Ucraina – Urge una osservazione non ideologica della realtà, il caso Thomas Röper

Il giornalista tedesco Thomas Röper in un video afferma che gli abitanti di Melitopol (Ucraina) chiedono ai soldati russi di non partire: temono le rappresaglie delle forze ucraine. Questa notizia è stata diffusa nei social e ripresa anche da Reddit, twitter, telegram etc.

I commenti al video su reddit  sono per la maggior parte, negativi (e spesso anche irridenti).

La vicenda credo meriti un approfondimento:

Innanzitutto chi è Thomas Röper?  È un giornalista e scrittore che vive a San Pietroburgo dal 1999 e che cura il blog Anti- Spiegel, che è stato creato in contrapposizione con il giornale tedesco Spiegel.

Vive in Russia: ciò è bastato per screditarlo. Allora, adottando lo stesso criterio, anche la controparte sarebbe altrettanto non credibile. Ma si riconosca almeno che – vista la sproporzione di forze dispiegate negli opposti schieramenti in campo informativo -, quella di Roper non è stata una “scelta di successo“.

In genere, sulle vicende ucraine i media mainstream hanno la loro narrativa che obbedisce alle scelte governative, allo scopo di procurare consenso.
Lo schema è quello dei due steccati contrapposti (come se la verità oggettiva fosse obbligata a rispettare gli steccati). Allora, esistendo una verità dei fatti oggettiva, perché mai dovremmo attenerci al punto di vista mainstream, quando le loro linee editoriali hanno notoriamente solo il compito di sostenere scelte unilaterali?

La risposta è semplice: non dovremmo. Sarebbe importante e doveroso sentire tutte le voci e sviluppare un giudizio originalmente autonomo che tenga conto di tutti i fattori in gioco.

Perciò nel caso di Thomas Röper  ciò che è da fare è:
1) prendere atto delle sue affermazioni;
2) verificare.

In merito alla verifica, la prima evidenza è che Thomas Röper è stato effettivamente in zona di guerra. Inoltre, lo vedrete nel seguente video in cui racconta come in Germania avevano usato le sue foto per la propaganda Ucraina (ovvero l’opposto di ciò che indicavano).  Questo è molto significativo.

Röper ha pubblicato interviste in cui prova ciò che dice. Le stesse sono anche plausibili, perché la località ucraina di Melitopol è un insediamento con forte presenza di popolazione russofona. Poi ci sono anche una serie di considerazioni oggettive fattuali che spiegano questi eventi.

 

Per contro, come appare nel tread Reddit, le critiche hanno anticipato qualsiasi verifica.

In definitiva cosa si evidenzia in questa vicenda? Che la spiegazione di tutto non sta sempre nella “collocazione” dell’interlocutore ma soprattutto nella necessità da parte della pubblica informazione di realizzare sevizi giornalistici con un certo ‘taglio’ (molto visibile anche nella scelta della semantica dei termini).

Questo uno dei suoi contributi:

Impermeabilità…

Thomas Röper ha intervistato gli abitanti di Melitopol e Volnovakha: “Non ho sentito alcuna lamentela sui soldati russi. Tutti i residenti hanno affermato che sono educati, disponibili, a differenza di Ucraini che hanno derubato, saccheggiato, sparato a civili e sparato a civili e infrastrutture civili prima della loro ritirata”.

Ciò corrisponde alla maggioranza dei contributi giornalistici girati nella zona del Donbass – prima sotto controllo delle forze ucraine -, che generalmente riportano di residenti i quali stigmatizzano il comportamento delle forze ucraine (e, in particolar modo, quelle di ispirazione nazista).

Su questo dato, i media mainstream non riescono o non vogliono trarre conclusioni. Tale impermeabilità, fa sì che la loro lettura degli eventi sia artificiosa.

Abbiamo due facce della stessa medaglia: un lato mostra una guerra civile ucraina e, l’altro una guerra non dichiarata tra Russia e occidente che ha origine soprattutto nella sete di dominio e potere.

Quindi riportare solo una guerra di aggressione, come se le violenze interne dovute a squilibri non esistessero, è una menzogna e una riduzione strumentale della realtà.

Ci troviamo davanti a una sorta di riedizione di metaverso di facebook: non volendo riconoscere la totalità dei fattori che compongono la realtà, non si fa altro che condannare gli indifesi a subire aprioristicamente la violenza delle forze statali perché queste ultime si troverebbero dal lato giusto dalla storia.

Sappiamo che questo non è vero perché non è lo schieramento di appartenenza che determina il male che può fare.

La chiave di lettura è data dalla realtà stessa

Con una siffatta informazione e semplificazione della realtà, non dobbiamo meravigliarci se ci sentiamo confusi.

La confusione essenzialmente deriva da una rimozione del centro della storia e della vita di ognuno: come ho sentito dire recentemente da un padre benedettino, “Cristo ha pacificato con il suo sangue il cielo e la terra. Ma questa ricomposizione dell’universo deve avere inizio da ognuno di noi, dalla cucina di Marta…”.

Sento molto vere queste parole: se non abbracciamo il quotidiano e, non stimiamo quindi la verità che ci si comunica, come mistero della vita – continuamente da interrogare con umiltà – che speranza avremo di operare per la pace e come potremo dirci realmente che amiamo la giustizia?

Invece “…se nell’incontro si reagisce alla sua attrattiva, ciò fa decidere di restare con Cristo, passo dopo passo e tutta la vita diventa una carovana di gesti esperienze che si raccolgono dietro a Cristo”.

In definitiva, “… la nostra libertà corrisponde alla libertà di Dio, e persino se Lazzaro si sta decomponendo da tre giorni, tutto non è che la riproposta alla nostra libertà, alla liberta di Cristo Resurrezione e Vita …“, conclude il padre benedettino.

Specialmente di fronte a passaggi della storia così drammatici, illudersi di vivere come sempre e non lavorare per la propria autocoscienza, è solo una illusione che apre al peggio.

VP News

 

 

 

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