La santa Teofania del nostro Signore

Autore:Pagani, RobertoCuratore:Scalfi, P. RomanoFonte:CulturaCattolica.it

Senza addentrarci troppo nelle giustificazioni storiche, il 6 gennaio è sicuramente una tra le feste più antiche il cui tema, inizialmente comprendente la Nascita ed il Battesimo di Gesù, si è poi focalizzato sul secondo aspetto dopo l’introduzione della festa della Natività il 25 dicembre avvenuta a quarto secolo inoltrato.

Nelle chiese orientali quindi il 6 gennaio non si celebra l’Epifania di Gesù nei confronti dei Magi che portano i doni, ma l’Epifania della Trinità durante il Battesimo di Gesù. Si preferisce quindi il termine Teofania (manifestazione di Dio), ed anzi in origine il nome della festa era Teofanie, al plurale, per indicare le manifestazioni al mondo del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, avvenute con modalità proprie a ciascuna persona.

San Girolamo dice che “nella sua Natività il Figlio di Dio venne al mondo in modo nascosto, nel Battesimo apparve in modo manifesto”. Similmente san Giovanni Crisostomo, nella sua omelia 37 sul battesimo, afferma che “L’Epifania non è quella della Natività ma quella del Battesimo. Prima non era conosciuto dal popolo, con il Battesimo si rivela a tutti”.

L’unità tra Natività e Battesimo di Gesù è ancora visibile nella struttura simile degli uffici delle due feste e mostra nel Battesimo un certo completamento dell’evento della Natività
L’innografia della festa ci consente di immaginare una scena all’interno della quale c’è un ambiente, dei personaggi, una storia di relazioni e di dialoghi. L’icona della festa rappresenta sinteticamente tutto ciò cercando di esprimere nell’atteggiamento delle persone i dialoghi intercorrenti.
Gli stichirà del Lucernario dei Vesperi sono opera di san Giovanni Damasceno.

“Vedendo colui che illumina ogni uomo venire per essere battezzato, il precursore gioisce con l’anima e trema con la mano; lo indica e dice ai popoli: “Ecco il redentore di Israele, colui che ci libera dalla corruzione”.

Lo stile preferito è sempre quella dell’immagine antinomica, contrapposta per disegnare uno spazio all’interno del quale cercare di contenere l’Incontenibile. “I flutti del Giordano hanno accolto te che sei la sorgente, il Paraclito è sceso in forma di colomba, china il capo colui che ha inclinato i cieli; l’argilla grida a chi l’ha plasmato: “Perché mi comandi ciò che mi oltrepassa? Sono io ad aver bisogno del tuo battesimo!”.

Le due salmodie antifonali che inframmezzano un lungo ciclo di tredici letture (a onor del vero lette integralmente solo in alcuni monasteri zelanti) ci permettono di cogliere due ulteriori dimensioni. Il Battesimo di Gesù, come ogni battesimo, non è un gesto privato: “Ti sei manifestato nel mondo, tu che hai fatto il mondo, per illuminare quanti siedono nelle tenebre”. È per ciascuno di noi: “Nella ricchezza della tua misericordia ti sei manifestato a pubblicani e peccatori, o Salvatore nostro. E dove mai doveva brillare la tua luce se non fra quanti erano nelle tenebre?”.

Gli stichirà rogazionali ci invitano ad un ulteriore passo: il battesimo ricrea, ristabilisce la nostra condizione originaria, rende possibile una vita rinnovata. “Colui che si riveste di luce come di un manto si è degnato per noi di divenire simile a noi; oggi si immerge nelle acque del Giordano per purificarsi, anche se non ne ha bisogno, per offrirci in se stesso il rinnovamento. Quale prodigio! Egli rifonde senza fiamma, ricrea senza spezzare e salva quelli che in lui sono illuminati”. Trattandosi di una composizione che viene cantata durante una processione, il realismo tipico della liturgia bizantina non poteva che riempire di significato il gesto che i fedeli stanno compiendo: “Venite, imitiamo le vergini sagge; venite, andiamo incontro al Signore che viene, avanzando verso Giovanni come uno sposo”.

Il mondo si unisce al Cristo che riemerge, il paradiso si riapre per ciascuno di noi: “Il Cristo è battezzato e risale dalle acque, facendo uscire il mondo insieme a lui, e riaprendo quei cieli che Adamo aveva fatto chiudere per tutta la sua discendenza”. Le chiese orientali ancora oggi amministrano il battesimo per immersione, uso tra l’altro presente nella liturgia ambrosiana.

