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Iraq: un paese allo sbando

di Dahr Jamail – 20/01/2012

Nonostante le promesse di miglioramenti, l’economia e le infrastrutture Irachene sono ancora un disastro.

Baghdad, Iraq – Mentre il rullo di tamburi della violenza continua a riecheggiare in tutto l’Iraq, la gente continua a lottare per cercare un qualche senso di normalità, un compito reso incredibilmente difficile per via delle continue violenze e alla mancanza di acqua ed elettricità.

Durante i preparativi dell’invasione statunitense dell’Iraq, l’amministrazione Bush promise che la guerra avrebbe portato agli iracheni una vita migliore e grandi miglioramenti alle infrastrutture, debilitate gravemente da tredici anni di soffocanti sanzioni economiche.

Sono stati promessi più posti di lavoro, miglior disponibilità d’acqua, fornitura di elettricità più affidabile e una grande ristrutturazione delle principali infrastrutture mediche.

Ma ora che l’esercito americano ha terminato la sua formale occupazione militare dell’Iraq, dopo quasi otto anni di guerra, le promesse sono poco più che un miraggio.

Mancanza continua di acqua

Hashim Hassan è il vicedirettore della Baghdad Water Authority (BWA) e ammette la costante mancanza di acqua potabile per sette milioni di abitanti di Baghdad.

Hassan ha spiegato ad Al Jazeera: “Produciamo 2,5 milioni di metri cubi d’acqua al giorno, per cui abbiamo una carenza di 1 milione di metri cubi al giorno […]. Abbiamo aggiunto programmi per aumentare la disponibilità di acqua e speriamo di bloccarne la continua mancanza per la fine del 2012.”

Secondo Hassan, l’80% delle tubature di Baghdad ha bisogno di un restauro – lavoro attualmente in corso – oltre al posizionamento di 100 unità compatte in tutta la città, che aumenterebbero la disponibilità di acqua pulita finché gli impianti più grandi non entreranno in funzione.

Diversi impianti di trattamento acque sono gia attivi, compreso uno che dovrebbe aumentare la capacità di trattamento delle acque reflue a Sadr City, uno slum di oltre tre milioni di persone.

Hassan ha detto che i comitati della salute e il Ministero dell’Ambiente hanno realizzato dei test e, assieme a quelli della BWA, 1000 campioni di acqua vengono controllati giornalmente, e “meno del 1% dei campioni non passa il test”. La “soglia accettabile” è il 5%.

La Bechtel, una multimiliardaria azienda statunitense di ingegneria e costruzioni – i cui membri del consiglio hanno stretti legami con la vecchia amministrazione Bush – ha ricevuto 2,3 miliardi di dollari dai fondi per la ricostruzione dell’Iraq e dalle tasse degli americani, ma ha lasciato il paese senza completare molte delle opere che aveva in cantiere.

Il contratto della Bechtel includeva la ricostruzione di sistemi di trattamento acque, centrali elettriche, sistemi fognari, aeroporti e strade.

I responsabili dei dipartimenti per le acque irachene dicono che le uniche riparazioni che sono riusciti a fare durante l’occupazione statunitense sono state effettuate agli uffici delle Nazioni Unite e a quelli delle organizzazioni umanitarie. Il ministero ha fornito scarse quantità di cloro per il trattamento delle acque. I “nuovi progetti” altro non erano che la semplice manutenzione e ben poco è stato fatto per fermare il collasso delle infrastrutture.

La Bechtel è stata fra le prime compagnie, assieme alla Halliburton (dove lavorava l’ex vicepresidente Cheney), ad aver ricevuto contratti a tariffe fisse stipulati per garantire profitti.

Ahmed al-Ani, che lavora con una grande azienda appaltatrice irachena, ha detto ad Al Jazeera che il modello adottato dalla Bechtel era destinato al fallimento.

“Hanno fatto pagare enormi somme di denaro per i contratti che hanno firmato, poi li hanno venduti a compagnie più piccole che li hanno rivenduti ancora a piccoli subappaltatori iracheni inesperti”, ha detto Ani: “Questi subappaltatori hanno quindi svolto male i lavori per i prezzi bassi e per la mancanza di esperienza.”

Secondo il report dell’Inter-Agency Information and Analysis Unit delle Nazioni Unite del marzo 2011, una famiglia su cinque utilizza fonti non sicure per l’acqua potabile, e un altro 16% ha problemi giornalieri per il suo approvvigionamento.

La situazione nelle campagne è addirittura peggiore, dove solo il 43% ha accesso all’acqua potabile, e l’acqua disponibile per l’agricoltura è scarsa e di pessima qualità. Questi fattori hanno spinto sempre più iracheni ad abbandonare le campagne per le città in cerca di acqua e lavoro, aggravando ulteriormente i problemi già esistenti.

