiamo avviato un dialogo serio e costruttivo con l’inviato speciale delle Nazioni Unite.
È in definitiva la determinazione della Siria e l’attenzione prestata dal presidente Bashar al-Assad al minimo dettaglio riguardante la formazione della Commissione costituzionale che ha reso realtà questa impresa nazionale di grande importanza per il popolo siriano. E questo, nonostante i tentativi di ostacolare da parte di coloro che scommettevano sul terrorismo e le interferenze esterne, o coloro che cercavano di imporre condizioni preliminari per precludere alla Siria di recuperare la sua vera natura.
Durante l’ultima visita dell’inviato speciale delle Nazioni Unite a Damasco, siamo stati in grado di concordare i riferimenti e le regole procedurali di questa commissione e abbiamo concordato i principi guida, tra cui:
Primo: l’intero processo deve essere condotto solo sotto l’autorità e la proprietà della Siria, avendo il popolo siriano il diritto esclusivo di decidere il futuro del proprio Paese senza ingerenze esterne.
In secondo luogo: il principio generale di sovranità, indipendenza e unità del popolo e del territorio della Repubblica Araba Siriana non deve in alcun modo essere messo in discussione.
Terzo: non dovranno essere imposte condizioni o conclusioni previe ai lavori della Commissione o alle raccomandazioni risultanti. La commissione è l’autorità di se stessa e di ciò che produrrà, e certamente non è sotto la tutela di uno Stato o di un gruppo straniero come il cosiddetto “Piccolo gruppo”, che si è autoproclamato protettore del popolo Siriano e ha già determinato i risultati del suo lavoro.
Quarto: nessuna scadenza o calendario devono essere imposti ai lavori della Commissione che deve prendere il tempo necessario per deliberare, poiché essa determinerà il futuro della Siria per le generazioni future, il che non esclude che teniamo pienamente conto dalla necessità di progredire su basi solide in linea con le aspirazioni del popolo siriano.
Quinto: il ruolo dell’inviato speciale in Siria è di facilitare il lavoro della Commissione e di ravvicinare i punti di vista attraverso i suoi buoni uffici, quando necessario.
È su queste basi che riaffermiamo la nostra disponibilità a lavorare efficacemente con gli Stati amici e l’Inviato speciale per avviare i lavori di questa Commissione.
Signor Presidente,
Allo stesso tempo, lo Stato siriano sta compiendo notevoli sforzi per migliorare la situazione umanitaria sul campo e ricostruire ciò che il terrorismo ha distrutto. Abbiamo fatto molta strada nonostante il blocco economico, illegale e disumano, imposto al nostro popolo da alcuni Stati; che sono arrivati al punto di vietarci le attrezzature mediche, i farmaci e i prodotti petroliferi necessari per la fornitura di elettricità, gas domestico e combustibile per riscaldamento. Gli Stati Uniti hanno persino minacciato le aziende che hanno partecipato alla Fiera internazionale di Damasco al fine di ostacolare la ripresa economica in Siria.
In effetti, quei paesi non avendo raggiunto i loro obiettivi attraverso il terrorismo militare hanno optato per un’altra forma di terrorismo non meno feroce: il terrorismo economico che consiste nell’imporre blocchi e misure economiche coercitive unilaterali.
Pertanto, chiediamo a tutti i paesi amanti della pace e sostenitori del diritto internazionale di lavorare insieme per agire contro questo fenomeno, che colpisce non solo la Siria, ma è diventato un’arma di ricatto politico ed economico contro molti altri paesi.
Su questa base, chiediamo nuovamente la revoca delle misure illegali imposte al popolo siriano e a tutti gli altri popoli indipendenti, soprattutto i popoli di Iran, Venezuela, Repubblica democratica popolare di Corea, Cuba e Bielorussia. E stiamo al fianco della Cina e della Russia di fronte alle ingiuste politiche statunitensi.
D’altra parte, abbiamo ripetutamente affermato che le porte sono aperte a tutti i rifugiati siriani perchè tornino volontariamente e in sicurezza. E, come Stato, offriamo a chi lo desidera tutti i servizi di cui ha bisogno. Stiamo lavorando alla ricostruzione e al ripristino delle strutture e delle infrastrutture pubbliche nelle loro regioni liberate dal terrorismo. Gli ostacoli sono posti dagli Stati occidentali e di alcuni Stati che li hanno accolti e nei quali vediamo uno strano capovolgimento della situazione. Infatti, mentre non smettono mai di reclamare il loro immediato ritorno in Siria, eccoli creare condizioni e falsi pretesti per impedire questo ritorno, al solo scopo di sfruttare questa questione puramente umanitaria come una pedina utile all’attuazione delle loro agende politiche.
Infine, siamo proprio di fronte a una scena del teatro dell’assurdo, tranne che qui si tratta di mettere in gioco il destino dei popoli e un’odiosa manipolazione della sofferenza umana.
