La BCE decide di alzare i tassi d’interesse “per frenare l’inflazione”

La decisione della BCE di alzare i tassi d’interesse “per frenare l’inflazione” è qualcosa a metà strada tra il folle e il criminale. Folle perché le attuali pressioni inflazionistiche non hanno assolutamente nulla a che vedere con un eccesso di domanda (il che comunque non giustificherebbe la scelta), ma derivano unicamente da fattori sul lato dell’offerta: in primis, le strozzature nelle catene di approvvigionamento globali che ci portiamo dietro dal lockdown planetario degli ultimi due anni e mezzo e gli effetti della guerra in Ucraina e delle (auto-)sanzioni alla Russia (cioè a noi stessi).

In un contesto di questo tipo alzare i tassi non solo farebbe contrarre ulteriormente economie già allo stremo, come quella italiana, punendo quelle categorie a basso reddito che già soffrono di più per l’aumento dei prezzi – e questo è l’aspetto criminale della vicenda -; ma finirebbe anche per peggiorare ulteriormente i problemi sul lato dell’offerta, che ovviamente per essere superati richiedono ingenti investimenti (cioè il contrario delle politiche restrittive prospettate) per aumentare l’offerta e la produzione in numerosi settori e ridurre così la nostra dipendenza dall’estero, per quanto possibile, oltre che ingenti misure di bilancio per compensare gli aumenti di prezzo, inclusi sostegni monetari diretti alle famiglie.

Insomma, come scrisse la grande economista post-keynesiana Joan Robinson negli anni Settanta, cioè nel bel mezzo di una crisi inflazionistica per molti versi simile a quella attuale: «Non è la prosperità, ma la scarsità che provoca l’inflazione». Purtroppo, esattamente come negli anni Settanta, l’obiettivo delle classi padronali non è realmente risolvere il problema dell’inflazione quanto piuttosto sfruttarne lo spauracchio per raggiungere obiettivi politici ed economici di ben altra natura.

(di Thomas Fazi (https://www.facebook.com/thomasfazi/posts/5115524578540639))

USA. inflazione Y/Y +8.6%, IL MASSIMO A 40 ANNI
L’inflazione statunitense ha toccato un nuovo massimo a 40 anni a maggio, con un’accelerazione inaspettata che spingerà la Federal Reserve a prolungare una serie aggressiva di aumenti dei tassi di interesse e si aggiungerà ai problemi politici per la Casa Bianca e i Democratici.
L’indice dei prezzi al consumo è aumentato dell’8,6% rispetto all’anno precedente, come hanno mostrato i dati del Dipartimento del lavoro pubblicati stamani.
Il cosiddetto core CPI, che esclude le componenti alimentari ed energetiche più volatili, è aumentato dello 0,6% rispetto al mese precedente e del 6% rispetto a un anno fa, anch’esso al di sopra delle previsioni. (Fonte: Bloomberg (https://www.bloomberg.com/news/articles/2022-06-10/us-inflation-unexpectedly-accelerates-to-40-year-high-of-8-6))

In Russia accade esattamente l’opposto

La banca Centrale russa riduce ulteriormente i tassi dall’11% al 9,5%

La banca centrale russa ha abbassato oggi i tassi di interesse al livello anteriore all’invasione dell’Ucraina. Le prospettive sull’economia e sull’inflazione appaiono oggi meno cupe, nonostante la morsa delle sanzioni.

Dopo il forte taglio già deciso in una riunione straordinaria due settimane fa, i responsabili dell’organismo monetario russo hanno utilizzato la sessione programmata di oggi per ridurre nuovamente il benchmark, questa volta portandolo al 9,5% dall’11%. La maggioranza degli analisti prevedeva una riduzione minore di 100 punti base.
In una revisione leggermente aggressiva della politica annunciata il mese scorso, la Banca di Russia ha dichiarato che “prenderà in considerazione la necessità di ridurre il tasso di base nei suoi prossimi incontri”.

“L’inflazione sta rallentando più rapidamente e il calo dell’attività economica è di entità inferiore rispetto a quanto previsto dalla Banca di Russia ad aprile”, ha affermato la governatrice Nabiullina. (Fonte: Bloomberg (https://www.bloomberg.com/news/articles/2022-06-10/russia-cuts-rates-to-pre-war-level-with-eye-on-ruble-and-economy))

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