Dalla propria esperienza alle esperienze di altri: Walt Heyer, un ex “trans gender” che ha subito su di sé i danni della “transizione chirurgica” senza ricevere l’aiuto psicologico per i problemi che davvero lo affliggevano, racconta la storia di come la chirurgia sia troppo spesso usata come risposta ai disagi psichici. L’approccio “trans-affermativo” sia psicoterapico che medico è praticamente l’unica proposta fatta ai pazienti con disturbi dell’identità di genere e ricalca vecchi errori e crea nuove infelicità.
La traduzione dell’articolo di Walt Heyer è a cura di Annarosa Rossetto.
[su_panel shadow=”0px 5px 2px #eeeeee”]L’articolo Io ex transgender, dalla mia esperienza, vi spiego i danni della “transizione chirurgica” proviene da Il blog di Sabino Paciolla.
La diagnosi di disforia di genere, definita come un conflitto tra il sesso biologico di una persona e quello con cui si identifica, è così generica che può abbracciare una grande varietà di altri disturbi. Ma una volta che gli specialisti “del genere” individuano la diagnosi di disforia di genere, smettono di cercare altro. Se un paziente o un genitore preoccupato rivela qualcosa come un abuso o una malattia mentale che potrebbe essere un fattore scatenante, gli specialisti non lo considerano pertinente. Persino l’abuso di droghe o alcol viene ignorato. Travolti dalla generica diagnosi di disforia di genere, persone innocenti ricevono un trattamento non reversibile, di “affermazione di genere”.
Disturbi diversi
Riesumando ciò che è stato sepolto sotto la diagnosi di disforia di genere, possiamo formulare una teoria riguardante il motivo per cui così tante persone rimpiangono il cambiamento sessuale e mi contattano per un aiuto per riparare i danni subiti. Forse la disforia di genere in alcuni casi è un sintomo, non una diagnosi, che indica altre patologie che potrebbero beneficiare di un trattamento diverso dagli ormoni e dagli interventi chirurgici di transessualismo.
Le persone in difficoltà per il loro genere di solito cercano aiuto dagli “specialisti di genere” che hanno il paraocchi. Sentono “disagio di genere” e concludono, spesso in fretta, che il trattamento “affermativo trans gender” è l’ unica opzione per ogni paziente. Ma uno sguardo alla varietà di tipi di disagio rispetto al proprio genere – nessuno dei quali trae giovamento da ormoni e interventi chirurgici di “rassegnazione sessaule” – mostra quanto sia errata questa ipotesi.
Il travestitismo, o cross-dressing, è quando a un uomo piace vestirsi con abiti femminili ma non vuole essere una donna e per il resto vive normalmente da maschio. L’ APA non considera il cross-dressing un disturbo di travestismo fino a quando non è accompagnato da eccitazione sessuale.
Le drag queen , ovvero imitatori di donne, sono maschi e per lo più omosessuali. Quando si travestono, si presentano come caricature di donne vestite in modo sgargiante.
L’autoginephilia è quando gli uomini sperimentano eccitazione erotica al pensiero o all’immagine di se stessi come donne.
Le patologie psicologiche presenti in quasi il 70% delle persone con disforia di genere includono disturbi d’ansia (disturbo di panico, disturbo d’ansia sociale, disturbo post-traumatico da stress), disturbi dell’umore (depressione maggiore, disturbo bipolare, ecc.), disturbi alimentari (anoressia nervosa, bulimia nervosa, ecc.), disturbi psicotici, disturbi dissociativi e disturbi dell’abuso di sostanze. Il disturbo dissociativo è stato riscontrato nel 29,6% di chi ha disforia di genere e il 45,8% ha avuto un’alta prevalenza di episodi depressivi maggiori nel corso della vita.
