Italia in svendita: fondi per la ricerca sotto zero e esodo dei ricercatori inarrestabile

Si parla tanto di ‘resilienza’, di clima, modernità e giovani. Ma i fondi per la ricerca in Italia sono sotto zero e l’esodo dei giovani ricercatori è senza fine

Da France 24 una dura critica all’Italia per via delle risorse destinate alla ricerca. Il nostro paese è il fanalino di coda della UE. Solo in questa ultima settimana abbiamo appreso che le risorse del Pnrr destinate alla nostra agenzia spaziale, le abbiamo dirottate all’ESA europea, al di fuori dell’Italia (ed è tutto a prestito), mentre la svendita dell’industria italiana della difesa e aerospazio viene facilitata dal trattato del Quirinale. Quindi decenni di ricerca saranno polverizzati. Per fare un raffronto al di fuori dell’Europa, l’Italia non arriva a spendere per la ricerca 9 miliardi di euro l’anno mentre la Cina ne ha speso 468 nel 2018, con tendenza in rialzo. Questa è la misura.

 Il PIL di un paese dovrebbe essere commisurato alla cultura ed a come in questo campo si muove, invece si insegue il mero profitto, ed in questo declivio la politica non mostra ripensamenti. Si andrà avanti fino alla vendita anche della propria casa. Una volta venduta le mura ed il pavimento, non rimarrà nulla se non iniziare daccapo, ma molto faticosamente e con esiti incerti.

Scienza italiana: fuga di cervelli a lungo termine e sottofinanziamenti

Il fisico italiano Giorgio Parisi riceverà lunedì il Premio Nobel, ma dietro le quinte delle celebrazioni in Italia c’è un diffuso orrore per anni di fuga di giovani cervelli all’estero.

Secondo l’Istat, tra il 2009 e il 2015, circa 14.000 ricercatori italiani hanno lasciato il Paese, una tendenza in gran parte attribuita alla mancanza di investimenti.

“L’Italia non è un paese ospitale per i ricercatori, sia italiani che stranieri”, ha detto Parisi a ottobre dopo aver annunciato il Premio Nobel per il suo lavoro sull’interazione tra disordine e fluttuazioni nei sistemi fisici. “La scienza è sottofinanziata e la situazione è peggiorata negli ultimi 10-15 anni”.

I finanziamenti pubblici sono scesi da 9,9 miliardi di euro nel 2007 a 8,3 miliardi di euro nel 2015: non sono disponibili dati più recenti, ma nel 2019 la spesa per la ricerca nella terza economia della zona euro era ben al di sotto della media dell’UE.

Oltre a Parisi, negli ultimi decenni in Italia sono emersi diversi scienziati di spicco, in particolare Carlo Rubbia, fisico del CERN che ha ricevuto il Premio Nobel nel 1984, e la neuroembriologa Rita Levi-Montalcini, che ha ricevuto il Premio Nobel nel 1986. Ma dopo la crisi finanziaria del 2008, iL budget per la scienza è stato tagliato e anche la famigerata burocrazia italiana sta svolgendo un ruolo nel guidare i giovani talenti all’estero.

In Italia, purtroppo, è molto difficile trovare lavoro all’università”, ha detto Eleanor D’Elia, biologa romana di 35 anni che da quattro anni insegna all’Imperial College di Londra.

Fa riferimento a “mancanza di finanziamenti e posti di lavoro disponibili, contatti necessari e un sistema molto complesso basato sul numero di articoli pubblicati”.

La portata del problema è confermata da Roberto Antonelli, capo della prestigiosa Accademia Lingchean di Roma, che ha dichiarato all’Afp che c’è stato “un enorme taglio ai finanziamenti per le università e gli enti di ricerca italiani”. Ciò è stato accompagnato da “un calo della qualità dei posti di lavoro disponibili per i giovani rispetto ad altri Paesi”.

Il numero di cattedre e contratti a lungo termine nelle università è sceso da 60.882 nel 2009 a 48.878 nel 2016, con un calo di quasi il 20%.

A Londra, dice, “c’è più sostegno in termini di stipendi e budget per la ricerca”, e in Italia, dove spera di tornare un giorno dalla sua famiglia e dai suoi amici, “dovrà lottare costantemente per ottenerlo”.

Il governo italiano promette di utilizzare parte dei fondi che l’Ue metterà a disposizione per la ripresa dalla pandemia nel periodo fino al 2026 per favorire lo sviluppo della scienza domestica. Il ministro della Ricerca Christina Messa ha annunciato a ottobre che avrebbe stanziato sei miliardi di euro per finanziare 60 progetti.

Antonelli ha accolto favorevolmente questa decisione, ma ha osservato:

“Il problema è la continuità dei finanziamenti… Cosa succederà dopo il 2026?”

Antonelli ha affermato che la spesa per la scienza dovrebbe essere misurata in percentuale del PIL, che va dal “più alto, come in Finlandia, Giappone e Corea del Sud, al più basso tra i paesi sviluppati, come l’Italia, che non investe fondi comparabili rispetto ai suoi vicini”. . come la Germania o la Francia”.

Secondo l’agenzia europea Eurostat, nel 2019 l’Italia ha speso solo l’1,45% del PIL per la ricerca, al di sotto delle medie dell’UE (2,19%) e della Germania (3,17%).

Parisi ha anche sottolineato l’importanza di una prospettiva a lungo termine:

“La scienza è come un orto: se pensi di poterlo annaffiare una volta ogni due settimane, non funzionerà.”

fonte: France 24 – (https://www.france24.com/en/live-news/20211205-physics-nobel-belies-italy-s-scientific-brain-drain)

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