Riporto di seguito un interessante contributo apparso sul blog di Sabino Paciolla. E’ tratto da una rubrica periodica che l’autore distribuisce via newsletter agli iscritti. Lo ripropongo perché a mio avviso centra in modo egregio la questione israelo-palestinese. Si tratta di una angolazione di visione raro ma il solo pienamente realistico:
Taglio Laser
8 ottobre 2023, beati Giovanni Adams, Roberto Dibdale e Giovanni Lowe, martiri
14 ottobre 2023, San Callisto I, papa e martire
15 ottobre 2023, Santa Teresa di Gesù
Le note a) b) c)… si riferiscono al testo base
Le note 1) 2) 3)… si riferiscono all’appendice
MARTELLI
I rapporti tra don Camillo e Peppone sono spesso conflittuali, a volte anche violenti, ma non si percepisce mai una violenza diabolica.
Fin dal primo racconto don Camillo prende una legnata sulla schiena da un misterioso uomo intabarrato. Ma quando va dal Cristo a chiedere «Cosa debbo fare?» si sente rispondere «Spennellati la schiena con un po’ d’olio sbattuto nell’acqua e statti zitto. Bisogna perdonare chi ci offende. Questa è la regola.»
Anzi, aggiunge il Cristo, «detto fra noi, una pestatina ti sta bene, così impari a fare della politica in casa mia». La violenza si ferma al primo passaggio.
Se la memoria non mi tradisce, c’è un solo racconto dove la violenza cambia di livello. Il racconto si intitola “Martelli”.
Un Peppone infuriato per vicende politiche va alla canonica, ma poi sente smartellare dentro la chiesa, si affaccia a un finestrino, discute e insulta don Camillo, che resiste per un po’ ma poi crolla.
Il martello che ha in mano parte con mira terribilmente esatta verso la finestrina. Oscilla un lampadario per il vento, il martello frantuma la lampada, devia la traiettoria, e spegne la sua furia omicida contro il muro invece che sulla faccia di Peppone.
Dopo una lunga fase di sgomento, don Camillo ce la fa ad andare all’officina di Peppone a chiedere perdono. Ma il perdono non c’è. Dalla finestra dove sta affacciato don Camillo riparte la discussione, cresce la tensione, e stavolta è Peppone che crolla. Il suo martello da fabbro parte con diabolica precisione, ma incoccia una sottile sbarra dell’inferriata. La sbarra si deforma, e il martello cade sul pavimento.
«Gesù, siamo pari: un martello a uno.» «Una stoltezza più una stoltezza fanno due stoltezze» risponde il Cristo.
Poi Peppone e don Camillo fanno il loro percorso di sofferenza e redenzione. E alla fine don Camillo recupera le forze e la speranza.
«Gesù vi ringrazio d’avermi aiutato.»
«Ringrazia Sant’Antonio Abate. È lui che protegge le bestie.»
«Gesù, così mi giudicate adesso?»
«No, don Camillo, adesso non ti giudico così. Ma chi ha lanciato il martello non sei stato tu, è stata la bestia irragionevole. Ed è la bestia che Sant’Antonio ha protetto.»
«Però non sono stato soltanto io a lanciare martelli… Anche lui…»
«Non ha importanza, don Camillo: un cavallo più un cavallo fa due cavalli.»
Questa l’essenza di un bel racconto dove, per una volta, anche il diavolo entra tra i personaggi.
La bestia irragionevole è partita per l’ennesima volta in Palestina e, come sempre, vanno in coppia. Non c’è Sant’Antonio Abate a tenerli a bada. E non tirano martelli.
IL FRAME, LA CORNICE ALLA QUALE NULLA SFUGGE
L’ho già scritto altre volte, ma è bene ribadirlo.
Quando c’è un evento importante
– che coinvolge grandi movimenti di guerra, di potere, di denaro
– che ha fonti di notizie fisicamente lontane (e quindi gestite solo da rilanci di agenzia)
– oppure ha fonti inaccessibili per il popolo normale (e quindi gestite solo dagli “esperti”)
i grandi media cartacei e televisivi hanno qualche giorno di assestamento e poi confezionano il “frame”, la cornice dalla quale nessuno può sfuggire.