La disforia di genere a insorgenza rapida (ROGD , è un fenomeno relativamente recente osservato in adolescenti precedentemente normali, principalmente ragazze, che improvvisamente annunciano il loro desiderio di passare al sesso opposto. Le prime ricerche suggeriscno che potrebbe essere una forma di contagio sociale, provocato dall’angoscia per la pubertà e dall’influenza dei social media e dalle rappresentazioni accattivanti del transgenderismo.
Allora, chi è veramente transgender? Alcuni sostengono che è tutto quanto sopra, ma direi che rimane una domanda aperta senza risposta. Ma una cosa è chiara: i pazienti meritano di ricevere diagnosi migliori e piani di trattamento meno invasivi rispetto al semplice lancio sulla corsia preferenziale per la transizione.
Dalla mia casella di posta
Le persone mi scrivono chiedendo consigli su come “detransizionare”, cioè smettere di identificarsi come transgender e tornare a vivere secondo il loro sesso biologico. Ognuno di loro, dopo alcune discussioni e riflessioni personali, ha indicato qualcosa nella sua storia, come abusi infantili, traumi, disturbi mentali o problemi familiari, che ha portato ciascuno di loro a voler abbandonare la realtà del proprio sesso e adottare un’identità alternativa. Questi potrebbero essere i casi in cui la disforia di genere è un sintomo, non una diagnosi, e che potrebbero beneficiare di un trattamento diverso dagli ormoni e dagli interventi chirurgici intersessuali.
Ad esempio, una persona che è stata abusata sessualmente potrebbe desiderare di diventare membro del sesso opposto nel tentativo inconscio di proteggersi da ulteriori abusi. Oppure, un adolescente può provare dismorfia corporea – un’ossessione per qualche aspetto del suo aspetto – che porta all’idea scorretta che il suo sesso sia sbagliato e che il corpo debba essere cambiato.
Attraverso la propria esperienza di vita, e sfortunatamente spesso solo con il senno di poi, le persone con rimpianto vedono chiaramente che gli ormoni e gli interventi chirurgici di genere non hanno risolto ciò che li affligge e invece li hanno danneggiati ulteriormente. Questi sono casi in cui i terapeuti si sono precipitati a raccomandare ormoni – potenti farmaci con effetti collaterali conosciuti e sconosciuti – prima di escludere la presenza di altri problemi che rispondono a terapie meno radicali. La maggior parte afferma di desiderare che i “terapisti di genere” avessero affrontato le altre questioni prima di fornire loro una qualche terapia di “affermazione di genere” che alla fine ha fatto più male che bene.
Preferirei vedere un approccio “va piano e guarda più in profondità”, soprattutto per i giovani (i cui genitori devono essere inclusi e non essere esclusi dal processo). Alcuni attivisti trans denigrano questo approccio come “gatekeeping” (“rimanere al cancello” nel senso di perdere tempo, n.d.t.) . Ma la medicina dovrebbe imporre standard e restrizioni per proteggere i pazienti dai danni e lavorare per il loro rifiorire, non semplicemente essere un dispensario per qualunque cosa i pazienti richiedano.
Due esempi: Feticismo sessuale e Disturbi psicologici
La storia di James Shupe è un esempio di come la generalizzazione della diagnosi di disforia di genere non affronti l’autoginofilia, un feticismo sessuale in cui gli uomini “cross dress” sono attratti sessualmente verso la propria immagine come donna.
Shupe lo spiega in questo modo nel suo articolo sul Daily Signal :
Il dottor Ray Blanchard ha una teoria impopolare che spiega perché qualcuno come me potrebbe essere stato attratto dal transgenderismo. Afferma che ci sono due tipi di donne transgender: omosessuali che sono attratti dagli uomini e uomini che sono attratti dal pensiero o dall’immagine di se stessi come femmine.
È una cosa difficile da ammettere, ma io appartengo a quest’ultimo gruppo. Siamo classificati come autoginephilia.