Signor Presidente,
invece di tentativi di pace e stabilità nella nostra regione, abbiamo assistito a un nuovo episodio di escalation israeliana che spinge verso tensioni senza precedenti. Israele non si è accontentato di occupare territori arabi tra cui il Golan siriano, di violare il diritto internazionale quotidianamente e il diritto umanitario contro i nostri civili nei territori occupati, di sostenere il terrorismo: È arrivato al punto di compiere ripetuti attacchi alla Siria e ai paesi vicini sotto falsi pretesti, in flagrante violazione del diritto internazionale, della Carta delle Nazioni Unite e delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza. Tante violazioni che non avrebbero potuto continuare e quindi peggiorare senza il cieco sostegno di alcuni Stati, che hanno la piena responsabilità delle conseguenze delle azioni di Israele.
Per quanto riguarda la decisione degli Stati Uniti di riconoscere la sovranità di Israele sul Golan siriano occupato, dopo aver riconosciuto Gerusalemme occupata come capitale di Israele e aver trasferito lì la loro ambasciata, nonché i loro instancabili sforzi per liquidare la questione palestinese, queste non sono altro che espressioni orribili di questo supporto, delle decisioni nulle, che testimoniano, nella massima misura, il loro disprezzo per la legittimità internazionale.
Qualcuno dovrebbe ormai capire che l’era dell’annessione dei territori altrui con la forza è finita. Inoltre, uno che pensasse che la crisi in Siria possa allontanarci di una iota dal rivendicare il nostro diritto inalienabile alla piena restituzione del Golan fino ai confini del 4 giugno 1967, con tutti i mezzi garantiti dal diritto internazionale, è un illuso. Le decisioni dell’amministrazione americana in merito alla sovranità sul Golan non possono cambiare le verità della storia, della geografia e del diritto internazionale, secondo le quali il Golan era e rimane terra siriana.
Israele deve quindi essere costretto ad attuare le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite, compresa la risoluzione 497 relativa al Golan siriano occupato, a porre fine ai suoi ripetuti attacchi ai paesi della regione, a fermare gli insediamenti, a consentire al popolo palestinese di stabilire un proprio stato indipendente entro i confini del 4 giugno 1967, con Gerusalemme come capitale e il ritorno dei rifugiati palestinesi nelle loro terre.
Signor Presidente,
Il mio paese ribadisce il suo sostegno e la sua solidarietà con la Repubblica islamica dell’Iran davanti alle azioni irresponsabili degli Stati Uniti nei suoi confronti, a partire dal loro ritiro dall’Accordo sul nucleare. Mette in guardia dal pericolo di politiche volte a provocare crisi e scatenare conflitti nella regione del Golfo con falsi pretesti. Riteniamo che la sicurezza e la stabilità della regione del Golfo possano essere raggiunte solo attraverso la cooperazione e il dialogo tra i paesi rivieraschi, lontano dalle interferenze esterne, che aumenteranno solo le tensioni nella regione e non serviranno gli interessi dei suoi abitanti.
Signor Presidente, Signore e Signori,
Con l’aiuto dei suoi alleati e amici, la Siria è stata in grado di resistere al terrorismo organizzato e sostenuto dall’esterno che ha preso di mira insieme il Paese, lo Stato, il Popolo, la Civiltà. E ora che stiamo entrando in una nuova fase e stiamo per raggiungere la vittoria finale in questa guerra, aspiriamo a un futuro prospero e pacifico per il nostro popolo dopo tutto quello che ha sopportato. Ma, nonostante ciò, non abbiamo l’illusione che le sfide e tutti i tipi di difficoltà che affrontiamo oggi, o che ci aspettano domani, saranno meno feroci del terrorismo che abbiamo combattuto; salvo il fatto che siamo altrettanto determinati ad affrontarle e superarle.
Abbiamo sempre coltivato le migliori relazioni con gli altri Stati e non siamo mai stati i promotori di un clima di ostilità nei confronti di nessuno. Oggi abbiamo le mani tese per la pace, continuiamo a desiderare il dialogo e la comprensione reciproca, ma preservando le nostre costanti nazionali sulle quali non cederemo mai.
Certo, alcuni governi hanno danneggiato la Siria e danneggiato il suo popolo. Tuttavia, non tratteremo nessuno secondo una logica di odio o vendetta, ma piuttosto a partire dagli interessi del nostro Paese e del nostro popolo, dal nostro desiderio di portare pace, stabilità e prosperità in Siria e nella regione.
Gli Stati che hanno dimostrato ostilità nei confronti della Siria devono riconsiderare i loro calcoli, correggere i propri errori, uscire dalla loro negazione della realtà e trattare i fatti in modo realistico e razionale nell’interesse di tutti.
Vi ringrazio
Walid al-Mouallem , Vice Primo Ministro e Ministro siriano per gli Affari esteri e gli Espatriati – 28/09/2019.