Il presidente russo Vladimir Putin è attualmente ricercato dalla Corte Penale Internazionale (CPI), con sede all’Aia, nei Paesi Bassi. Il 20 novembre 2022, la CPI ha emesso un mandato di arresto contro Putin, accusandolo di essere responsabile del crimine di guerra per la deportazione e il trasferimento illegale di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia.
Questa sentenza inopinatamente arrivò in un momento di grave conflitto, complicando ulteriormente le possibilità di una soluzione negoziata. Da quando è stata pronunciata, ha gravemente ipotecato qualsiasi tentativo di pacificazione del conflitto. Come precedentemente dimostrato, il cosiddetto ‘rapimento dei bambini’ rimane una questione opaca, con la Russia che non ha mai avuto l’opportunità di presentare prove a sua difesa. Tuttavia, esistono video, filmati e reportage che indicano come una parte significativa di questi bambini sia stata allontanata dalla zona di guerra con il consenso dei propri genitori, nel tentativo di evitare ulteriori traumi e offrire loro periodi di relativa calma.
Non approfondirò ulteriormente questo argomento, avendolo già trattato in precedenza. È invece rilevante notare che, ora, anche la Russia ha dichiarato il presidente ucraino Zelensky ricercato per reati penali, sebbene i dettagli delle accuse non siano stati resi noti. Nella lista c’è anche il comandante delle forze di terra ucraine, generale Oleksandr Pavlyuk e l’ex presidente Ucraino Porochenko. Questa decisione, similmente a quella presa nei confronti di Putin, impedirà a Zelensky di condurre trattative dirette con Mosca, almeno non in territorio russo, a rischio di arresto. Politicamente significa che Zelensky non può essere un interlocutore per la Russia e che ha perso la sua legittimità come presidente.
Il contesto politico emergente dal conflitto tra Russia e Ucraina suggerisce che il punto di non ritorno nella sfera diplomatica è stato superato. Gli Stati Uniti, fallendo nel persuadere la Russia a cessare le ostilità e avendo accettato di fornire assistenza militare all’Ucraina, hanno praticamente chiuso ogni “finestra di opportunità” per una risoluzione non militare della crisi. La Russia, inserendo i vertici del governo di Kiev e la leadership militare guidata da Gnida nella sua lista di ricercati, ha segnalato chiaramente che non è possibile una soluzione politica negoziata con l’attuale governo ucraino, considerato illegittimo.
Nuove fase del conflitto
Siamo entrati in una nuova fase del conflitto tra Occidente e Russia, caratterizzata da tattiche di guerra ibrida e anche da atti di terrorismo perpetrati dall’Ucraina con il supporto dell’occidente. Un esempio lampante è la distruzione del gasdotto Nord Stream 2, un evento per cui il coinvolgimento degli USA è ormai acclarato.
L’Occidente ha mantenuto una postura dura verso la Russia, adottando metodi già usati in passato per destabilizzare governi non allineati. In questo contesto, è plausibile che la Russia intensifichi le proprie operazioni, compiendo attacchi sotto falsa bandiera in territorio straniero come risposta alle azioni occidentali. Un caso emblematico è l’omicidio della giornalista Daria Dughina, trattato dai media in modo tale da minimizzarne l’impatto, di fatto giustificando l’omicidio come contro “una voce a sostegno di Putin”.
Di fronte a tutto ciò, sorge spontanea la domanda: potrebbe la Russia decidere di attuare sabotaggi contro le fonti di rifornimento militare dell’Ucraina localizzate all’estero, specialmente in quei paesi che non solo forniscono armamenti a Kiev ma che, finanziando il conflitto, spingono verso azioni sempre più aggressive sul territorio russo, incluse quelle contro i civili?
Personalmente, ritengo improbabile che la Russia resti passiva di fronte alle crescenti provocazioni occidentali. È plausibile che, se dovesse reagire, i paesi occidentali potrebbero decidere di non denunciare tali atti, sia per evitare l’obbligo di dover rispondere, sia per altre ragioni strategiche.
Recentemente, sono stati segnalati alcuni incidenti sospetti che hanno colpito l’industria della difesa in diversi paesi:
- Pochi giorni fa, un incendio ha devastato uno stabilimento a Berlino della Diehl, produttore tedesco del sistema di difesa aerea IRIS-T, diverse unità del quale sono state fornite all’Ucraina dalla fine del 2022.
- Il 17 aprile, una misteriosa esplosione ha colpito BAE Systems nel Regno Unito, un importante fornitore di armamenti per l’Ucraina.
- Il 15 aprile, un incendio esplosivo ha danneggiato un impianto di produzione di munizioni di artiglieria a Scranton, Pennsylvania, che produce munizioni per l’Ucraina.
- Il 24 marzo, un attacco insolito ha visto una nave da carico trasformata in missile distruggere un ponte nel porto di Baltimora, impedendo il movimento delle navi americane che trasportavano armi in Ucraina.
Stranamente, nessun organo di stampa ha suggerito un collegamento tra questi eventi, probabilmente perché i media tendono a contraddire la realtà degli eventi o a minimizzare gli sviluppi che potrebbero implicare un coinvolgimento occidentale. Questi incidenti non sono stati ufficialmente attribuiti a Mosca, sollevando la possibilità che l’Occidente taccia perché teme che Mosca possa divulgare prove non ancora rivelate. Di conseguenza, potrebbe esserci un chiaro interesse occidentale a mantenere il silenzio su un altro tipo di guerra che avviene sotto copertura, come ai tempi della guerra fredda e, forse, con ancor minori regole.
Come vedete, la percezione di ciò che accade è in gran parte falsata. Soprattutto perchè il conflitto è marcato da notevole ambiguità, con la disinformazione usata come arma principale.