Il rapporto delle Nazioni Unite afferma: “La qualità dell’acqua potabile e per l’agricoltura è scarsa e viola le linee guida dell’Iraq National Standard e dell’Organizzazione Mondiale della Salute. Falle nelle tubazioni di scarico e nelle fosse settiche contaminano la rete delle acque potabili con le acque reflue. Inoltre solo il 18% delle acque reflue viene trattato, il resto viene rilasciato direttamente nei corsi d’acqua.”

E questo è esattamente quello che molti iracheni hanno provato di persona.

“A volte giriamo il rubinetto e non esce niente”, ha spiegato Ali Abdullah, un cittadino di Baghdad: “Altre volte il colore è marrone, o giallo, o addirittura puzza di benzina.”

Elettricità e fognature

Generatori di elettricità ai lati della strada sono comuni nella capitale irachena, dove di norma le case ricevono elettricità dalle 4 alle 8 ore al giorno. Certe aree, come Sadr City, ricevono di media meno di 5 ore al giorno, in alcune parti appena 1 o 2 ore – e a volte addirittura niente.

Molte persone optano per comprare l’elettricità semplicemente da venditori privati che hanno generatori e che gestiscono le linee per i loro rispettivi clienti.

Nabil Toufiq è il proprietario di un generatore che serve 220 case per 12 ore al giorno.

“Compriamo il nostro gasolio al mercato nero, non dal governo”, ha detto ad Al Jazeera: “Ci aspettiamo che questo business andrà avanti per sempre dato che la corruzione del governo impedisce di occuparsi dei nostri problemi.”

Abu Zahra, operatore delle relazioni con la stampa dell’ufficio del religioso sciita Muqtada al-Sadr a Sadr City, Baghdad, ha spiegato che, oltre alla continua mancanza di elettricità, ogni aspetto delle infrastrutture dell’area richiede miglioramenti.

“Siamo dipendenti dai generatori di strada”, ha affermato Zahra, che afferma che le strade sono state riasfaltate, ma a causa della corruzione i lavori sono stati fatti in fretta e male, la pavimentazione si è crepata dopo sei mesi e allora tocca ricominciare da capo.

Questo è evidente, le strade piene di spazzatura sono sconnesse e piene di buche.

Lasciata una delle via principali dell’area, ci si trova velocemente per strade sporche con i liquami che scorrono nei canali di scolo.

Zahra ha detto che Sadr, entrando in politica, sperava di ottenere per questa area di Baghdad dei servizi migliori, ma tutto questo chiaramente non si è verificato.

“Sadr ha chiesto al governo di offrire servizi migliori e posti di lavoro per l’area, ma non è successo niente”, ha detto, mentre nel frattempo dei bambini giocavano vicino ai liquami: “Abbiamo fatto delle manifestazioni, dove la gente ha portato delle pale chiedendo di lavorare, e taniche vuote chiedendo carburante. Ed intanto abbiamo un sistema fognario a pezzi che ha bisogno di essere ricostruito.”

Malattie legate all’acqua e diarrea sono comuni a Baghdad, ma sono dilaganti a Sadr City, dove la mancanza di acqua pulita, assieme a un sistema fognario inesistente che fa scorrere i liquami in mezzo alla strada, rende la diffusione di malattie inevitabile.

Toufiq ha dato risalto a una questione che non fa ben sperare per il futuro, e probabilmente descrive l’origine della miriade di problemi dell’Iraq.

“Molta gente si guadagna da vivere da un sistema che è a pezzi”, ha detto: “Dal governo, a me, ai venditori di gas.”

Economia a pezzi

Secondo il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) il tasso di povertà in Iraq è del 23%, e ciò significa che circa sei milioni di iracheni sono poveri e hanno fame, nonostante i recenti aumenti delle esportazioni di greggio. Il Ministero iracheno della Pianificazione ha anche annunciato che il paese ha bisogno di 6,8 miliardi di dollari per ridurre il livello di povertà.

Zahra concorda.

“Nella mia famiglia nessuno ha un lavoro”, ha detto: “E in casa di mia sorella ci sono sette adulti, e solo due di loro lavorano.”

Hassan Jaibur, assistente medico che non riesce a trovare lavoro nel suo campo, vende frutta in un mercato affollato: “La situazione è grave e peggiorerà. I prezzi continuano a salire e non c’è lavoro. Tutto quello che possiamo fare è vivere alla giornata.”.

Jaibur ha detto che lui e la sua famiglia vivono con la frutta che vendono, ma ha un figlio malato e tutti i guadagni vanno per le cure mediche.

“Tutti i miei familiari e gli amici sono in una condizione simile”, ha aggiunto: “Molti di loro provano a trovare impiego come lavoratori a giornata.”

