L’esercito siriano ha preso il controllo dell’area agricola di al-Mallah (a nord della città di Aleppo) e del distretto di Salaheddine (uno dei quartieri chiave per il controllo della città di Aleppo) ma l’aumentato supporto internazionale agli alleati di al Qaeda (ribelli moderati e terroristi sono fusi sotto un’unico coordinamento operativo che si chiama al Fatah Halab) ne rallenta l’avanzata.
di Patrizio Ricci (LPL News 24)
Ad Aleppo si sta svolgendo una battaglia decisiva che determinerà l’esito del conflitto siriano. La situazione cambia continuamente: l’alleanza stretta tra i ribelli più ‘moderati’ e il fronte al Nusra (al Qaeda in Siria), ha comportato il rallentamento dell’avanzata delle Forze siriane (supportate da Hetzbollah e dalle milizie sciite irachene e iraniane) che sembrava inarrestabile. A complicare le cose, nell’ultimo mese, USA, Arabia saudita, Qatar
e Turchia hanno aumentato e migliorato sia quantitativamente che qualititavamente l’afflusso di armi destinate ai ribelli (le forniture sono state integrate anche con missili antiaerei ‘manpads’).
L’esercito arabo siriano (SAA) è consapevole che solo se la via d’accesso verso la Turchia, sarà interrotta, i ribelli potrebbero essere messi seriamente in difficoltà. Una simile eventualità porterebbe oltremodo sollievo alla popolazione civile: farebbe cessare i bombardamenti dalle decine di sigle ribelli contro i quartieri civili controllati dal governo e farebbe ripristinare i servizi essenziali.
L’obiettivo attuale delle forze governative non è comunque la capitolazione completa delle forze sovversive: un attacco in forze alla città è improponibile per l’alto costo di vite che questo comporterebbe; le vie di accesso dei quartieri in mano ai ribelli sono disseminate di mine e trappole esplosive e non c’è angolo di strada senza un cecchino appostato. L’obiettivo è invece costringere la guerriglia a negoziare condizioni di pace senza preclusioni aprioristiche e preventive. Quindi, ciò che dobbiamo aspettarci nei prossimi giorni non è un attacco diretto alla città di Aleppo ma il tentativo di indebolire le forze ribelli (che rirpistinerebbe il cessate il fuoco).
In apertura abbiamo detto che l’unico punto in cui l’esercito siriano potebbe avanzare è la zona di Tamurah ad ovest, meglio se con l’aiuto delle forze curde. Tale manovra però sarebbe insidiosa: comporterebbe il passaggio delle unità SAA attraverso un territorio ostile tenuto e fortificato nel tempo dai ribelli. Queste zone sono zeppe di postazioni munite dei micidiali missili Tow BGM71, rigorosamente posti sulle abitazioni.
Unica nota a favore dell’esercito siriano è l’involontario appoggio delle forze curde YPG nella campagna a nord di Aleppo e nel quartiere curdo di Sheikh Maqsood. Per la sua posizione strategica, questa zona ha un ruolo enorme nella battaglia di Aleppo. Se i curdi prendessero la parte dei ribelli, l’esercito siriano potrebbe rinunciare definitivamente alla presa di Aleppo. Tuttavia, una tale eventualità è altamente è improbabile: i ribelli la settimana scorsa hanno lanciato su Sheikh Maqsood granate contenenti gas sarin. Se i curdi agissero sinergicamente con l’SAA, i ribelli capitolerebbero in breve tempo e non solo in Aleppo. Difficilmente però gli USA (sponsor delle forze curde) li autorizzeranno ad allearsi con Assad.
Non è aliena da tutto questo (e sopratutto dalle sue conseguenze), la seguente considerazione: è demenziale l’atteggiamento dell’Europa e del nostro Paese che si strugge per trovare nuove soluzioni per diminuire l’afflusso dei profughi ma che mai menziona nè tantomento agisce sulle cause che determinano questi eventi. L’esodo dei profughi evidentemente non è dovuto ad una carestia o una calamità naturale. E’ evidente che non è possibile essere buoni senza smettere di essere cinici: la guerra non cessa accogliendo profughi, con le politiche di integrazione o con un invio più massicio di farmaci ed alimenti. La guerra cessa ( e con essa i profughi) con una reale volontà politica, ma si continua finora a procedere in direzione diametralmente opposta.