Oggi è Halloween, il giorno delle zucche. Propongo quindi questo lancio di un’agenzia di stampa.
«La vendita delle zucche nella settimana precedente la notte di Halloween è quasi triplicata rispetto alla media del mese di ottobre a conferma dell’attenzione crescente nei confronti della festa arrivata dal Nord America. È quanto stima la Coldiretti. Dalla padella all’intaglio per realizzare il caratteristico simbolo delle streghe, anche in Italia si è registrata una corsa all’acquisto dell’ortaggio più grande del mondo. La produzione nazionale è in forte crescita. Significativo l’aumento di zucche non per uso alimentare: si tratta di zucche di ogni tipo, che si differenziano per le dimensioni (di piccola taglia oppure enormi) e per la forma (allungate, a forma di tubo, a trombetta, a cappello, schiacciate, a spirale, tonde). È indubbio che l’affermarsi della notte delle streghe ha aperto il nuovo mercato delle zucche».
In effetti chiunque lo può confermare: di zucche se ne vedono tante in questi giorni. Oltre a quelle a forma di tubo e a trombetta, direi che è notevole la presenza di quelle vuote.
Chi le ha svuotate? E perché?
La risposta non è facile. Quel che è certo è che ci sono voluti anni e anni di impegno, di costante applicazione. Il risultato però a questo punto sembra garantito: la zucca vuota è presente ovunque, e ovunque si segnala per il suo protagonismo.
Tipico della zucca vuota è il non voler essere riempita, se non da correnti d’aria alimentate sapientemente da appositi produttori di correnti d’aria per zucche vuote.
La zucca vuota in genere va fiera della sua vuotaggine e se ne compiace. Di qui l’ossequio alle mode, specie a quelle più strambe, preferibilmente di matrice anglosassone.
La zucca vuota si differenzia da quella a tubo e da quella a trombetta perché ama mostrarsi in compagnia di altre zucche vuote. Le occasioni di incontro, del resto, sono molteplici. Gli stessi produttori di correnti d’aria per zucche vuote sono anche molto attivi nell’organizzare iniziative atte a mettere in comunicazione le zucche vuote medesime, così che esse possano manifestare ancor meglio, e in modo ancor più deciso, la propria, incommensurabile vuotaggine.
La zucca vuota non è sempre tale fin dall’origine. Certamente ci sono zucche vuote DOC, che nascono così grazie a un processo di selezione. Altre però, pur nascendo solo parzialmente vuote, diventano completamente vuote col tempo, in virtù di tecniche che ai nostri giorni hanno raggiunto particolare sofisticazione ed efficacia.
Gli organismi atti allo svuotamento delle zucche fanno uso di svariati strumenti: il web è senz’altro tra i più importanti, ma non si possono dimenticare il cinema e la televisione.
Gli esperti del ramo spiegano che tra le zucche vuote di più recente produzione se ne segnalano alcune che possono essere considerate autentici miracoli della biodiversità. È il caso, pare, di una cucurbitacea che inizialmente cresce assomigliante a un comune cetriolo, ma col passare del tempo diventa una vera e propria zucca, indiscutibilmente vuota.
Quanto alla nostra domanda iniziale (chi ha svuotato le zucche e perché) esistono numerose teorie, ma ora non è certamente il caso di tediare il lettore con un trattato specialistico. Basti dire che il progetto, almeno nelle sue linee essenziali, parte da molto lontano. Evitare che la zucca vuota si ponga domande è un passo imprescindibile. Occorre poi che essa maturi lentamente in luoghi atti a mantenere la vuotaggine. Luoghi dai quali dovranno essere eliminati tutti quegli agenti (in primis sotto forma di libri) in grado di produrre, sia pure in via incidentale, concetti, considerazioni e giudizi autonomi, non inclini a seguire il dettato delle mode.
A conferma del fatto che la produzione di zucche vuote ha ormai raggiunto livelli altamente qualificati sotto il profilo tecnologico, ecco un’altra notizia di oggi: «In tempo per Halloween arriva Shelley, il primo sistema di intelligenza artificiale specializzato nell’inventare storie dell’orrore».
