L’articolo che segue è un buon articolo ma a mio avviso non valuta appieno l’attività diplomatica della Russia e i margini di manovra esistenti. Bisognerebbe avere più lungimiranza: le opzioni si scelgono tra quelle disponibili.
@vietatoparlare
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Alcune conseguenze dell’accordo russo-turco del 22 ottobre 2019
Pubblichiamo questo articolo, abbastanza critico verso la posizione russa nei confronti della Turchia, per evidenziare piuttosto alcune informazioni che indicano per quali ragioni la soluzione della guerra nel Nord della Siria potrebbe richiedere ancora molto tempo . OpS.[su_spacer]
di Mouna Alno-[su_spacer]
(Traduzione: Gb.P. OraproSiria)[su_spacer]
Questo articolo, probabilmente incompleto, è dedicato ai miei amici Siriani Armeni determinati a non lasciare Aleppo e, in particolare, a S.K. che vi si riconoscerà. [su_spacer]
Di recente, dopo aver letto un articolo intitolato “Chi può proteggere gli Armeni di Siria?” pubblicato da Mondialisation.ca, le ho inviato un messaggio per chiedere la sua opinione su un’ informazione che ha attirato la mia attenzione: “Fonti ben informate che hanno familiarità con i risultati dei recenti negoziati tra Recep T. Erdogan e Vladimir Putin hanno indicato che la sicurezza della diaspora armena in Siria è all’ordine del giorno della riunione. Le autorità turche devono ancora confermarlo ufficialmente, però ci sono molte prove indirette ma solide a questo riguardo. I leader militari turchi hanno dichiarato di essere pronti a incontrare i leader della diaspora armena di Tel Abyad per discutere la possibilità di iniziare la ricostruzione della chiesa cristiana locale danneggiata durante i bombardamenti.”[su_spacer]
La risposta è stata: “Queste sono solo parole vuote. Essi hanno condannato gli Armeni di Tel Abyad a un nuovo esodo e poiché hanno intenzione di integrare questa città nella loro cosiddetta “cintura di sicurezza”, chiediti per chi hanno intenzione di ricostruire questa chiesa. Tutti sono da mettere nello stesso piatto, sia i Turchi che i Russi, per non parlare di tutti gli altri. Ognuno lavora per il proprio interesse e vuole la sua fetta della torta siriana. Anche i Russi hanno avuto la loro parte negli eventi successivi al Genocidio Armeno del 1915. Solo Dio sa quando potremo vedere la fine di questa sporca guerra … dovremo aspettare ancora a lungo.”[su_spacer]
Risposta che mi aspettavo, relativamente alle autorità turche. Tuttavia, per aver recentemente tradotto la risposta del presidente Bashar al-Assad alle domande dei siriani sulla situazione nella Siria settentrionale, questa risposta mi costringe a tornare ai dubbi sollevati dall’accordo russo-turco del 22 Ottobre 2019, dubbi che il presidente non sembra aver dissipato.[su_spacer]
Prima di tutto: in che modo i Russi parteciparono agli eventi che seguirono il Genocidio Armeno del 1915?[su_spacer]
Senza andare troppo indietro nella storia del Genocidio Armeno, la risposta probabilmente sta nei successivi trattati firmati dopo la Prima Guerra Mondiale. Infatti, mentre il “Trattato di Sèvres” del 10 agosto 1920 istituì un’Armenia indipendente nel nord-est della Turchia e il governo kemalista turco guidò la sua guerra di indipendenza ai fini della revisione di quei trattati, l’allora Unione Sovietica cedette al governo Kemalista, con il “Trattato di Kars” dell’ottobre 1921, il territorio armeno occupato un anno prima delle truppe kemaliste. Certo, il trattato di Kars approvava il “Trattato di Alessandropoli” del 2 dicembre 1920, firmato alla fine della guerra armeno-turca, costringendo la Repubblica armena a cedere alla Turchia il 60% del suo territorio acquisito, tra l’altro, grazie al trattato di Sèvres; ma il territorio di Kars, attribuito all’Impero russo dal “Trattato di Santo Stefano” del 1878, era popolato da turchi Mescheti, da georgiani e da armeni sopravvissuti al genocidio del 1915; che furono espulsi e sostituiti da turchi e curdi. Ricordiamo che, a parte il sangiaccato della siriana Alessandretta, fu solo nel luglio del 1923 che il “Trattato di Losanna” sostituì il Trattato di Sèvres e tracciò i confini dell’attuale Turchia, rinunciando alla richiesta di indipendenza di Armenia e Kurdistan. Tuttavia, l’attuale Repubblica di Armenia dichiarò la propria indipendenza il 21 settembre 1991, mentre un secolo dopo, il Kurdistan agisce come una bomba a orologeria per suddividere il resto di ciò che i poteri vittoriosi non avevano considerato utile da suddividere al momento.[su_spacer]
Poi: in cosa i Russi dovrebbero essere messi nello stesso piatto dei Turchi per quanto riguarda il nord della Siria?[su_spacer]
Il 5 agosto 2019, lo scrittore e corrispondente turco dell’Agenzia di informazione siriana SANA in Turchia, Hosni Mhali, aveva pubblicato un articolo premonitore su Al-Mayadeen, dal titolo: “Una zona di sicurezza turca: a quale scopo? “. Eccone un ampio estratto:[su_spacer]