Questa cornice condizionerà ogni informazione e ogni dibattito, fino a generare quelle che Gianandrea Gaiani definisce “narrazioni fanciullesche”.
Ricordiamo la narrazione fanciullesca d’Ucraina, tanto per fare un esempio fresco fresco.
– C’era una volta la terra d’Ucraina, tranquilla e democratica.
– A un certo punto parte l’embolo al dittatore Putin, e la Russia invade l’Ucraina.
– Il popolo ucraino fieramente resiste.
– Tutte le nazioni democratiche devono sostenere l’Ucraina, perché Putin potrebbe invadere l’intera Europa.
Una narrazione per bambini, che non tiene conto né della geografia, né della storia, né della logica.
Alla narrazione complessa ho dedicato innumerevoli articoli, e qui ribadisco solo i punti cardine, ossia la smentita dei “pensieri semplici”.
– L’Ucraina non è una terra democratica, avendo avuto il colpo di Stato di Euromaidan del 2014, nonché la “rivoluzione arancione” del 2004.
– L’Ucraina non è una terra tranquilla, visto che dal 2014 per 8 anni ha bombardato i propri cittadini nel Donbass.
– A Putin non è partito nessun embolo, ma è stato “tirato a cimento” da 20 anni di provocazioni e di accerchiamento occidentale gestito dalla NATO.
– Le terre invase da Putin sono terre abitate da russi / russofoni / russofili che votavano massicciamente per i candidati filorussi e contro i candidati filoccidentali. Terre espulse dal vivere civile dopo il colpo di Stato di Euromaidan.
– Il popolo ucraino occidentale resiste grazie a una guerra per procura pro USA, finanziata dagli USA e dagli europei. Quello ucraino orientale sta, in massima parte, dalla parte russa.
– La densità di popolazione e la percentuale di spese militari della Russia rendono impossibile qualunque movimento militare che vada al di là delle guerre di confine e del sostegno a qualche alleato.
Per tutti i dettagli rimando ai Taglio Laser e Samizdat sull’argomento.
***
Come è costruita la cornice odierna sulla Palestina?
LA CORNICE DI OGGI
7 ottobre 2023: Hamas avvia l’operazione denominata “Alluvione Al-Aqsa”. Operazione terroristica secondo tutti noi, operazione di guerra secondo loro.
Sull’ennesima vicenda di violenza in Palestina ho volutamente ascoltato spezzoni di TV non per informarmi, cosa impossibile con i media ordinari, ma per percepire le parole chiave della cornice che si è formata sulla vicenda.
La vicenda è di quelle grosse, non ci sono dubbi. Ed è tremendamente pericolosa, proprio ascoltando la cornice costruita.
Questi i punti.
– I cattivi sono solo Hamas e Hezbollah: l’ha detto esplicitamente Paolo Mieli.
– La vicenda del 7 ottobre costituisce l’11 settembre di Israele.
– Variante: la vicenda del 7 ottobre è una via di mezzo tra l’11 settembre e Pearl Harbor.
– L’esercito israeliano e il Mossad sono stati colti impreparati.
– Israele è l’unico baluardo democratico del medio oriente.
– Chi è attaccato ha il diritto a difendersi.
– Dietro un attacco di questa portata non può che esserci l’Iran.
Questa narrazione, essendo nata in immediato, la sera stessa del 7 ottobre, non può che essere narrazione fanciullesca.
Non posso proporre una narrazione alternativa, le narrazioni complesse richiedono infatti ricerca, studio e tempo. Ma ci sono tre cose da smontare subito. E qualcosa da intuire.
TRE COSE DA SMONTARE SUBITO
Ci sono tre cose da smontare subito.
[1] Innanzitutto esercito e Mossad “impreparati”: non lo credo neanche se lo vedo. Addirittura secondo la BBC l’indagine interna è già iniziata, ma andrà avanti per anni. Strana previsione.
Impreparati davanti a deltaplani, parapendii, ruspe, motociclette, motoscafi, addirittura una golf car? Ci rendiamo conto che siamo nel tempo (5 ottobre scorso) in cui un solo drone a Homs in Siria fa 91 morti e 277 feriti?(a) Devi essere preparato contro i droni e non sei preparato contro i deltaplani?