Il metodo educativo di Dio nei confronti dell’uomo è veramente sbalorditivo: pur potendone fare a meno, il Signore chiede sempre alla creatura di partecipare in modo sostanziale all’evento del piano di salvezza; in altre parole, il Mistero ha bisogno di un ministro.

“Signore, volendo portare a compimento quanto dall’eternità avevi stabilito, da tutto il creato hai preso ministri del tuo mistero: dagli angeli, Gabriele, dagli uomini, la Vergine, dai cieli, la stella, e dalle acque, il Giordano: in esso hai cancellato l’iniquità del mondo, o Salvatore nostro”.

La conclusione della rogazione implica una nostra confessione di fede: “Conformandoci alla voce apostolica, concordi acclamiamo: “E’ apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini”.

Negli stichirà aposticha che concludono i vesperi, un autore che i libri identificano con Anatolio (ma che potrebbe semplicemente voler dire orientale nel senso della provenienza geografica dell’inno), pone sulle labbra del Battista una esplicita confessione trinitaria: “Vedendoti venire a lui presso il fiume Giordano, o Cristo Dio, Giovanni diceva: Perché ti sei accostato al servo, o Signore, tu che non hai macchia? In nome di chi ti battezzerò? Del Padre? Ma tu lo porti in te! Del Figlio? Ma tu stesso sei il Figlio incarnato! Dello Spirito Santo? Ma sei tu che dalla tua bocca puoi darlo ai credenti”.

Il tropario della festa, cantato più e più volte dai fedeli tutti, personalizza la confessione del Battista: “Nel Giordano, al tuo battesimo Signore, si è manifestata l’adorazione della Trinità: la voce del padre ti ha reso testimonianza chiamandoti suo Figlio amatissimo, e lo Spirito in forma di colomba ne ha confermato la verità della parola. O Cristo Dio, che ti sei manifestato illuminando il mondo, gloria a Te!”.

L’Epifania non è solo la festa delle acque ma, secondo un suo antico nome, la festa delle luci: non siamo solo purificati ma anche illuminati (il battesimo non è forse la santa illuminazione?). Per questo san Romano il Melode, diacono e poeta siriano della prima metà del sesto secolo, canta nel suo kontàkion: “ Oggi ti sei manifestato a tutto il mondo, e la tua luce, Signore, si è impressa su di noi”.

Attraverso i due canoni del mattutino, opera il primo di Cosma vescovo di Maiuma e il secondo di Giovanni Damasceno (gli stessi autori dei canoni di Natale), possiamo effettuare una ricognizione spirituale sulla teologia battesimale. “Il re dei secoli, il Signore, nelle acque del Giordano riplasma Adamo che si era corrotto, e spezza le teste dei draghi che in esse si annidavano”. “Con la carne materiale rivestita dell’immateriale fuoco della divinità, si avvolge nelle onde del Giordano il Signore incarnato dalla vergine”.

“Nel momento in cui l’aurora luminosa si è levata sui mortali, venendo dal deserto verso le rive del Giordano, o Signore del sole, chinasti il tuo capo per strappare dal paese delle tenebre il progenitore del genere umano e purificare la creazione da ogni macchia”. Naturalmente la dimensione ecclesiale è parte integrante di questa teologia poetico-sacramentale: “Un tempo sterile e amaramente priva di prole, rallegrati oggi, o Chiesa di Cristo: poiché dall’acqua e dallo Spirito ti sono stati generati dei figli”.

Questi figli generati di nuovo in Cristo sono il seme per un mondo trasfigurato: “Il Signore, compiendo la sua opera con potenza, attira a lui la natura creata da Dio ma sperduta nelle viscere del tiranno: egli la fa rinascere riformando il genere umano poiché è venuto per salvarlo”. Il Battista non può fare altro che esclamare a gran voce: “Ha udito, o Signore, la tua voce colui che hai chiamato “voce di uno che grida nel deserto”, quando tu hai tuonato sulle grandi acque, per rendere testimonianza a tuo Figlio, e, tutto posseduto dallo Spirito lì presente, ha gridato: “Tu sei il Cristo, sapienza e potenza di Dio”.

