Intorno all’Amazzonia: “Il culto della Pachamama”

Di seguito la pubblicazione apparsa su Libertà e Persona. Anche se non detto, appare abbastanza evidente una certa critica a proposito dell’enfasi ecclesiastica tendente a sottolineare caratteristiche tutte sublimi, quando si tratta di culto della natura come segno di Dio.

vietatoparlare

[su_divider]

Il culto della Pachamama

Sangue, animali sacrificati, preghiere alla Madre Terra e riti sincretici fra cristianesimo e paganesimo. In Bolivia ha avuto luogo il millenario rituale della Wilancha, con cui i minatori locali cercano di ingraziarsi la dea Pachamama, ossia la Madre Terra, e El Tío, una sorta di figura demoniaca, per chiedere che le miniere non si esauriscano. Un rituale antico ed estremamente violento,che si è ripetuto all’alba di questo sabato, nella maggior parte delle miniere private e statali situate nell’area andina. Come riporta il quotidiano sudamericano El Universo, una delle cerimonie più importanti si è svolta nella miniera d’argento di San José, alla periferia della città andina di Oruro, nella parte orientale della Bolivia. La cerimonia si è svolta in questo modo. I minatori hanno allestito una lunga fila di tavoli con incenso, erbe e radici che hanno poi cosparso di alcol e birra, mentre sei lama sono stati tenuti fuori dalla miniera per essere sacrificati.

sacrifici con il sangue dei lama nascono da un’ancestrale convinzione secondo cui la Pachamama abbia bisogno di sangue per essere benevola con la popolazione, elargendo i suoi doni nelle miniere.  La cerimonia si svolge in varie fasi e con diversi gruppi. Un gruppo di musica folk ha dato il via alla cerimonia con canzoni tradizionali  fiumi di birra. Nella cerimonia principale, un minatore sgozza il lama e con il sangue riempie una piccola pentola di terracotta. Il minatore prende poi il coltello e apre il petto dell’animale per tirar fuori il suo cuore. I minatori si spalmano il sangue dell’animale appena ucciso sui volti. All’interno della miniera, circa 200 lavoratori assistono a un altro rituale, in cui uno “sciamano” o sacerdote Aymara esegue il rituale della gratitudine e brucia la tavola, in modo che l’odore di incenso invada il luogo. In questo luogo poco illuminato e con scarsità d’ossigeno, i minatori respirano il fumo delle tavole e alcuni chiedono perdono a Dio per gli errori commessi. Il rituale diventa dunque sincretico, dove si mescolano usanze pagane e la richiesta a Dio di perdonare il popolo per i peccati. Nel frattempo, un altro minatore trasporta il cuore del lama sul carrello e raggiunge le profondità della miniera, fino a 300 o 400 metri di profondità, dove i minatori credono che ci possa essere una grande vena inesplorata. Scende nelle viscere della miniera con il cuore e ritorna solo a rituale avvenuto. Solo in questo modo la Pachamamam sarà soddisfatta.

Durante la cerimonia, è richiesta anche la protezione de El Tío. Questa figura che assomiglia molto al demonio cristiano, è il guardiano della ricchezza.I minatori locali credono che questa figura diabolica si trovi all’interno della stessa miniera e che sia lui a consentirne lo sfruttamento. L’idolo è di color rame, viene raffigurato coperto di stelle filanti, con corna e orecchie appuntite. La sua figura è particolarmente interessante. Non è solo un demonio, ma ha anche un vestiario tipico dei minatori locali, e lo si vede con stivali di gomma ai piedi, proprio come quelli dei minatori, con un sigaro in bocca, una bottiglia di qualche bevanda alcolica in una mano e foglie di coca nell’altra. Una figura tipica della tradizione boliviana ma anche di molte civiltà precolombiane, tanto che, come riporta El Universo, viene spesso associato a  Tiw e Wari degli urus, a Supay degli Incas e alla tradizione di Satana portata dai conquistadores spagnoli.

fonte: Libertà e Persona

 

 

Lascia un commento