In uno Stato militarizzato e blindato come Israele non esiste l’evento di esercito e Mossad “impreparati”. Bisogna quindi dedurre che hanno “scelto di essere impreparati”. Chi l’ha scelto? Perché l’ha scelto? Leggerezza? O altro? Argomento di paziente studio.
Un raduno di 3.000 persone a Re’im, a 4 km dalla striscia di Gaza, senza alcuna protezione militare e in concomitanza con una festa religiosa. Giudicate voi il livello di leggerezza(b). È come fare un concerto di Ligabue all’arena di Reggio Emilia avendo i terroristi a Massenzatico.
[2] Israele è un baluardo democratico per modo di dire: ci dimentichiamo spesso che la democrazia non è mettere una scheda in un’urna, ma dovrebbe essere fondata sul diritto naturale.
Israele non è fondato sul diritto naturale, che dovrebbe comprendere tra l’altro il diritto alla libertà religiosa, il diritto a non essere discriminati per motivi di razza e religione, il diritto delle minoranze ad esistere e a preservare e sviluppare la propria cultura.
[3] Israele ha certamente il diritto di difendersi. Normalmente però le sue difese hanno un piglio un po’ sopra le righe. Basta guardare la proporzione dei morti e dei feriti nelle varie azioni che troverete descritte qualche pagina più avanti.
Ma, soprattutto, cosa vuol dire “difendersi”?
Innanzitutto la difesa deve essere proporzionata, e poi occorre difendersi solo dagli aggressori. Difendersi non significa che, poiché mi hanno ammazzato dei civili, vado anch’io ad ammazzare dei civili. No, non funziona così. Chi ammazza civili, che lo faccia per primo o per secondo, commette un atto criminale. I crimini non si compensano a vicenda.
Hamas che ammazza civili e Israele che ammazza civili fanno due entità che ammazzano civili. Chi toglie acqua, luce, gas, cibo ai civili commette un atto criminale.
Spero sia ovvio. Ti definisci “buono”? I buoni non ammazzano i civili.
E QUALCOSA DA INTUIRE
E poi, purtroppo, c’è anche qualcosa da intuire.
7 ottobre e 11 settembre sono due date particolari: sconfitta mussulmana a Lepanto 1571, sconfitta mussulmana sotto le mura di Vienna 1683. A qualcuno piacciono molto le date-simbolo.
Dire che il 7 ottobre costituisce l’11 settembre di Israele (o, peggio ancora, una via di mezzo tra 11 settembre e Pearl Harbor) significa fare un annuncio: il “dopo 7 ottobre” sarà come il “dopo 11 settembre”.
Naturalmente c’è già pronto anche un nuovo Osama Bin Laden. È Mohammed Deif, il “fantasma di Gaza” (fantasma sia per gli israeliani che per i palestinesi), considerato “imprendibile” e che avrebbe dato il via all’operazione Alluvione Al-Aqsa con un messaggio registrato e inviato via telefono.
Il “dopo Pearl Harbor” fu l’attacco al Giappone che si concluse con le due atomiche.
Il “dopo 11 settembre” fu la guerra ventennale in Afghanistan.
Il “dopo 7 ottobre” sarà costituito innanzitutto dagli ordinari stermini di civili e miliziani a Gaza. Occhio per occhio, dente per dente; sempre con un buon moltiplicatore. Nell’operazione “Piombo fuso” del 2008-2009 a fronte di 13 israeliani morti ci furono 1.400 morti palestinesi. Cento per uno.
Se ci sono stati 1.000 morti in Israele con l’Alluvione Al-Aqsa, non è insensato prevedere l’imminenza di 100.000 morti nella Striscia di Gaza. Del resto l’occidente ha saputo fare 1.000.000 di morti in Iraq: non abbiamo certamente il senso della misura.
Ma, oltre ai morti “ovvi” nella Striscia di Gaza, si può mettere in conto per il futuro anche un attacco all’Iran, del quale si dirà che è dietro l’operazione di Hamas, e che semmai nasconde Mohammed Deif, come l’Afghanistan nascondeva Osama in una caverna.
STO SCHERZANDO, NATURALMENTE
Sto scherzando, naturalmente.
Nessuno vuole attaccare l’Iran. L’Iran è vasto come la Libia ed ha 85 milioni di abitanti. Attraverso il Mar Caspio confina con la Russia.
