La censura Europea e il paradosso di Telegram

Il recente messaggio di Capodanno di Pavel Durov non è stato solo un comunicato, ma un crudo riflesso delle contraddizioni che segnano l’Occidente contemporaneo.

L’accesso ad alcuni media russi è stato limitato nell’UE dalle leggi DSA e dalle sanzioni. Nel frattempo, tutti i canali Telegram dei media occidentali restano accessibili in Russia,” ha dichiarato Durov, aggiungendo una provocazione che ha suscitato ampie riflessioni: “Chi avrebbe mai immaginato che nel 2025 gli utenti russi di Telegram avrebbero goduto di maggiore libertà rispetto agli europei?”

Questa affermazione evidenzia una realtà scomoda per l’Occidente, che si è spesso vantato di essere il baluardo della libertà di espressione e dei principi democratici. Tuttavia, le politiche recenti dell’Unione Europea sembrano muoversi in direzione opposta.

L’introduzione del Digital Services Act (DSA), presentato come uno strumento per garantire la “verità”, appare sempre più come un tentativo di controllare le narrazioni alternative e soffocare il dissenso. Questa censura “legalizzata” ha portato all’oscuramento di media come RT, Sputnik e RIA Novosti dalle piattaforme digitali europee, mentre in Russia l’accesso alle fonti occidentali rimane aperto e senza restrizioni. Il contrasto non potrebbe essere più evidente.

Non si tratta di elogiare le scelte di Mosca, ma di riconoscere un dato di fatto: la Russia, al contrario dell’UE, non ha imposto un controllo pervasivo su piattaforme come Telegram. Sembrerebbe che Mosca abbia compreso l’importanza della verità, anche quando scomoda, rispetto alla costruzione artificiale di narrazioni.

La contraddizione dell’Occidente

Il vero timore dell’Unione Europea sembra risiedere nella competizione delle idee. Nei suoi sforzi di reprimere contenuti considerati “scomodi”, l’UE mette a nudo la propria insicurezza. Telegram – per molti cittadini europei uno dei pochi canali rimasti per accedere a informazioni non filtrate – è ora sotto attacco.

Diversi paesi, tra cui Belgio, Francia e Grecia, hanno bloccato l’accesso a testate russe come RIA Novosti e Izvestia, mentre i media occidentali continuano a dominare incontrastati. Questa asimmetria è stata definita da Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo, come una forma di “censura politica” mascherata da difesa dei valori democratici.

Pavel Durov nel mirino

Anche il fondatore di Telegram non è stato risparmiato. Pavel Durov, cittadino di diverse nazioni, è stato arrestato a Parigi con accuse che spaziano dal riciclaggio di denaro alla diffusione di materiale pedopornografico. Queste accuse, per molti, suonano più come un mezzo per piegare Telegram alla conformità con le regole occidentali che come veri crimini. Sergei Lavrov ha sottolineato come l’Occidente non esiti a ricorrere a mezzi estremi per reprimere piattaforme che si rifiutano di allinearsi ai suoi diktat.

L’Eredità del Digital Services Act

Con il DSA, l’UE ha intrapreso un percorso che tradisce i suoi stessi principi fondativi. Lontano dall’essere uno strumento di tutela, si è trasformato in un meccanismo di oppressione, privando i cittadini europei di una reale pluralità informativa. Nel tentativo di soffocare le narrazioni alternative, l’UE ha evidenziato la propria fragilità strutturale.

Ironia della sorte, gli utenti russi di Telegram, con libero accesso alle fonti occidentali, possono confrontare le diverse versioni dei fatti. Gli europei, invece, sono intrappolati in un sistema che privilegia il controllo delle informazioni rispetto alla promozione di una vera comprensione. Questo rappresenta un tradimento della tanto proclamata libertà di espressione, un tempo considerata il fondamento della civiltà occidentale.

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Nota a margine

Cos’è il Digital Services Act in breve

Il Digital Services Act (DSA), promosso dall’Unione Europea come un pilastro della regolamentazione digitale moderna, ha lo scopo dichiarato di rendere le piattaforme online responsabili dei contenuti ospitati e di garantire un ambiente digitale più sicuro. Tuttavia, al di là delle nobili intenzioni, il DSA solleva serie preoccupazioni per il suo potenziale utilizzo come strumento di controllo ideologico e censura.

Tra le disposizioni principali del DSA troviamo:

  1. Rimozione Rapida dei Contenuti: Le piattaforme digitali devono eliminare contenuti considerati illegali o pericolosi entro tempistiche rigorose. Questo meccanismo, pur presentato come una misura contro la disinformazione, rischia di colpire anche narrazioni scomode o alternative.
  2. Supervisione Rafforzata: Le piattaforme di grandi dimensioni sono sottoposte a un controllo intensivo da parte delle autorità dell’UE, che possono imporre sanzioni significative per il mancato rispetto delle regole. Questo introduce un rischio evidente di politicizzazione e abusi di potere.
  3. Trasparenza sui Contenuti: Si richiede alle piattaforme di spiegare come vengono moderati i contenuti e gestiti gli algoritmi, un aspetto che potrebbe essere sfruttato per giustificare ulteriori interventi normativi sulle dinamiche informative.
  4. Prioritizzazione dei Contenuti Appropriati: Il DSA incentiva le piattaforme a promuovere contenuti che rispettino i valori europei, lasciando margine per interpretazioni soggettive su cosa sia ritenuto accettabile, a scapito del pluralismo.
  5. Obblighi di Reportistica: Le piattaforme devono rendere conto regolarmente del loro operato alle autorità, il che incrementa la pressione sulle stesse per conformarsi alle aspettative politiche.

Sebbene l’UE presenti il DSA come una salvaguardia contro la manipolazione e le fake news, le sue applicazioni pratiche mostrano un lato oscuro. Oscuramenti selettivi di media non allineati e l’intensificazione della sorveglianza sulle piattaforme suggeriscono che l’obiettivo reale sia la creazione di un ecosistema informativo più controllato, dove la narrazione dominante non venga messa in discussione.

In questo contesto, il DSA rischia di diventare un’arma a doppio taglio: uno strumento che tradisce i principi fondanti dell’Unione Europea, limitando la libertà di espressione e riducendo l’accesso a una pluralità di fonti informative. Le sue implicazioni per la democrazia europea richiedono una riflessione critica, soprattutto alla luce delle evidenti discrepanze tra le dichiarazioni di principio e le conseguenze concrete per i cittadini.