“L’esercito turco si sta preparando a invadere l’Est dell’Eufrate per una profondità da 30 a 35 km, mentre la parte americana gli risponde: “15 km saranno sufficienti!”; come se il ritiro di alcuni Km verso sud delle milizie armate curde risolvesse il problema [curdo] che i Turchi descrivono come una “minaccia terroristica”. E come se l’eventuale accordo USA-turco su questa cosiddetta “zona di sicurezza” non fosse a spese dello Stato siriano, il cui problema in questa stessa area è stato creato appunto dai curdi, i quali hanno dimostrato ad Afrin la loro mancanza di lealtà verso Damasco. Infatti, a gennaio 2018, il presidente Putin ha dato il via libera all’esercito turco per invadere Afrin, una città siriana che i curdi hanno rifiutato di consegnare all’esercito siriano [dopo la battaglia cinicamente battezzata dai Turchi: “Operazione ramo di ulivo”].[su_spacer]
[su_spacer]Già nel mese di agosto 2016, la data del 500° anniversario della battaglia di “Marj dābiq” [ battaglia che ha avuto luogo il 24 agosto 1516 a 44 Km a nord di Aleppo, tra i mamelucchi e ottomani; la vittoria di questi ultimi stabilģ la loro supremazia sulla Siria e l’ Egitto che faranno parte dell’Impero Ottomano fino alla sua caduta, con l’introduzione del califfato ottomano dal sultano Selim 1°, dopo l’abolizione del califfato Abbaside ; NdT ] Putin aveva dato un primo via libera allo stesso esercito turco, che è entrato a Jarablus, ad Al-Bab e ad A’zaz tre città siriane del Nord-Ovest [l’operazione militare soprannominata questa volta “Scudo dell’Eufrate”].[su_spacer]
Così ora [agosto 2019] le forze turche, e con loro 50.000 miliziani armati appartenenti a varie fazioni, controllano una striscia di confine tra Siria e Turchia di circa 350 km corrispondente, in pratica, a una sorta di “zona di sicurezza” per la Turchia. Pertanto, un’incursione turca a Est dell’Eufrate, questa volta con il via libera degli Stati Uniti, creerà una nuova situazione per la presenza di truppe turche all’interno del territorio siriano e amplierà la prima zona di sicurezza lungo la frontiera comune da Qamishli fino ad Afrin, non lontano da Idlib, anch’essa controllata dai Turchi.[su_spacer]
Putin e Trump hanno quindi riconosciuto il diritto della Turchia di combattere il terrorismo e il diritto di combattere i curdi, ma tutti, compresa la Turchia, si oppongono a qualsiasi azione militare siriana a Idleb dove sono radunati 20.000 miliziani armati del Fronte al-Nosra, che sono riconosciuti a livello internazionale come terroristi.[su_spacer]
E il presidente Putin non ha avuto la possibilità di influenzare Erdogan, né su Idleb né sull’ Est dell’Eufrate, a causa della complessa relazione organica tra Erdogan e tutte le fazioni islamiste ora presenti in Siria ; questa relazione lo rende l’attore principale a causa del suo orientamento religioso attraverso il quale vuol far rivivere il califfato e il sultanato ottomano col favore della cosiddetta Primavera Araba. Ciò spiega il sostegno della Turchia a tutte le fazioni armate, compresi i turkmeni, nonché l’opposizione di Ankara a qualsiasi azione militare contro di loro, a ovest o ad est dell’Eufrate, fintanto che Erdogan affermi di essere “il protettore degli oppressi musulmani e degli islamisti contro tutti i loro oppressori”.[su_spacer]
Ovviamente l’Occidente ha avuto un ruolo significativo in questo stato di cose promuovendo attivamente l’esperienza dell’AKP [il Partito turco di Giustizia e Sviluppo guidato da Erdogan] come “democrazia islamica secolare”, di cui rimangono solo le contraddizioni, tra cui la mappa evocata continuamente da Erdogan del “Patto nazionale del 1920” [o Misak-I Milli in turco]. La quale mappa includeva la Siria settentrionale e alcuni dicono che sperava di annetterla, come Atatürk aveva annesso il Sandjak della siriana Alessandretta [approssimativamente corrispondente all’attuale provincia turca di Hatay] nel 1938, e come Bülent Ecevit prese il controllo della Cipro settentrionale nel 1974.[su_spacer]
[su_spacer]Di conseguenza, nessuno sa quando, come e chi potrebbe costringere il presidente Erdogan a ritirare le sue forze dalla Siria Nord-Ovest o Nord-Est, a seguito delle successive incursioni dell’esercito turco, associate alla presenza di mercenari armati e forze francesi e britanniche nella regione Nord-Est. E questo, sapendo che tutti lavoreranno per realizzare il progetto di spartizione della Siria sostenendo le milizie separatiste curde, marxiste-leniniste, ma che hanno fede solo in Donald Trump …[su_spacer]
Per quanto riguarda la regione Nord-Ovest, la soluzione è ritardata a causa dei benefici attesi dal presidente Putin dalla sua collaborazione con la Turchia, a spese della Siria, la cui crisi sarà ovviamente soggetta ai venti di Astana, Sochi e Ginevra, finché la chiave rimane nelle mani di Ankara con l’accordo di Mosca e Washington, senza che la Siria, l’Iran e in particolare gli Hezbollah libanesi suscitino problema per Israele … ” .
