La nostra presunta diversità su cosa si poggia? Ed in cosa crediamo? Cosa stiamo costruendo? In cosa ci differenziamo dalla Cina? Per i diritti umani, molti risponderanno. Ma la Cina non ha scatenato la 2^ guerra mondiale e le guerre in corso. La Cina non ha mai guardato oltre la grande muraglia. Salvo in epoca di globalizzazione che noi (occidente) abbiamo voluto per massimizzare i guadagni.
L’idea era sfruttare le merci prodotte sottocosto dai paesi come la Cina per lucrare sempre di più. Ma i cinesi hanno capito ed hanno fatto la loro industrializzazione, non stando fermi. E molto più in fretta di noi. Certo: prima hanno copiato, poi la musica è cambiata. Ed ora che parlano la nostra stessa lingua, la nostra risposta qual’è? I diritti umani, Hong Kong che reclama la sua libertà. Ma ci vediamo!? Vediamo il nostro passato? Vediamo le nostre società decadenti? Vediamo la nostra aggressività e la sete di profitto?
Meglio non parlarne, conosciamo solo il confronto militare, l’intrigo. Rimangono le libere elezioni ma sempre più spesso le campagne elettorali si fanno a colpi di magistratura e l’incriminazione delle avversari collusi immancabilmente con i russi. Certo reclamiamo e auspichiamo il dialogo, come una bandiera. Ma il dialogo non è possibile in crisi di identità, se si è in crisi di contenuti.
Così rimangono le armi e le sanzioni, i dazi. Ognuno per la propria strada, anzi no: la Cina ha trovato una strada verso l’Europa , tramite la Polonia.
patrizio ricci by @vietatoparlare
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Quel treno polacco che porta i cinesi sul Baltico
Solo la nostra infinita distrazione, pressata dalla proliferazione del futile purché sia trendy, può averci condotto a trascurare un piccolo evento che si è consumato nel profondo nord dell’Europa solo alcuni giorni fa e che per fortuna ha avuto un qualche testimone: la cerimonia di inaugurazione del primo Euro-China Train (ECT) che ha come terminale il porto di Gdansk, infrastruttura polacca che si affaccia romanticamente sul Baltico.
L’arrivo del treno cinese sul Baltico, mare che ha alle spalle una lunga tradizione di commercio e lotte regionali per il suo controllo, è una di quelle storie che dovrebbe campeggiare in evidenza nella ormai infinita sequela di cronache che la hybris globalizzante dei cinesi sta scrivendo sulle coste della penisola europea. Ma l’opinione pubblica europea si è contentata di notare lo sbarco dei cinesi in Grecia, ai tempi dell’acquisizione del porto del Pireo, divenuto poco dopo un gioiello della logistica portuale. E poi si è distratta. Dando per acquisita la volontà di connettersi sempre più alla penisola europea, si trascura però di osservare come queste connessioni sorgano ormai sempre più frequentemente. Col risultato che vivremo gli esiti senza aver neanche capito come siano arrivati.
Sicché il nuovo collegamento ECT è finito sulle cronache meno appariscenti, e tuttavia sostanziali per chi si occupa di queste storie per la semplice ragione che tiene una contabilità. E adempiendo alla loro routine questi soggetti si sono accorti di una semplice caratteristica: un viaggio in treno dalla Cina alla Polonia, ossia il cuore delle catene globali di produzioni che trovano in Germania l’anello di partenza, dura una dozzina di giorni a fronte del mese e mezzo circa che impiega una nave. E tanto basta perché la cosa diventi improvvisamente interessante.
La nuova tratta, che avrà una cadenza settimanale a partire dal prossimo gennaio, nasce dalla collaborazione fra l’autorità portuale di Gdansk, DCT Gdansk terminal container, di recente acquistato dalla PSA international di Singapore, gruppo globale di operatori portuali, e Adampol, gruppo polacco che è l’operatore logistico e l’amministratore del percorso. Gli animatori del progetto sono convinti che il treno cinese avrà un notevole effetto sugli scambi fra la Cina e la penisola scandinava, oltre che con la Gran Bretagna, essendo la spedizione verso il porto polacco anche competitiva rispetto al trasporto verso il porto di Amburgo.
Gli operatori polacchi sono convinti che la loro iniziativa trasformerà il porto di Gdansk nel terminale principale del Baltico. E d’altronde non ci avrebbero investito se non lo credessero veramente. A noi osservatori basta sottolineare che la Cina, tramite la Polonia, ha un nuovo collegamento in Europa che insiste su un mare assolutamente strategico della penisola europa. Un collegamento terrestre che i polacchi si sono affrettati a definire un “Belt and Road rail link”. Con ciò confermando che la BRI cinese ormai è divenuta sostanzialmente un marchio. Uno dei marchi della globalizzazione che verrà.
fonte: The walking debt
Un altro tassello della Nuova via della seta
Il progetto è però strategico anche per la Belt and Road Initiative di Pechino, che mira a unire la Cina via mare o via terra all’Asia sud-orientale e centrale, al Medio Oriente, all’Europa e all’Africa: si potrebbe collegare infatti a Rail Baltica importante arteria ad alta velocità, finanziata in gran parte dalla Ue e destinata a unire Paesi Baltici e Polonia, integrando le tre repubbliche nella rete ferroviaria europea (la data prevista per il completamento di questo progetto, avviato nel 2010, è il 2026).