C’è però il fatto inquietante della lista di Stati che gli USA volevano sistemare fin dagli anni ’90 del secolo scorso: Afghanistan, Iran, Iraq, Libia, Siria. Resta solo l’Iran come “incompiuto”.
Afghanistan e Iraq vennero trattati con la formula «vi distruggo, poi vi ricostruisco in forme democratiche». Gli esiti li conosciamo: piani d’intervento stupidi, costosissimi e fallimentari.
Per Libia e Siria l’occidente semplificò le cose: è sufficiente distruggere, l’importante è che gli Stati fastidiosi vengano tolti di mezzo.
Sull’Iran sto quindi scherzando, ma non troppo.
Perché, se lo scopo fosse quello di “battere” l’Iran nessuno si butterebbe nell’impresa, ricordando la devastante e inutile guerra per procura Iran-Iraq 1980-1988.
Ma, se lo scopo è solo “distruggere”, le cose cambiano.
Si può distruggere anche un paese con 85 milioni di abitanti, basta andare giù con mano pesante.
E, per andarci giù con mano pesante, una Pearl Harbor o un 11 settembre diventano necessari. Il necessario innesco per mobilitare le menti con la propaganda.
TOGLIAMOCI DALLA MENTE CHE ISRAELE SIANO “I BUONI”
Togliamoci dalla mente che Israele siano “i buoni”.
In Palestina si fronteggiano due entità politico-religiose, ognuna delle quali non riconosce dignità umana all’avversario. Entrambi uccidono serenamente i civili. E dico “serenamente” perché periodicamente la faccenda si ripete, sempre tragicamente uguale.
Non c’è pace in Palestina, e questo non c’è bisogno di dirlo.
Non c’è giustizia in Palestina. Nessuno di noi vorrebbe vivere nella Striscia di Gaza, con acqua luce gas carburante cibo tutto controllato dal tuo nemico e assediante.
Non c’è pietà da parte di Hamas, e questo lo sappiamo tutti.
Non c’è pietà da parte di Israele, se le forze israeliane riescono a uccidere 127 palestinesi nel 2022, bambini inclusi(c): essendo in una situazione di “non guerra”, essendo i morti persone disarmate e insediate loro terra, si può tranquillamente parlare di “terrorismo di Stato”.
Misericordia? È una parola che nemmeno esiste per i due contendenti.
L’8 ottobre 2023 era Domenica e c’era una lettura del profeta Isaia.
La vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi.
Siamo sempre fermi lì.
Le grida degli oppressi giustificano le azioni di Hamas? No, non le giustificano. Ma le grida degli oppressi ci devono far capire che Israele non è fatto di buoni.
“Non c’è pace senza giustizia. Non c’è giustizia senza perdono”. Questo il titolo del messaggio per la Giornata della Pace del 1 gennaio 2002, a pochi mesi dall’11 settembre. San Giovanni Paolo II descriveva le cose giuste: o qualcuno si pone nell’ottica di interrompere la spirale della violenza, o non ne usciremo mai.
Concetti che aveva già sintetizzato nel finale della preghiera per la pace durante la Guerra del Golfo 1991.
In comunione con Maria, la Madre di Gesù, ancora ti supplichiamo:
parla ai cuori dei responsabili delle sorti dei popoli,
ferma la logica della ritorsione e della vendetta,
suggerisci con il tuo Spirito soluzioni nuove,
gesti generosi ed onorevoli, spazi di dialogo e di paziente attesa
più fecondi delle affrettate scadenze della guerra.
Concedi al nostro tempo giorni di pace.
Mai più la guerra. Amen.
ISRAELE, RICORDATI…
Il 3 ottobre 2004 dovevamo andare a una conferenza della defunta Cecilia Gatto Trocchi in piazza a Sassuolo. Conferenza annullata all’ultimo momento, passammo il pomeriggio domenicale a una bella fiera del libro a Reggio Emilia.
Lì ebbi l’incontro visivo con un libro usato: Vladimiro Giabotinschi “La legione ebraica nella guerra mondiale” editrice L’Idea Sionistica, Milano 1935-XIII. Italianizzato il nome, ma è Vladimir “Ze’ev” Zabotinskij(d), sionista della fase pre-Israele (muore nel 1940, non vede la nascita dello Stato ebraico).
