da Piccole Note
Elicotteri sparano sulle folle ribelli. Un crimine inaccettabile dal mondo libero. Riunione di emergenza dell’Onu: dichiarazioni di fuoco contro il tiranno e, in poco poco tempo, una forza militare internazionale si precipita in soccorso dei ribelli. Si era in Libia, allora (anche se poi si scoprirà che quanto rimbalzava sui media tutto inventato). Oggi la scena si ripete in Ucraina, ma all’opposto (ed è purtroppo tragicamente vera). Il governo decide di liquidare con la forza la ribellione dei filorussi dell’Est, e l’Occidente, al contrario di quanto fece allora, si schiera con il governo: allora i ribelli erano la libertà, ora a rappresentare questo alto ideale è il governo ucraino andato al potere grazie al colpo di Stato di Piazza Majdan. Il gioco della politica vive di queste contraddizioni, a seconda degli interessi del momento.
Teatro di questo confronto tra Kiev e ribelli sono le regioni dell’Est ucraina: Donestk, Odessa (dove un rogo ha devastato la casa dei sindacati in mano ai filorussi provocando 43 vittime), Slaviansk, nella quale il conflitto è più duro. Kiev ha deciso di attaccare in forze con tank ed elicotteri d’assalto, vere e proprie cannoniere volanti. E la reazione del mondo occidentale è stata quella di inneggiare alla repressione ordinata da Kiev con una cecità degna di miglior causa. Senza accorgersi, meglio fingendo di non accorgersi, di quel che sta veramente accadendo nel cuore dell’Europa: si tratta di un atto di guerra che, oltre ad altre considerazioni umanitarie di inutile ripetizione, getta ombre inquietanti sul futuro: le guerre si sa quando iniziano non quando finiscono. Tra l’altro questo l’atto ostile è diretto non solo contro i ribelli ucraini, ma contro chi li sostiene, ovvero Putin: Sfida a Putin, sangue sull’Ucraina è appunto il titolo dell’articolo di prima pagina della Repubblica.
Avevamo scritto che la vicenda ucraina era appesa a un filo: purtroppo avevamo ragione. Perché, mentre sottotraccia proseguivano le trattative per trovare una via di uscita alla crisi, culminate in una telefonata distensiva tra il ministro della Difesa Usa e l’omologo russo, qualcuno sognava di far precipitare la situazione. Esattamente quel che sta avvenendo.
Per il nuovo governo ucraino era inaccettabile l’assalto ai palazzi del potere delle città dell’Est attuato dai filorussi, come anche la preparazione di un referendum secessionista indetto per l’11 maggio; senza considerare che il 25 maggio sono previste nuove elezioni a Kiev e andare alle urne con parte dell’Est in mano ai ribelli avrebbe sancito lo scacco del nuovo potere sorto a piazza Majdan. Ma da qui a scatenare una guerra, sia pur civile e non allargata, ne corre.
L’Occidente ha provato a piegare Putin in tutti i modi: con le sanzioni, quelle minacciate e quelle messe in atto, come anche con gli strumenti finanziari, causando la svalutazione del rublo e il crollo dei titoli russi, ma l’avversario non ha ceduto. Da qui il ricorso alla forza. Il problema è che, a quanto pare, a Kiev hanno il grilletto facile, un po’ come gli ambiti neocon che li hanno sostenuti nella loro ascesa al potere.
Il presidente Oleksandr Turchynov, come da copione già visto, ha definito terroristi i separatisti: definizione che permetterà di trattarli alla stregua di carne da macello e che mal si attaglia alla situazione. Terrorista è chi uccide civili innocenti per seminare paura e terrore nella popolazione civile. Nel caso specifico, nell’Est si è registrato un movimento di ribellione che ha usato la forza contro istituzioni civili, ma non si è macchiata di assassini o stragi.
Inquietante anche che nell’assalto a Sloviansk il governo abbia usato anche le SS, ovvero i neonazisti di Settore Destro, certo meno legati alle regole e ai limiti di ingaggi proprie dei militari.
La follia è in atto. Le ultime due guerre mondiali sono nate in ambito slavo: la crisi balcanica, con l’attentato di Sarajevo all’arciduca Francesco Ferdinando, e l’attacco sovietico-nazista alla Polonia. La probabilità che la storia si ripeta è molto bassa data la forza di deterrenza nucleare russa, ma forse c’è chi pur di vincere ha messo sul tavolo anche questa opzione, in una variabile moderna e più sofisticata (le guerre moderne si fanno in tanti modi).
D’altronde, dopo l’attacco alle torri gemelle Putin ebbe a dire «per loro noi siamo polvere». E non parlava solo di Osama Bin Ladin e suoi tecnici del terrore
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