“Bellum omnium contra omnes” in latino significa “guerra di tutti contro tutti”. Pensatori illuminati come Thomas Hobbes hanno usato questa locuzione per descrivere lo stato naturale dell’umanità in assenza di autorità governative. E’ attualmente anche una accurata descrizione dell’economia americana, dato che alcune delle maggiori multinazionali possono agire senza controlli.
Apple, Amazon, Facebook e Google stanno conducendo una guerra del tipo tutti contro tutti: una guerra per guadagnarsi tutto il vostro tempo, tutti i vostri soldi, tutte le vostre interazioni ed aspirazioni mondane. Vogliono essere il vostro unico ed indispensabile partner per navigare nella vita e per esserlo devono distruggersi l’un l’altro. Se il governo non entrerà in questo gioco la cittadinanza americana sarà il danno collaterale.
I giganti della Big Tech una volta si accontentavano di stare al loro posto: Facebook gestiva i social media, Amazon aveva il suo e-commerce e Apple sviluppava il suo hardware, in particolare l’iPhone. Ma i servizi della Apple recentemente resi noti rivelano in realtà una missione di dominio totale: Apple TV+ trasmetterà contenuti originali ma permetterà anche agli utenti di iscriversi ad altri servizi di streaming. Apple News+ mette assieme centinaia di articoli di giornale e di riviste, mentre Apple Arcade offre qualcosa di simile ai video giochi. E tutti questi servizi possono essere pagati con Apple Card, una carta di credito che si appoggia a Goldman Sachs.
La Apple Card, che non prevede more, ridà l’1% in contanti per ogni acquisto fatto con la card, il 2% per pagamenti effettuati con Apple Pay, ed il 3% per acquisti fatti direttamente alla Apple. Queste politiche incentivano gli utenti non solo a procurarsi la Apple Card, ma ad usarla con il telefonino e a regalarsi prodotti Apple. Lo scopo generale è di integrare tutto nei 900 milioni di iPhones: comunicazione, intrattenimento, commercio e pagamenti. Dato che le vendite di iPhone sono ferme a causa della saturazione di mercato, la Apple vuole avvantaggiarsi di questa posizione dominante per proporsi in altre aree di guadagno.
Tutte le altre multinazionali Big Tech stanno facendo qualcosa di simile. Come ha avuto modo di chiarire l’AD di Amazon, Jeff Bezos riguardo il servizio Prime “Il nostro scopo….è mettere in chiaro che se non sei un membro di Prime, sei soltanto irresponsabile”. Amazon Prime, naturalmente, offre un servizio streaming abbinato alla spedizione gratuita dei prodotti offerti. Amazon ha una propria offerta di video game, e il mese scorso senza troppa pubblicità ha firmato un contratto con Worldpay, una società che si occupa di modalità di pagamenti, allo scopo di globalizzare Amazon Pay. Alexa, il sistema parlante, controlla quasi due terzi del mercato. Amazon ha appena sfornato delle cuffie wireless che assomigliano esageratamente alle AirPods Apple.
Il sistema parlante di Google, Home, sta guadagnando terreno con circa un quarto del mercato. Anche Google vende cellulari e il mese scorso ha lanciato una piattaforma streaming di video games. Sta anche investendo in notizie locali grazie alla partnership con McClatchy [agenzia di stampa americana che possiede 29 giornali con circa 2 milioni di tirature giornaliere, ndt]. Google Pay può essere usato in partenariato con migliaia di banche semplicemente con il cellulare. E mentre YouTube, di proprietà Google, ha fatto un passo indietro riguardo la programmazione originale, continua sempre ad offrire miliardi di video.
Nel frattempo Facebook si è dotato di una piattaforma streaming per i video e di un centro per i video games. Portal, un congegno per effettuare chiamate video che si integra con Alexa, è uscito l’anno scorso. Zuckerberg sta pensando ad una nuova elettronica per notiziari di “alta qualità”, per niente simile ad Apple News+. Instagram, di proprietà Facebook, ha appena annunciato l’apertura di un negozio virtuale per app. Ed il recente annuncio di Zuckerberg di modifiche alla messaggistica privata è stata condita di “pagamenti” svariate volte; vuole chiaramente rendere possibile l’utilizzo di Facebook per scambi di denaro tra utenti e per pagare prodotti.
Tutte queste aziende vogliono essere WeChat, un’applicazione cinese che mette assieme messaggi, chiamate video, social network, acquisti e pagamenti con cellulare; solo che lo vogliono realizzare negli USA, se non nel mondo intero. Il potere di fare contemporaneamente pagamenti, acquisti, comunicazioni ed intrattenimento rende gli utenti cinesi letteralmente dipendenti da WeChat.
La guerra Big Tech di tutti contro tutti è in estrema sintesi questa: Apple, Amazon, Google e Facebook vogliono rendere la nostra vita impossibile senza di loro. Combatteranno fino alla morte per mettere in piedi il più grande network con il più alto numero di partecipanti e quello che si aggiudicherà questo primato avrà il congegno o la piattaforma capace di essere un’appendice necessaria ed irrinunciabile per decine di milioni di americani-o forse di tutti gli americani.
Si può ipotizzare che tutto ciò possa sfociare in un confuso stallo dove ogni multinazionale si accaparra una fetta di utenza soltanto. Non sarebbe una gran cosa in quanto ogni utenza resterebbe bloccata nel proprio dominio digitale, incapace quindi di capire come districarsi dal groviglio di offerte. Nei giorni iniziali di internet si parlava di giardini murati; questa sarebbe una vita murata.
Cosa si sta sacrificando per la convenienza di un partner digitale a nostra completa disposizione? La possibilità di scelta, per esempio. Gli utenti diventerebbero prede dei capricci dei decisori digitali. Aspiranti registi o programmatori di video games sarebbero costretti a sottostare alle regole di un operatore dominante per avere visibilità. Sarebbero in grado questi creativi di sopravvivere quando intermediari come la Apple si intascano il 50% dei profitti, così come si spettegola in News+? Non dimentichiamoci poi che l’algoritmo che ci guida potrebbe avere problemi e combinare disastri: abbiamo saputo che la settimana scorsa Facebook attraverso i propri server dedicati alle pubblicità ha operato discriminazioni in base a razza e genere nonostante il pilota automatico fosse in funzione.
Abbiamo varato leggi antitrust per evitare che le corporation potessero riscrivere leggi a proprio favore, accaparrarsi profitti, gettare sul lastrico i fornitori e imporci le modalità di vita dal loro comodo piedistallo. Può sembrare positivo che queste multinazionali si scannino a vicenda mentre i consumatori sono pronti a godersi le offerte che ogni guerra di questo tipo mette a disposizione. Ma una volta finita la guerra, il risultato potrebbe essere una sorta di tirannia digitale dove la partecipazione ad attività sociali comporta la firma su contratti scritti dal Signore Supremo di una gigantesca multinazionale. In ballo non c’è solo la questione della libera concorrenza, ma la nozione stessa di libertà.
David Dayen è autore di “Chain of Title: How Three Ordinary Americans Uncovered Wall Street’s Great Foreclosure Fraud”
Fonte: https://newrepublic.com/