Prezzo spaventoso: 180 euro, 360.000 lire. Ritorno alcune volte, sempre aprendo le pagine a caso. «Le interessa?» «Mi interesserebbe molto, se non fosse per i 180 euro.» «Ma non deve guardare quello che c’è scritto, deve parlare con me.»
Parlo con lui, e il libraio mi sfila 90 euro, 180.000 lire, sempre pauroso.
Ma è stato un investimento del quale non mi sono mai pentito: avere tra le mani il pensiero dettagliato di un vero sionista, pubblicato in Italia, pubblicato prima dell’Olocausto che ha confuso le idee a molti, è stato per me un salto di qualità culturale notevole.
Se prima avevo letto da altri il discorso della “bivalenza del ghetto”, ossia il ghetto come “costrizione gradita” da una fetta del popolo ebraico, qui lo vedevo descritto da un sionista. La sua lotta era contro gli ebrei assimilati che detestavano la proposta di un ritorno in Palestina. Era necessario ritrovare “lo spirito del ghetto” contro gli ebrei assimilati, usciti dal ghetto fisicamente e mentalmente.
«Delle numerose constatazioni che feci in quei mesi, questa è forse la più importante: nella politica ebraica mondiale il cresus assimilato non è un fattore potente, malgrado che egli possieda dell’influenza politica e finanziaria. Invece il nazionalista ebreo è una potenza, sia egli pure uno straniero sconosciuto.»
Chiaro il concetto? Il cresus, il super-ricco assimilato in USA o in Gran Bretagna non potrà mai dire di no al nazionalista ebreo, dovrà finanziarlo per forza.
È un personaggio importante Zabotinskij? Certo, è uno dei fondatori dell’Irgun.
L’Irgun è stato classificato dalle autorità della Gran Bretagna e dalla maggior parte delle stesse organizzazioni ebraiche come un’entità terroristica, mentre altri lo considerano in modo più indulgente un movimento indipendentista, al pari dei movimenti armati palestinesi. Combattenti o terroristi?
Vediamo intanto tutta la galassia del paramilitarismo che prepara la nascita di Israele.
Haganah (“La Difesa”), organizzazione paramilitare in Palestina durante il Mandato Britannico (1920-1948). Rapporto di collaborazione-conflitto coi Britannici. Dopo la seconda guerra mondiale effettuò operazioni anti-britanniche in Palestina con la liberazione degli immigranti internati, con attentati dinamitardi alle strutture ferroviarie del paese, col sabotaggio e con le incursioni ai danni delle installazioni radar e delle postazioni della polizia britannica. Continuò anche a organizzare l’immigrazione illegale.
Irgun (Irgun Tzvai Leumi “Organizzazione Militare Nazionale”), organizzazione paramilitare scissionista dall’Haganah (1931-1948). Gruppo con impostazione terroristica, fa una tregua coi britannici in funzione antinazista. Dopo la guerra riprende le attività antibritanniche. Il 22 luglio 1946 fa saltare in aria l’hotel King David (morirono 91 persone, tra cui 41 arabi, 28 britannici, 17 ebrei).
Banda Stern (Lehi, Loḥamei Ḥerut Israel “Combattenti per la Libertà d’Israele”), non accettarono la collaborazione coi britannici durante la guerra mondiale e si scissero dall’Irgun, assassinando ufficiali e alti esponenti britannici, arabi, ebrei collaborazionisti. A loro si deve il massacro di 100 civili nel villaggio di Deir Yassin (9 aprile 1948). Inquadrati poi nell’esercito di Israele, alcuni suoi componenti assassinarono Folke Bernadotte, mediatore dell’ONU, il 17 settembre 1948.
Palmach (Plugot Mahaṣ “compagnie d’attacco”), gruppo fondato dall’Haganah per formare i combattenti-dirigenti. Idearono la commistione civile-militare inserendosi nei kibbutz dove si mantenevano lavorando: 14 giorni di lavoro, 8 di addestramento, 7 di riposo. Fra il 1945 e il 1946 il Palmach svolse attacchi contro le infrastrutture britanniche: ponti, ferrovie, installazioni radar e stazioni di polizia. Ogni attività finì dopo il “Sabato Nero”, 29 giugno 1946, quando i Britannici fecero arresti di massa dei capi del Palmach e della Haganah.
