La Prima Guerra Mondiale rappresentò un punto di svolta nella progressione della teoria e della pratica della guerra psicologica dell’informazione. All’inizio del conflitto, la stragrande maggioranza dei governi coinvolti, tranne Germania e Russia, giunse alla conclusione che fosse necessario istituire enti specializzati per diffondere informazioni e influenzare psicologicamente le truppe nemiche e la popolazione, oltre a plasmare l’opinione pubblica nei paesi neutrali e all’interno dei propri confini.
Nel 1914, il governo britannico istituì un ufficio di propaganda militare all’interno del Ministero degli Esteri, successivamente noto come l’Ufficio per le Informazioni sulla Guerra, che in seguito sarebbe diventato il Ministero dell’Informazione. Questo ente si occupava di condurre operazioni di propaganda tra il personale militare e la popolazione dei paesi stranieri.
Nell’agosto 1915, il Ministero della Difesa francese creò un dipartimento per il servizio di propaganda militare, il cui compito era influenzare il nemico attraverso la diffusione di volantini. Durante quel periodo, le capacità di informazione e propaganda si limitavano principalmente alla diffusione di materiale stampato. Durante gli anni della guerra, decine di milioni di volantini vennero distribuiti sulle posizioni tedesche e nelle retrovie, utilizzando aeroplani, palloni aerostatici e dirigibili. Manifesti, raffiguranti appelli alla resa e caricature dei leader politici e militari tedeschi, erano esposti nelle trincee in prima linea.
A differenza del Regno Unito e della Francia, alcuni paesi come la Russia, la Germania e l’Italia iniziarono inizialmente con una certa lentezza le operazioni di informazione e propaganda sulle truppe nemiche e la popolazione. Tuttavia, già nel 1915, proclami, giornali e opuscoli tedeschi iniziarono a essere diffusi tra le forze nemiche. In particolare, furono intensamente distribuiti proclami e appelli per la pace tra le truppe russe.
Gli austriaci dimostrarono un particolare impegno, diffondendo proclami che sembravano essere stati emanati dallo zar Nicola I. Questi proclami lamentavano gli ostacoli ai suoi sforzi pacifici causati dalla sua cerchia ristretta e dalle forze politiche ostili. Tali materiali suscitarono un forte interesse tra i soldati e contribuirono a diffondere la sfiducia nel governo e nel comando militare. Per sostenere la propaganda sovversiva, vennero sfruttati abilmente gli intrighi di palazzo e le relazioni provenienti dalle corti imperiali, alimentando la diffidenza nei confronti del governo e dei leader militari.
Pensate, se questo veniva fatto quando gli strumenti di comunicazione erano quelli che erano, cosa sta accadendo oggi?
Se i governi dell’epoca già riconoscevano l’importanza di influenzare l’opinione pubblica, sia nazionale che internazionale, oggi, le tecniche di propaganda sono diventate ancora più avanzate, invasive e pervasive rispetto a quanto fosse possibile durante il conflitto mondiale. Questo sviluppo è evidente in vari modi:
In definitiva, mentre la propaganda durante la Prima Guerra Mondiale era limitata principalmente alla stampa e alla distribuzione fisica di materiale, oggi le tecniche di manipolazione dell’informazione sono molto più sofisticate e onnipresenti grazie alla tecnologia digitale. È un argomento di grande rilevanza e richiede una profonda comprensione delle sfide moderne legate alla disinformazione e alla manipolazione dell’opinione pubblica.
Mi colpisce profondamente il fatto che, nonostante queste tecniche siano ben conosciute e spesso palesemente utilizzate (e ripetutamente riutilizzate), l’opinione pubblica rimanga estremamente suscettibile all’influenza. Solo una minoranza si rivolge a fonti di informazione alternative che attribuiscono priorità alla ricerca della verità e alla tutela della sovranità del proprio paese. A mio parere, oggi, il recupero dei principi che hanno contribuito all’avanzamento umano in Europa, vale a dire gli insegnamenti di San Benedetto, rappresenta l’unica via per perseguire questi obiettivi.
Solo il recupero dei fattori che hanno fatto progredire umanamente l’Europa , può farci sperare in un cambiamento dell’apatia dilagante.
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