In che senso è stato premonitore questo articolo dell’agosto 2019?[su_spacer]
Questo testo è stato sicuramente premonitore per quanto riguarda gli accordi che hanno sorpreso il mondo due mesi dopo. C’è stato prima l’accordo Trump-Erdogan del 7 ottobre, che autorizzava la Turchia a lanciare “un’incursione militare” nel nord della Siria “nel prossimo futuro”, assicurando che gli Stati Uniti non l’avrebbero sostenuta, ma nemmeno osteggiata. Incursione che si è effettivamente verificata il 9 ottobre sotto il nome ancora più cinico di “Fonte della pace”, ma che non è stata condannata né dalla Russia né dagli Stati Uniti al Consiglio di sicurezza riunito in emergenza il 10 ottobre. E poi è seguito l’accordo Putin-Erdogan del 22 ottobre riassunto dalla mappa qui sotto:[su_spacer]
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Risultato: oggi Tal-Abyad, Ras al-Ain, Ain Issa, Tal Tamr, Hassake, Qamishli, ecc. a loro volta subiscono un migliaio di vittime, nonostante l’eroismo dell’Esercito Arabo Siriano e il supporto aereo delle forze russe. Pertanto, nonostante l’arringa del presidente Al-Assad a favore della moralità della politica russa e nonostante l’indiscutibile sostegno politico e militare della Russia dall’inizio della guerra in Siria, i cittadini siriani, perfettamente consapevoli che un leader deve soprattutto servire gli interessi del suo paese, non capiscono come i Russi stringano accordi con un personaggio notoriamente ladro e bugiardo come Erdoğan, e poi riconoscano, per l’ennesima volta, di essere stati ingannati. Per essere convinti di ciò, è sufficiente ascoltare le dichiarazioni del sig. Sergey Lavrov e della sig.ra Maria Zakharova.[su_spacer]
Per quanto riguarda i Russi, è questo l’unico modo che hanno trovato per difendere la propria sicurezza nazionale dal terrorismo che li ha colpiti duramente in passato e il cui eminente rappresentante è oramai Erdogan? Pensano che concedendo a Erdogan un pezzo di Siria, anche temporaneamente, egli si unirà al loro campo abbandonando l’altra parte? Credono che i rifugiati siriani, che Erdogan afferma di voler rimpatriare in questa cosiddetta zona di sicurezza, al prezzo di un’ennesima pulizia etnica, saranno rappresentati da cittadini pacifici semplicemente turcofili? Oppure, come tutti i loro “partner”, non vogliono una guerra che li colpisca duramente; quindi, non riuscendo a fermarlo, lascia che si dispieghi su una piccola superficie nel suolo siriano, tuttavia equivalente alla superficie del Grande Libano. Nel qual caso, cosa garantisce loro che l’instabilità sarà così circoscritta in Siria? E da che parte staranno nel caso in cui inizi la “resistenza popolare” menzionata dal presidente Al-Assad? La Siria ha scelto il suo alleato da decenni: la Russia. Ma una grande potenza deve anch’essa fare una scelta di campo?[su_spacer]
La cosa più scioccante è che, in mezzo a tutto ciò, il pugnale dei leader separatisti curdi sarà ancora in grado di versare molto sangue siriano, dal momento che Trump ha chiaramente dichiarato che confischerà il petrolio siriano a beneficio dei curdi che lo meritavano così tanto oggi, dopo averlo così non meritato “per non aver aiutato gli Stati Uniti in Normandia”! Da qui un’altra conseguenza riportata dalla sig.ra Dima Nassif, corrispondente giornalista siriana di Al-Mayadeen TV:[su_spacer]
Israele ruba il petrolio siriano sotto la copertura degli Stati Uniti e con l’aiuto dell’SFD.[su_spacer]
Veicoli blindati statunitensi, infiltratisi nella Siria orientale dal confine iracheno, circolano nei giacimenti di petrolio e di gas di Al-Omar, Al-Tanak, Al-Jafra e Koniko; giacimenti petroliferi che rappresentano i due terzi delle riserve nella regione, stimati in circa 2,5 miliardi di barili. Sembra quindi che la battaglia per il petrolio siriano sia ormai matura. Ma i candidati alla battaglia sono diversi. Infatti: Washington non è sola sul campo, la società israeliana GDC ha iniziato la sua prospezione petrolifera già lo scorso luglio, dopo aver ricevuto il via libera da Ilham Ahmed, il copresidente del “Consiglio democratico siriano”, tramite un documento, autorizzando questa società a disporre del petrolio siriano. Si prevede che le vendite di petrolio raggiungeranno i 400.000 barili, renderanno alle FSD circa 10 milioni di dollari al mese e saranno controllate dalla OFAC, un’agenzia di controllo finanziario del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti. [su_spacer]