Di che cosa si tratta? In sostanza è un assemblatore elettronico di storie dell’orrore. Ma leggiamo il lancio di agenzia: «Shelley si è preparato leggendo oltre 140 mila racconti horror e vive su Twitter, dove propone l’inizio di una nuova storia per scriverla insieme agli umani, a colpi di centoquaranta caratteri. Chiamato così in onore della scrittrice Mary Shelley che inventò Frankenstein, Shelley ogni ora, ogni giorno, annuncia su Twitter una nuova storia horror e invita le persone a continuarla. Basato su un algoritmo di apprendimento on line, Shelley impara dalle risposte del pubblico e così scrive racconti horror sempre più spaventosi ma anche divertenti».
Ecco: il regno della zucca vuota è questo, un mondo nel quale prevale tutto ciò che è «spaventoso ma anche divertente».
La zucca vuota tuttavia non ignora i problemi legati alla salute, come conferma quest’altra notizia: Titolo: «Dolcetto o scherzetto a prova di bimbi. Halloween in salute. Un vademecum per evitare brutte sorprese». E qui il testo: «Dolcetto o scherzetto? Il ritornello che accompagna la notte di Halloween sembra essere diventato un appuntamento imperdibile per i più piccoli, anche nel nostro paese. Mascherati da vampiri, mostri e streghe, soprattutto i bambini delle elementari si godono la scorpacciata di dolci, ma i genitori vogliono star sicuri: come evitare il mal di pancia? E l’esperto risponde: “Sì al dolcetto, ma meglio se fatto in casa. L’ideale è una bella crostata”. Occhio poi a costumi e trucchi, specie se il bambino è allergico. Il rischio è anche quello di far indossare al bambino un costume infiammabile. Attenzione infine ai dolcetti a rischio soffocamento, come caramelle e gomme da masticare».
Come si vede, la zucca, pur vuota, coltiva l’attenzione per il benessere. Anzi, tanto più è vuota quanto più lo coltiva. Di qui la giuste preoccupazioni per la salute dei pargoli. I quali, sotto le sembianze di mostri orrendi, procacciatori di morte e spavento, devono comunque restare immuni da ogni pericolo. Che poi ci sia anche un’anima da mettere al riparo, beh, questo per la zucca vuota è problema che non si pone. L’importante è mescolare orrore e divertimento, in modo che non ci sia più confine alcuno.
Ma torniamo alle cose concrete. E concludiamo con quest’altro lancio di agenzia: «Per chi è ancora indeciso su dove trascorrere la notte più spaventosa dell’anno, ecco le case con storie da brivido». Apprendiamo così che in Italia si trova una casa «che sembra essere ancora abitata dallo spirito di una giovane donna del Quattrocento, imprigionata nella torre mentre aspetta il ritorno del suo amato». Per chi ha qualche disponibilità economica in più, è possibile poi volare in Louisiana, a New Orleans, dove c’è una casa con «lo spettro di una ragazza con il vestito giallo e lunghi capelli neri». E poi «paura assicurata anche a Gettysburg, in Pennsylvania, dove un tempo sorgeva un ricovero e ora c’è una fattoria infestata dagli spiriti dei soldati della guerra civile». Ma non finisce qui: tra le case col brivido «c’è anche un appartamento costruito oltre seicento anni fa a York, nel Regno Unito, dove gli inquilini sono soliti udire tonfi nel cuore della notte e dove si dice dimorasse un maestro pazzo, che lasciava morire i piccoli orfani che gli erano stati affidati e ne nascondeva i cadaveri».
Molto bene. La globalizzazione della zucca vuota è fenomeno ormai irreversibile. Non resta dunque che attendere il momento del grande sabba. Ignorando i patetici allarmi di coloro secondo i quali in questo modo si spalancano le porte al demoniaco.
Resta un dubbio: meglio morire di paura ridendo o morire dal ridere impaurendosi?
A un algoritmo l’ardua sentenza.
Aldo Maria Valli
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