Ho assistito ieri ad un incontro con la giornalista RAI Goracci (inviata di guerra ad Aleppo e poi a Mosul) al Meeting di Rimini. La giornalista ha parlato soprattutto dell’Iraq ed è ‘andato tutto bene’ perché ha riportato correttamente gli avvenimenti. Ma il racconto è stato obiettivo solo finché non ha parlato dell’altra guerra indissolubilmente legata a quella irachena, quella siriana.
Sì, perché quando ha accennato a descrivere il contesto della guerra siriana, è riemersa la sua preclusione assoluta verso Assad e il mantra dell’individuare nella repressione governativa dei moti di piazza, la chiave di lettura del perchè del proseguimento della guerra siriana.
Infatti non appena ha fatto un accenno alla guerra di Siria – che la stessa quale inviata di guerra ad Aleppo, ha sempre trattato con i suoi servizi in maniera faziosa ed allineata ai media mainstream – ha riabbracciato questa sua vecchia narrativa sul conflitto siriano.
In particolare, mi ha colpito come ancora oggi ella ritenga che quella siriana sia stata una primavera araba e non il tentativo di disgregazione del mondo arabo.
In particolare, per quando riguarda la Siria, sebbene il malumore in taluni strati della società esistesse e ci sono state repressioni nei mesi iniziali, è anche vero che già a novembre Assad aveva accettato TOTALMENTE il piano della Lega Araba che abbracciava TUTTE le richieste dell’opposizione. Questo piano però non fu accettato (così come non lo furono le iniziative a seguire) e la guerra continuò dietro il ‘fiero’ strombazzamento e la partecipazione attiva delle potenze occidentali che tanto hanno aiutato le ‘primavere’ dei paesi arabi laici (generalmente tramite i fratelli musulmani) ma mai quelle delle monarchie del Golfo puntualmente represse nel sangue.
Ma non è tutto la Goracci ha anche giustificato la trasformazione dell’insurrezione in rivolta jihadista per effetto della ‘repressione di Assad’ e non come l’effetto di una strategia precedentemente pianificata. Ma la semplice cronaca di quei giorni – addirittura quella del mese successivo ai primi moti di piazza – ci da un resoconto del tutto differente. Lo stesso Kofi Anan – allora inviato dell’Onu in Siria – descrisse in questo modo la situazione: «Si è insediata in Siria una forza terroristica, ostile a ogni mediazione».
Era novembre 2012. Fallito il tentativo di reiterare la ‘manovra’ libica, fu messo in atto un altro piano, cioè la costituzione di un gruppo ristretto di stati formato dai maggiori ‘supporter’ dell’opposizione armata: ‘gli amici della Siria’. Così i mentre le potenze mondiali pianificavano e supportavano attivamente la nuova spartizione del Medioriente, i siriani da allora fino all’intervento russo hanno visto solo le condizioni di vita degradare, le loro case distrutte, la perdita del lavoro, gli omicidi settari, i bombardamenti, il blocco delle attività produttive, lo smantellamento delle fabbriche, i rapimenti a scopo di riscatto, gli stupri, la cacciata dei cristiani dalle proprie abitazioni, la devastazione dei luoghi di culto, le decapitazioni, gli attentati, l’instaurazione della sharìa nelle zone occupate dai ribelli.
Una realtà ben diversa da quella descritta finora da Lucia Goracci che ora assumerà l’incarico di responsabile dell’informazione Rai in medioriente (dalla sede di Instanbul).
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[su_quote style=”wood”]dal libro ‘Obiettivo Siria’ di Toni Cartalucci e Nile Bowie:
Nel corso di un’intervista, rilasciata il 2 marzo del 2007 a Amy Goodman, il generale americano Wesley Clark ha spiegato che l’amministrazione Bush aveva programmato di “far fuori” sette Paesi in cinque anni: Iraq, Siria, Libano, Somalia, Sudan, Iran e Libia. (…)
Sino a oggi, la “rivoluzione” siriana è stata una copia carbone della maggior parte dei “cambi di regime” incoraggiati dalla CIA negli ultimi sessant’anni: mercenari e “squadroni della morte” importati nel Paese per “accendere la miccia”, seguiti da una campagna di bombardamenti al momento opportuno. Questo è esattamente ciò che è accaduto in Libia, con britannici, americani e israeliani che hanno coordinato le loro risorse e condiviso le dotazioni costituite dai gruppi di combattenti di Al Qaeda reclutati nel corso degli anni.[/su_quote]
(…)
[su_quote style=”wood”]Dallarticolo in francese: ‘La scomparsa del popolo siriano‘ :
Per evitare imbarazzanti verità, i media americani (ma anche in nostri NDR) tendono a sopportare qualsiasi responsabilità del conflitto sul governo siriano, così hanno opportunamente forgiato la storia di una guerra unilaterale tra la caricatura di un regime diabolico che si diverte a uccidere i bambini ed un team di combattenti per la libertà in stracci che sono stati costretti a prendere le armi per proteggere i civili siriani.
Assad è sempre ritratto come una figura male senza eguali e senza alcuna capacità razionale – un “animale”, come lo chiama Donald Trump – anche se le atrocità commesse dai suoi nemici, sostenuti dall’Occidente, (…) vengono ignorati e sbiancate.
Bashar al-Assad è il grande male, il “despota orientale” per utilizzare l’analisi Vijay Prashad. Come Kim Jong-un o Saddam Hussein, l’immaginazione occidentale si compiace di vedere in queste figure sadiche puri, nemici assoluti, privo di moralità e della logica impenetrabile; Insomma, sono disumane. La migliore prova della barbarie di Bashar al-Assad è riassunta dalla seguente argomentazione: egli bombarda il suo popolo![/su_quote]
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