[Documento originariamente pubblicato dal quotidiano libanese Al-Akhbar, informazioni poi confermate dal destinatario Moti Kahana su Twitter].[su_spacer]
Mosca, che accusa Washington di rubare il petrolio siriano e di trasportarlo all’estero, ha spinto le guardie di frontiera siriane a schierarsi in aree vicine ai pozzi di petrolio e gas di Rmeilan, Al-Malikiyah e al-Qahtaniyah nelle vicinanze di Hassake, in preparazione al loro ritorno sotto il controllo dello stato siriano.[su_spacer]
Per quanto riguarda Ankara, Erdogan ha rifiutato la proposta di Washington relativa alla condivisione del petrolio siriano in cambio della cessazione delle sue operazioni militari contro le FSD. Ed Erdogan ha affermato di “preferire l’uomo al petrolio”, nonostante il fatto che le cisterne di petrolio pompato da Daech abbiano attraversato per anni il territorio turco verso il porto di Ceyhan in Turchia.[su_spacer]
Oggi, siccome Ankara è stata espulsa dai giacimenti petroliferi, i convogli di petrolio si stanno dirigendo a sud, attraversando l’Iraq e la Giordania, sotto la sorveglianza dell’esercito americano, per finire in Israele.
Tuttavia, non si deve credere che Washington abbia lasciato sul posto 600 soldati americani solo per il petrolio. Facendo questo, essa cerca di privare Damasco di un’importante risorsa finanziaria che può essere utilizzata per ricostruire ciò che gli anni di guerra hanno distrutto. E allo stesso tempo, Damasco diventerebbe ostaggio delle forze regionali e internazionali, sarebbe costretta a importare energia e quindi non sarebbe in grado di ripristinare la sua industria e consolidare l’autosufficienza che ha protetto la sua indipendenza per decenni.[su_spacer]
Pertanto, la nuova mappa strategica del petrolio ha lo scopo di esercitare pressioni su Damasco economicamente e politicamente forzandola a fare concessioni nel quadro dei negoziati sulla Costituzione siriana per, tra altre cose, l’istituzione di una regione autonoma curda; ciò che Damasco non accetterà mai, come ha detto il presidente Bashar al-Assad.[su_spacer]
La lotta per il petrolio renderà più costosa per Damasco la battaglia militare per il recupero dell’intera per il recupero dell’intera geografia e delle proprie risorse.
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Quando la soluzione militare non è possibile, rimane solo la soluzione politica se il desiderio di risolvere la crisi è reale, come nel caso della Russia. Tuttavia, alcuni analisti ritengono che i nemici della Siria, incluso Erdogan, vedono nel fallimento di questi negoziati una perdita secca per la Russia, perché influenzerà i processi di Astana e Sochi. Dunque, la sera del 27 novembre la televisione nazionale siriana ha annunciato che non sono stati compiuti progressi durante il terzo giorno della seconda sessione, di 5 giorni di riunioni della Commissione costituzionale tenutesi a Ginevra sotto l’egida della Nazioni Unite; la prima sessione si era tenuta il 30 ottobre. Il blocco dell’opposizione apertamente designato dal “gruppo del regime turco” persiste nel suo rifiuto di approvare l’agenda dei lavori e di dare per scontate le costanti indiscutibili di uno Stato sovrano e indipendente secondo la volontà del governo siriano.
La mia amica di Aleppo aveva probabilmente ragione. Questa sporca guerra durerà ancora a lungo….
Mouna Alno-Nakhal
https://reseauinternational.net/syrie-des-consequences-de-laccord-russo-turc-du-22-octobre-2019/
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