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Der Spiegel intervista Oskar Lafontaine, leader storico della socialdemocrazia tedesca nonché fondatore della Linke, il quale in vista del congresso del partito di giugno non ha alcun problema a ripetere ancora una volta quello che anche a sinistra sono in molti a pensare: aiutiamoli a casa loro! Da Der Spiegel
Spiegel: “guerrafondai”, “incendiari”, “incapaci di fare la pace” – questo è quello che lei ha scritto sugli Stati Uniti e sul presidente Trump dalla sua pagina su Facebook. Abbiamo l’impressione che lei sia alquanto arrabbiato con questo paese.
Lafontaine: io non sono d’accordo con la bugia secondo la quale le guerre degli Stati Uniti servono la democrazia e i diritti umani. La politica estera degli Stati Uniti è finalizzata alla conquista di materie prime e mercati di sbocco
Spiegel: come dovrebbe comportarsi il governo tedesco con gli americani e con Trump?
Lafontaine: abbiamo bisogno di cooperare con il più’ forte potere militare ed economico del mondo, ma dobbiamo difendere con consapevolezza i nostri interessi
Spiegel: perché non attacca Wladimir Putin con la stessa durezza con la quale attacca Trump?
Lafontaine: per decenni le truppe russe hanno stazionato nell’Europa orientale e in Germania. Ora le truppe Nato, incluse le truppe tedesche, sono al confine russo. Chi è l’aggressore dunque?
Spiegel: Putin ha annesso la Crimea, appoggia i separatisti nell’est dell’Ucraina e destabilizza il paese. In Siria appoggia il brutale regime di Assad con l’uso di bombardieri russi. Questa si chiama aggressione. Non è cosi’ anche per lei?
Lafontaine: prima dell’annessione della Crimea c’è stato l’allargamento della Nato ad est che violava la promessa fatta a Michail Gorbatschow e il tentativo di includere l’Ucraina all’interno della Nato. Per destabilizzare la Siria, in collaborazione con le dittature del Golfo, gli Stati Uniti hanno appoggiato per anni le bande di assassini dell’IS, prima dell’intervento della Russia. Noi condanniamo ogni guerra. Ma gli Stati Uniti spendono ogni anno quasi 610 miliardi di euro per le loro guerre, dieci volte di piu’ della Russia, con circa 66 miliardi di dollari.
Spiegel: parliamo della sinistra. Perché il partito non riesce a stare in pace?
Lafontaine: in tutti i partiti ci sono opinioni diverse sulle questioni specifiche, ci sono rivalità e vanità.
Spiegel: recentemente si è addirittura parlato di odio all’interno del partito
Lafontaine: ci sono e ci saranno sempre profondi disaccordi, mi ricordo Willy Brandt e Herbert Wehner oppure Heiner Geißler e Helmut Kohl. Dobbiamo portare avanti le nostre discussioni in maniera fattuale. Ad esempio sull’immigrazione. I perseguitati politici devono poter ottenere il diritto d’asilo, i rifugiati di guerra devono essere aiutati. La discussione riguarda la migrazione di manodopera. Il diritto di soggiorno e 1.050 euro al mese per tutti, come era scritto nel programma elettorale per il Bundestag, non sono proponibili. Io la penso come Bernie Sanders: l’immigrazione economica non aiuta né i piu’ deboli nei paesi di origine, né i piu’ deboli nei paesi di destinazione. Aiutarli è compito della politica di sinistra.
Spiegel: che cosa propone?
Lafontaine: spendiamo 150 miliardi di euro all’anno per il 10% dei rifugiati che riescono a raggiungere i paesi industrializzati, e solo 5 miliardi per il 90% dei profughi rimasti nei campi delle regioni di crisi. I miliardi dovrebbero essere spesi in primo luogo per il 90% rimasto nei campi, che spesso hanno meno di un dollaro al giorno.
Spiegel: ma nella mozione dei vertici del partito per il congresso di giugno tuttavia si parla ancora di “frontiere aperte”
Lafontaine: ma non per tutti! Questo è un cambiamento. Una parte del partito tuttavia si comporta come se ci fossero risorse illimitate. Nel documento è scritto: “per anni le persone hanno avuto l’impressione che il denaro pubblico fosse speso in una guerra per la redistribuzione fra: biblioteche, impianti sportivi, le scuole o il trasporto locale – oppure fra i rifugiati e la popolazione locale. Ci opponiamo a queste false contrapposizioni”. Se i nostri politici nei comuni, nelle regioni e nel governo federale dovessero seguire questo approccio, non potrebbero partecipare a nessuna seduta di decisione sul bilancio. Un euro purtroppo puo’ essere speso solo una volta.
Spiegel: è necessario quindi rafforzare anche i controlli alle frontiere e i rimpatri?
Lafontaine: dobbiamo spendere molto piu’ denaro per alleviare le sofferenze nei paesi di origine e non discutere unicamente di controlli alle frontiere e di rimpatri.
Spiegel: ma i controlli sono una parte, se intende ridurre l’immigrazione.
Lafontaine: io sono favorevole a mettere in sicurezza i confini esterni dell’Europa. Senza confini protetti non puo’ esserci uno stato. Ma non mi convince per niente quando una parte della sinistra si oppone a qualsiasi rimpatrio, poi pero’ nelle regioni in cui governano fanno il contrario.
Spiegel: per il suo comportamento è stato ampiamente criticato. La mozione principale recita: “chi vuole combattere la destra non puo’ utilizzare il loro stesso linguaggio”. E’ un messaggio per lei?
Lafontaine: no, non ho mai sentito dire ad AfD, CDU e FDP che vogliono aumentare gli aiuti nei paesi di origine per miliardi di dollari.
Spiegel: Herr Lafontaine, lei ha 74 anni, continua ha immischiarsi sempre in maniera molto rumorosa nel dibattito sulla politica federale, attirando critiche su di sé da tutte le parti. Chi glielo fa fare?
Lafontaine: io ho sempre voluto e voglio ancora qualcosa: il ripristino dello stato sociale, una politica estera pacifica, una politica europea di buon vicinato e lasciare ai nostri figli e nipoti un mondo in cui valga la pena vivere.
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