La colpa è degli italiani o dei governi che hanno contratto il debito pubblico? Perché il popolo deve pagare per gli errori degli altri, dato che per gravità uno Stato assente ha deciso di delegare sempre qualcun altro grazie alla benevolenza della UE e della politica di facciata?
Quando le leggi funzionano si mandano in galera gli imprenditori e i contabili che portano alla bancarotta o si cacciano i governanti che gestiscono male la spesa pubblica e la cosa pubblica. A cosa serve l’azione della Guardia di Finanza se la stessa è finanziata dal Governo di turno che ruba dalle nostre tasche qualunque sia la maggioranza in Parlamento?
La Costituzione Italiana non esiste più, ora abbiamo la Costituzione Europea a sostegno della moneta unica.
L’articolo 75 della Costituzione, infatti, vieta espressamente di svolgere un referendum che abbia come oggetto i trattati internazionali. E visto che l’ingresso nell’Europa è stato decretato proprio con un accordo tra gli Stati, la legge italiana rende vano ogni appello al voto riguardo un ipotetico “Ital-exit”. ”
“E’ indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge – si legge nella Costituzione – quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”.
Qualcuno ha provato a chiedere al governo di indire una consultazione “di indirizzo”, facendo leva su un caso che risale al 1989, quando gli italiani furono chiamati al voto per un referendum consultivo sul “mandato costituente al Parlamento Ue”. Ma anche questa è una strada difficilmente percorribile. La Costituzione infatti non lo prevede e nel 1989 il Parlamento adottò una legge costituzionale a larga maggioranza per permettere la consultazione popolare. Lo stesso dovrebbe ripetersi oggi, ma visto il livello di litigiosità in Aula, l’ipotesi è probabilmente da scartare.
Anche nel caso in cui i cittadini presentassero una proposta di legge popolare per indire il referendum, servirebbe comunque una maggioranza politica che la portasse fino in fondo al lungo percorso di approvazione. E sono molte le leggi di iniziativa popolare ancora intrappolate nella melma della burocrazia politica e parlamentare.
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