Dopo aver guardato la pornografia per anni mentre ero nell’esercito ed ero sposato con una donna che resisteva alle mie richieste di diventare la mia donna ideale, sono diventato io quella femmina, invece. Almeno nella mia testa.
Come molti altri che sono arrivati a identificarsi come persone transgender e in seguito si sono pentiti, Shupe da bambino è stato abusato sessualmente ma non è mai stato diagnosticato o trattato correttamente. I terapeuti hanno fallito nell’aiutare Shupe guardando al sintomo senza cercare più in profondità la causa.
Un secondo esempio è Blair Logsdon, la cui storia mostra come la diagnosi generica di disforia di genere ignori i problemi psicologici di base. Nella sua ricerca di sollievo per il suo disturbo di genere, ha chiesto e ottenuto 167 inutili interventi chirurgici di “affermazione di genere” tra il 1987 e il 2005, guadagnandosi un posto nel Guinness dei Primati.
Nel 1987, all’età di 26 anni, Logsdon subì il primo di molti interventi di chirurgia estetica per cambiare il suo aspetto da maschio a trans-femmina. Nel giro di pochi mesi, aveva già dichiarato di essersi pentito profondamente di essere una donna transessuale, ma ha continuato per decenni a chiedere ulteriori interventi, sia femminilizzanti che maschilinizzanti. I dottori e i chirurghi hanno sempre obbedito, fallendo nella loro responsabilità di “prima non nuocere” e hanno tratto profitto dall’esecuzione di 167 interventi chirurgici deturpanti.
Contesto storico
L’esecuzione di interventi chirurgici per curare i disturbi psicologici non è iniziata con gli interventi di riassegnazione del sesso.
A partire dal 1913, il Dr. Henry Cotton divenne famoso per il trattamento di pazienti psicologicamente in difficoltà con un tipo di chirurgia radicale, sperimentale e irreversibile. Nel periodo precedente alla scoperta di batteri e antibiotici, il Dr. Cotton rimuoveva varie parti del corpo dei pazienti, come denti, colon e persino testicoli per dimostrare la sua teoria che tutte le malattie mentali erano il risultato di infezioni. Quando alcuni pazienti inevitabilmente morivano per le complicazioni del “trattamento” del Dr. Cotton, li conteggiava nella colonna dei successi perché non soffrivano più.
Per decenni, a partire dagli anni ’30, il dott. Walter Freeman e James Watts hanno lasciato il segno nella storia della Medicina trattando i disagi psicologici con la lobotomia frontale, una pratica barbara sperimentale che utilizzava un punteruolo da ghiaccio per disconnettere parti del cervello dei pazienti. Come i pazienti di Cotton, dopo la procedura i pazienti di Freeman “non soffrivano più” ma cambiavano radicalmente.
Trattamenti di oggi per la disforia di genere
L’idea sbagliata di trattare il disagio psicologico tagliando parti del corpo continua con i cosiddetti trattamenti di “affermazione di genere” (in realtà sono affermazioni transessuali di genere) che rimuovono o aggiungono il seno, rimodellano i genitali e somministrano potenti ormoni “incrociati” per mascolinizzare o femminilizzare l’aspetto fisico , con conseguenze fisiche e psicologiche per tutta la vita per le vittime innocenti.
Per cinquant’anni, l’esperimento di fornire ormoni intersessuali e interventi chirurgici per il trattamento del disturbo di genere ha portato a errori chirurgici, infelicità, rimpianto e suicidi . Un ampio studio in Svezia, una società transgender-affermativa, mostra che il tasso di suicidio per le persone dopo il trattamento transgender-affermativo era diciannove volte quello della popolazione generale.
Negli ultimi dieci anni le persone mi hanno espresso il loro stupore per come questa chirurgia di mutilazione genitale possa persino essere legale. Diversi uomini che mi hanno scritto di recente hanno usato la frase “ferita aperta” per descrivere le loro pseudo-vagine create chirurgicamente.
