Nel 2016 in Kosovo inaugurata la statua all’americano dell’inganno di Racak, riporto di seguito il bellissimo commento di Enio Remondino, la cui testimonianza è stata inascoltata
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[su_heading style=”modern-2-blue” size=”21″ align=”left”]In Kosovo statua all’americano dell’inganno di Racak[/su_heading]
Una statua dell’ex capo dell’OSCE in Kosovo, l’americano William Walker, nel villaggio di Racak, alla porte di Pristina, dove, fine 1998, in piena guerriglia interna alla Jugoslavia, una battaglia di tre giorni con le sue vittime, fu montata come strage di civili convincendo il mondo -Italia compresa- che quella guerra contro Milosevic andava fatta.
Di Ennio Remondino 27 dicembre 2016
La statua dell’ex generale Usa William Walker, nel 1998 capo della missione Osce nella provincia serba del Kosovo, verrà inaugurata a Racak il 15 gennaio. Bronzea ed imponente, come la bugia che la statua vorrebbe immortale al mondo.
Racak, nel Kosovo centrale, dove -ecco come la raccontano loro- “45 civili di etnia albanese, tra cui anziani e bambini, furono massacrati dalle forze serbe”.
Dopo quella strage ‘modello nazista’, pile di cadaveri, colpi alla nuca, volti sfigurati, -così fecero vedere all’indignazione del mondo attraverso le telecamere lì convocate-, fu il via ai bombardamenti Nato che per tre mesi colpirono la Serbia per ottenere l’indipendenza del Kosovo agli albanesi.
Per il BALKAN TRANSITIONAL JUSTICE che dà la notizia, «Walker è stato il primo testimone internazionale per inviare un messaggio a mondo che quello che stava accadendo in Kosovo è stato “un crimine contro l’umanità”».
http://www.balkaninsight.com/en/article/kosovo-keeps-memorialization-to-statue-12-22-2016
Traduciamo ancora: «Il suo messaggio è stato decisivo per la decisione della NATO di usare la forza contro il regime serbo in Kosovo».
La decisione di onorare Walker con una statua è del Comune di Stimlje. Walker ha partecipato a una cerimonia di inaugurazione nel gennaio di quest’anno per gettare le basi per la statua.
Walker eroe americano per la parte albanese dell’ex Jugoslavia, e non un caso. Lui assieme a Bill Clinton, statua di 6 metri nel cuore di Pristina. O quella all’ex diplomatico Usa Richard Holbrooke nel comune di Vitina. Mentre l’autostrada che collega le città di Ferizaj / Urosevac e Gjilan / Gnjilane, è dedicata a Beau Biden, il figlio defunto del vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden.
Dopo la fine della guerra nel 1999, molte famiglie albanesi del Kosovo hanno chiamato i loro figli con i nomi dei leader politici occidentali: Bill, come Clinton, e Tony come l’allora primo ministro britannico Blair.
Ma torniamo a Racak.
Il problema, per i costruttori di quella montatura clamorosa che trasse in inganno mezzo mondo, con la complicità di molti media schierati per la guerra, è stata -tra gli altri- la presenza della troupe Rai dai giorni precedenti a seguire gli scontri tra Uck e forze di sicurezza serbe. Rai Balcani ma anche sei ‘Diplomatici’ italiani del ‘Kdom’, la ‘Kosovo diplomatic observers mission’, scaraventati dalla Bosnia in Kosovo su una ‘scarafone’ ridipinto di bianco, come le divise del colonnelli paracadutisti e corpi speciali e Sismi d’ordinanza.
Tanti testimoni, e tutti abbastanza svegli e smaliziati.
Questo, per far riferimento a cose scritte, ciò che dissi nel 2005 come relatore all’Assemblea parlamentare della Nato, nel seminario dedicato al Kosovo, con la partecipazione di 16 delegazioni parlamentari e diplomatiche dell’Alleanza Atlantica e di tutte le comunità nazionali dell’area coinvolte nei conflitti balcanici, kosovari e albanesi in prima fila. Che non replicarono.
«In Kosovo, perché è di questo che dobbiamo parlare oggi, ho avuto l’impressione di assistere alla accurata composizione di un puzzle le cui singole tessere fossero predisposte da tempo a realizzare il disegno della guerra.
– Ho visto un regime dispotico e traballante, quello di Milosevic, trarre forza e sostegno interno dall’accerchiamento internazionale.
– Ho visto una terra sofferente amalgamata sino ad allora dalla pratica dell’opposizione non violenta, venire armata e organizzata per la guerra.
– Ho scritto del “Ghandi dei Balcani”, il non violento Rugova, e ho memoria e registrazione di quando, nella primavera del ’98 sostenne che la nascente Uck era una creatura dei servizi segreti di Belgrado. Mi pento e chiedo scusa per quel Ghandi citato a sproposito. Rugova (augurandogli buona salute) non l’ha ancora fatto.
– Ho visto i carichi di armi del governo Berisha passare la frontiera albanese con la Serbia. Ritrovo ora Berisha a Tirana e mi interrogo nuovamente sul Kosovo.
– Ho sentito il “capo del governo clandestino del Kosovo” Bucoshi, nel suo ufficio di Tirana, spiegarmi l’impegno finanziario della diaspora kosovara e albanese in Germania e Stati Uniti, per la creazione di un esercito di liberazione del Kosovo.
– Ho visto, con la missione Kdom (Kosovo diplomatic observers mission), spie e istruttori militari diventare diplomatici, e la diplomazia vera fare da palo all’inganno.
– Ho visto l’Osce dell’ex ambasciatore William Walker, ottenere il miracolo di Lazzaro a Racak, dove i morti nella notte camminano e si espongono alla indignazione televisiva mondiale del mattino dopo. Non ho visto in tempo utile le perizie dei periti finlandesi, che qualcosa chiarivano su quei ‘civili’ che però avevano sparato.
– Ho visto da lontano Rambouillet, e da cronista smaliziato, ne ho approfittato per attrezzarmi alla guerra imminente.
– Ho visto l’uso disinvolto dei media nel creare consenso o riprovazione, a comando. Ho imparato che esistono le sofferenze “buone”, quelle da esaltare nei telegiornali, e le sofferenze da nascondere.
– Ho visto governi e diplomazie, costruire “verità” sulla convenienza del momento, ma quel che è peggio, ho visto costruire analisi e progetti politici internazionali successivi sulle precedenti verità artefatte».
fonte: Remocontro – https://www.remocontro.it/2016/12/27/kosovo-statua-bronzo-linganno-racak/?fbclid=IwAR2z313kcqcqNDB8RlTuZKa_wtCkCcdROtggaAqXpFpn1gAPxEAjIXkqbDM
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