dal blog di Leonardo Lugaresi
Il 9 settembre scorso, con il Motu proprio «Magnum principium» papa Francesco ha in sostanza deciso, agendo in netta discontinuità rispetto al suo predecessore, di attribuire alle conferenze episcopali e non più alla Congregazione per il culto e i sacramenti la responsabilità sulle traduzioni dei testi liturgici nelle diverse lingue nazionali.
Il prefetto della congregazione, cardinale Sarah, che a quando pare non ha preso parte alla preparazione del provvedimento e ritiene, come Benedetto XVI, che tale responsabilità dovrebbe rimanere in capo al dicastero che presiede, il 30 settembre ha inviato al papa una lettera, in forma di commentaire al testo di «Magnum principium», proponendone un’interpretazione restrittiva, in sostanziale conformità con la disciplina precedente. La lettera del cardinale è stata divulgata sulla rete, in particolare dalla Nuova bussola quotidiana. Si può leggere qui: http://lanuovabq.it/it/traduzioni-nella-liturgia-istruzioni-per-luso .
Con grande rapidità, il papa, nella giornata del 15 ottobre, ha pubblicamente inviato al cardinale una lettera in cui corregge la sua interpretazione e ribadisce inequivocabilmente che le nuove norme cambiano decisamente la prassi seguita finora.
Fin qui, niente da dire. Si può naturalmente pensare che sarebbe stato meglio fare come vorrebbero Benedetto XVI e il cardinale Sarah, ma il papa è Francesco e spetta a lui decidere. Anzi, si potrebbe addirittura apprezzare che in questo caso sia stata fatta chiarezza così tempestivamente.
Purtroppo la lettera – il cui testo integrale si può leggere qui: http://lanuovabq.it/storage/docs/lettera-papa.pdf – contiene un ultimo capoverso che, a mio modesto avviso, sarebbe stato assai meglio che non ci fosse stato: «Infine, Eminenza, ribadisco il mio fraterno ringraziamento per il suo impegno e constatando che la nota “Commentaire” è stata pubblicata su alcuni siti web, ed erroneamente attribuita alla sua persona, Le chiedo cortesemente di provvedere alla divulgazione di questa mia risposta sugli stessi siti nonché l’invio della stessa a tutte le Conferenze Episcopali, ai Membri e ai Consultori di codesto Dicastero».
Qui la logica deraglia. Se la nota «pubblicata su alcuni siti web» è stata da questi «erroneamente attribuita alla persona» del cardinale, in italiano ciò vuol dire che in verità quella nota non è sua, non l’ha scritta lui ma è apocrifa! Questo è l’unico significato possibile della frase, ed è ovviamente privo di senso, nel contesto della lettera del papa.
Forse l’estensore o gli estensori della lettera – che non è evidentemente di pugno del papa, dato anche il carattere “tecnico” del suo contenuto – volevano dire un’altra cosa, cioè che quei siti web hanno abusivamente attribuito al cardinale l’iniziativa di pubblicare la lettera mentre invece l’hanno fatto a sua insaputa. Ma se questo era il loro pensiero, perché mai chiedere al cardinale di farsi carico lui personalmente del compito di divulgare la risposta «sugli stessi siti»? Una cosa senza precedenti nella comunicazione della Santa Sede e che, ad essere franchi, non sta né in cielo né in terra.
O forse gli estensori della lettera volevano significare esattamente il contrario di quello che avrebbero voluto scrivere (senza riuscirci, peraltro), cioè volevano accusare il cardinale, facendo finta di dire il contrario, di essere stato lui a divulgare la sua lettera sui siti web e perciò imporgli la “penitenza” di spedire lui stesso la smentita papale? Ma, se così fosse, sarebbe bello questo “parlare con doppiezza” in una lettera del papa – e di un papa che tanto spesso esalta la franchezza nel parlare – ad un suo cardinale?
In ogni caso, quello che pare innegabile, in questa infelice chiusa, è l’intento di umiliare il cardinale Sarah. Il che è sicuramente un bene spirituale per lui, come dice il salmo (118, 71: “bene per me se sono stato umiliato”), ma forse lo è assai meno per chi ha inteso umiliarlo.