Gheda Karam vende datteri e frutta. Suo marito è rimasto paralizzato durante la guerra con l’Iran e il sussidio che prendono dal governo per la sua disabilità non basta.

“La mia famiglia sta soffrendo molto”, ha detto ad Al Jazeera: “Anche ieri sera non abbiamo cenato. Siamo in venti in una casa sola e io sono l’unica che lavora.”

Si interrompe per piangere, poi asciuga le lacrime: “I miei figli vedono cose da mangiare o da bere al mercato, ma non possiamo permetterci niente, e io sono anche in debito con i venditori di frutta. Che Dio ci aiuti.”

Lo stato dell’economia in Iraq è disastroso. Eppure, ironicamente, l’Iraq ha le terze riserve petrolifere dopo l’Arabia Saudita e l’Iran, per cui ci si aspetterebbe che sia uno dei paesi più ricchi al mondo.

Ma in nessun luogo la mancanza di sviluppo economico è più evidente che a Baghdad. Secondo la Banca Centrale dell’Iraq, la disoccupazione e la sottooccupazione sono entrambi al 46%, sebbene molti in Iraq credono che sia una stima generosamente bassa.

L’Iraq continua ad avere un’economia di soli contanti; non ci sono carte di credito, non ci sono quasi conti correnti, nessun trasferimento di fondi elettronici e solo qualche sportello ATM.

All’Iraq manca un servizio postale funzionante, non ci sono trasporti pubblici né una compagnia aerea, e la maggior parte dei beni venduti in Iraq sono importati.

Solo la regione autonoma del Kurdistan, nel nord, ha un rapido sviluppo e un governo effettivamente funzionante.

Secondo Trasparency International l’Iraq è ottavo fra i paesi più corrotti al mondo. Al pari di Haiti, e appena meno corrotto dell’Afghanistan.

Recentemente un ministro iracheno è stato costretto a dimettersi perché aveva firmato un contratto da milioni di dollari con una azienda tedesca in bancarotta assieme a una società di comodo canadese, che non aveva né beni né attività, solo un domicilio.

Mancanza di sicurezza

Una serie recente di bombardamenti che hanno ucciso più di cento iracheni e ne hanno feriti più di duecento in queste ultime settimane sono la testimonianza della situazione della sicurezza in Iraq.

Nonostante l’Iraq conti 280.000 soldati e 645.000 tra poliziotti e guardie di frontiera, per un totale di quasi un milione di uomini e una capitale intasata dai posti di blocco, la sicurezza rimane vaga.

Come ha detto recentemente il Primo Ministro Nour al-Maliki, non potrà esserci sicurezza senza stabilità politica. Dato che i suoi detrattori lo accusano di aver sconvolto il delicato equilibrio politico dell’Iraq avendo ordinato l’arresto del vicepresidente Tareq al-Hashimi, le sue parole suonano più vere che mai.

Anche se molte delle violenze quotidiane da tempo non compaiono sulle prime pagine dei giornali, le notizie sono costanti e il sangue continua a scorrere.

Il 3 gennaio sono stati riportati degli attacchi nel paese, una bomba che ha ucciso un soldato iracheno vicino Mosul, una bomba adesiva ha gravemente ferito una guardia pashmerga a Kirkuk, uomini armati hanno ucciso un miliziano Sahwa e sua moglie a Muqdadiya e un altro ordigno ha ferito tre civili a Baghdad, per citarne alcuni.

Quando si chiede agli iracheni quale sia la loro principale preoccupazione, la prima risposta è di solito la “sicurezza”, seguita da elettricità, acqua, lavoro e assistenza sanitaria. Ma la sicurezza è la base su cui il resto delle infrastrutture possono essere costruite, e così questi continui attacchi in tutto l’Iraq non fanno ben sperare per il futuro.

Nel dicembre 2011 l’Iraq ha siglato un accordo da circa tre miliardi di dollari per l’acquisto di altri jet F-16 dagli Stati Uniti, un’iniziativa controversa visto che, mentre Maliki faceva le sue mosse, i critici dicevano che non faceva altro che consolidare il proprio potere.

A dicembre durante una conferenza stampa con al-Maliki, il presidente Obama disse “Dobbiamo addestrare piloti (iracheni), essere sicuri che siano operativi e avere un forza aerea irachena efficiente.”

La maggior parte degli iracheni preferirebbe avere strade sicure, prima di preoccuparsi dello spazio aereo.

E per persone come Gheda Karam, la cui famiglia deve saltare regolarmente i pasti, un governo che spende tre miliardi per migliorare le infrastrutture e l’economia sarebbe preferito a uno che compra aerei da guerra all’avanguardia.

Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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