Israele ricordi la sua storia e ricordi quanto è sottile la distinzione tra combattenti e terroristi.
Quando l’Irgun faceva saltare in aria l’hotel King David era palesemente un atto terroristico, ma loro si ritenevano combattenti.
Quando la Banda Stern massacrò i 100 civili a Deir Yassin erano palesemente terroristi, ma Israele li riconobbe come combattenti, amnistiandoli nel 1949 e addirittura decorandoli nel 1980 con la “medaglia Lehi”.
In Israele vige l’auto-amnistia generale: Begin (Irgun), Rabin (Palmach), Shamir (Banda Stern), Sharon (Haganah), sono tutti stati primi Ministri pur avendo un passato che loro chiamano “combattente” e che noi definiremmo “terrorista” (se terrorismo è uccidere uomini politici, uccidere dei civili, attaccare infrastrutture civili).
E anche una volta inquadrati nell’esercito regolare, non andavano sul leggero.
La strage di Qibya avvenne nel mese di ottobre 1953, quando truppe israeliane sotto il comando di Ariel Sharon, in risposta all’attentato di Yehud (in cui una squadra di fedayyin palestinesi provenienti da Qibya uccise tre civili ebrei di cui due bambini) attaccarono il villaggio di Qibya in Cisgiordania. Sessantanove furono gli arabi palestinesi uccisi, due terzi dei quali donne e bambini. Quarantacinque case, una scuola e una moschea vennero distrutte. (Wikipedia)
***
Due forme politico-religiose si fronteggiano in Palestina.
Nessuna delle due contempla la pace, la giustizia, la pietà, la misericordia.
Nessuna delle due sa riconoscere se stessa come “terrorista”, neanche quando ammazza i bambini.
In fondo Israele è diventato ciò che auspicava Zabotinskij: uno Stato permeato dallo “spirito del ghetto”, militarizzato e blindato. Uno Stato che crea ghetti per i non ebrei.
La Palestina è un guazzabuglio di violenza da più di 100 anni. Al contempo contiene semi di pace e di fraternità sparsi un po’ ovunque, fuori dai riflettori.
Sono semi. La preghiera e il digiuno li facciano germogliare.
Giovanni Lazzaretti
NOTE
a) I 91 morti includono 31 donne e 5 bambini mentre presenziavano con i loro familiari alla cerimonia di laurea presso l’Accademia militare di Homs, mentre 277 sono rimasti feriti. Questo è stato uno degli attacchi più mortali contro l’esercito siriano ed è stato programmato per avvenire alla fine della cerimonia, quando le famiglie sono scese nel cortile per salutare personalmente i loro cari che erano passati da cadetto ad ufficiale. La Siria ha dichiarato tre giorni di lutto. (da OraProSiria)
b) La leggerezza non può essere esclusa. Vladimir “Ze’ev” Zabotinskij nel libro “La legione ebraica nella guerra mondiale” riferisce una frase dettagli da Max Nordau (leader sionista ungherese): «Questa, mio giovane amico, è logica; la logica però è un arte greca; gli ebrei non la sopportano. L’ebreo non si serve del giudizio, impara dalle catastrofi. Egli non compera un ombrello soltanto perché il cielo è nuvoloso: aspetta finché è bagnato e si è preso una polmonite; appena allora si ricorda che deve comperare un ombrello».
c) Per i dettagli vedere OCHA (United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs)
https://www.ochaopt.org/poc/8-21-november-2022
Measured as a monthly average, 2022 is the deadliest year for Palestinians in the West Bank since the United Nations started systematically counting fatalities in 2005, with 127 Palestinians killed so far this year.
d) Curiosità. Zabotinskij era in buoni rapporti con Mussolini. I quadri della futura Marina d’Israele si formarono a Civitavecchia proprio per un accordo con Mussolini. Nell’ottobre del 1934 giunsero i primi 28 allievi ufficiali ebrei per essere addestrati alla Scuola Marittima e nei tre anni successivi i diplomati saranno quasi 200. Gli allievi portavano sulle uniformi un’ancora, la Menorah (il candelabro a sette bracci) e il fascio littorio. Il loro capogruppo Avram Blass, in seguito sarebbe divenuto ammiraglio della Marina Israeliana.
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