La mia storia
La mia posizione su questo argomento è stata plasmata dalla mia esperienza con la disforia di genere prima e dopo un intervento chirurgico di riassegnazione di sesso e da anni di e-mail ricevute da altre persone con simili rimpianti.
Quando il mio terapista di genere, il dottor Paul Walker, mi disse che l’unico trattamento efficace per il mio grave disturbo di genere erano gli ormoni e la chirurgia, ho purtroppo seguito le sue raccomandazioni.
All’inizio ero felice come transessuale, ma nel giro di pochi anni mi sono sentito peggio di prima. I consulenti erano divisi nella loro valutazione. Alcuni dicevano che avevo un disturbo dissociativo mentre altri non erano d’accordo. Indipendentemente dall’etichetta, quello che so è che vivere per otto anni nel personaggio femminile che avevo adottato non aveva risolto i miei problemi, ma invece li aveva aggravati. Ho cominciato ad avere istinti suicidi.
La cosiddetta terapia di “affermazione di genere” mi ha portato quasi a porre fine alla mia vita. Ringrazio Dio di non averlo fatto. Anni di trattamenti strazianti sotto numerosi terapisti, perseguire fedelmente la sobrietà e l’incontro con Gesù Cristo hanno ripristinato la mia salute mentale. Ho fatto una “de-transizione”, mi sono sposato con una (vera) donna e ora racconto la mia storia per mettere in guardia altri. Vivo con le cicatrici e gli effetti di interventi chirurgici non necessari e con conseguenze a lungo termine.
I miei detrattori dicono che non sono mai stato transgender. Dicono che una diagnosi di disturbo dissociativo annulli la mia esperienza. Se questo è il criterio quindi, secondo lo studio citato prima, quasi il 30% della popolazione trans perderebbe la qualifica di transgender. Oltre ad essere intollerante e non compassionevole, tale argomento mira a mettere a tacere chiunque sia stato danneggiato da un trattamento transgender-affermativo. Le persone possono sostenere punti di vista opposti su una questione, ma affermare che l’esperienza di un danno subito da parte di “professionisti di genere” non è valida o è un “discorso d’odio” perché differisce da quella di altri non può trovare posto in una discussione pubblica.
Le diagnosi stanno provocando danni alle persone
Nel clima odierno, dove i solidi fatti scientifici della pratica medica sono abbandonati a favore del politicamente corretto, persone di tutte le età vengono travolte da diagnosi di disforia di genere e non possono sfuggire all’essere curate in modo improprio con terapie trans gender-affermative.
La diagnosi di disforia di genere pone prematuramente le persone sulla strada della transizione, banalizzando e respingendo altre concause come l’abuso di alcol e droghe, feticismi sessuali e disturbi psicologici coesistenti. Patologizza bambini che sperimentano innocentemente ruoli di genere o che mostrano vari tipi di ansia. Il risultato è un danno fisico e psicologico, infelicità, rimpianto e un significativo aumento dei suicidi.
Come le procedure ormai screditate dei medici Cotton, Watts e Freeman, il “trans-trattamento” che viene oggi idolatrato finirà per avere lo stesso destino delle lobotomie, dell’estrazione dei denti e della rimozione del colon, finiti nel mucchio di vecchi orribili e sfatati esperimenti perpetrati su persone innocenti facendo loro del male.
Come ho scritto nel mio libro, Paper Genders , tagliare il seno, imbottire i pazienti di ormoni del sesso opposto, rimuovere o rimodellare i genitali maschili, impiantare uno pseudo-pene su una femmina: tutti i trattamenti transgender di oggi sono barbari e dovrebbero essere fermati. Un giorno queste questioni saranno decise in tribunale e si spera che le pratiche dannose vengano limitate, ma “un giorno” è troppo tardi per coloro che vengono irretiti nell’ideologia trans oggi.
L’ondata di chi ha rimpianti sta arrivando. Io la sto già vedendo.