Giovanni, a detta dello stesso Gesù, è il più grande tra i profeti, perché “Mosé incontrandoti, appena si accorse che tu lo chiamavi dal roveto, subito distolse lo sguardo. Come dunque ti fisserò io senza veli? O come imporrò a te le mani?”. Il tema della luce si ripresenta: “Verbo luminoso inviato dal Padre per dissipare le funeste ombre della notte, tu vieni anche a strappare la colpa dei mortali e, con il tuo battesimo, a illuminare i tuoi figli nelle acque del Giordano”. Questa luce permette di veder chiaro, condizione essenziale per introdurre il tema del giudizio, riprendendo l’immagine che Giovanni riferisce a Gesù secondo il vangelo di Luca: “Il creatore e agricoltore, stando in mezzo alla folla come uno dei tanti, penetra nei cuori: mettendo mano al ventilabro purificatore vaglia sapientemente l’aia dell’universo, bruciando la sterilità ed elargendo la vita eterna a chi porta buon frutto”.

Il ribollire delle acque unitamente alle solide catene che legano l’uomo peccatore, richiama alla mente il paralitico della piscina probatica del vangelo di Giovanni: “Il creatore, vedendo nelle tenebre del peccato, legato da solide catene, colui che con le sue mani aveva creato, lo issa sulle sue spalle per lavarlo nel ribollire delle grandi acque dall’antico disonore che Adamo si era procurato con la sua condotta”.

Giovanni Battista viene cantato con una pluralità sorprendente di titoli: “La voce del Verbo, la lampada della Luce, la stella che precede l’aurora, il precursore del sole, grida a tutti i popoli nel deserto: Convertitevi e cominciate a purificarvi; è giunto il Cristo per riscattare il mondo dalla corruzione”.

Persino il legaccio dei sandali che non si può sciogliere diventa una confessione cristologica: “Il precursore insegna che non è possibile sciogliere il suo legaccio, cioè l’unione del Verbo con noi. Cristo battezza nel fuoco dell’ultimo giorno quanti non gli ubbidiscono e non lo credono Dio; ma nello Spirito rinnova con la grazia, mediante l’acqua, riscattandoli dalle loro colpe, quanti riconoscono la sua divinità”. Allo stesso modo l’Esodo, evento centrale della fede di Israele, viene posto in relazione con l’esperienza del Battesimo di Gesù e di ciascuno di noi, che formiamo il nuovo Israele: “La nube e il mare prefigurarono un tempo il prodigio del divino battesimo: in essi un giorno, nel suo esodo, fu battezzato il popolo mediante il legislatore.

Il mare era figura dell’acqua e la nube dello Spirito”. E ancora: “Lasciamoci custodire, o fedeli, dalla grazia e dal divino sigillo: come un tempo gli ebrei sfuggirono alla distruzione grazie al sangue sullo stipite delle loro porte, così questo divino lavacro di rigenerazione sarà anche per noi la via dell’esodo, per cui giungere a vedere la luce senza tramonto della Trinità”.
Non facciamo poi molta fatica a dare vita a questo possibile dialogo tra Giovanni e Gesù: “Deponi ogni timore, diceva il redentore al precursore, ubbidiscimi e accostati a me, il Cristo, poiché tale sono per natura; cedi al mio comando e battezza colui che è disceso”. “Come il battista ebbe udito le parole del Sovrano, tese tremante la mano, ma ponendola sul capo del suo Creatore, gridava a lui che veniva battezzato: Santificami perché tu sei il mio Dio”.

Nella sua ode conclusiva, il primo canone pone il fondamento per l’usanza dei fedeli di ricevere l’acqua benedetta, di berne copiosamente, di portarla nelle proprie case per aspergerne le persone e le cose più care: “Dice Isaia: “Lavatevi, purificatevi, togliete le malvagità dal cospetto del Signore; voi che avete sete, venite all’acqua viva, perché Cristo aspergerà con acqua rinnovatrice coloro che si accostano a lui con fede; e per la vita che non invecchia battezza nello Spirito”.

San Germano, patriarca di Costantinopoli, ha composto gli inni per le lodi, uno dei quali ribadisce il fondamento teologico di quella che potrebbe apparire una superstizione: “E’ apparsa la vera luce, e a tutti dona l’illuminazione. Cristo è battezzato con noi, lui che supera ogni purezza: egli infonde santificazione all’acqua, e questa diviene strumento di purificazione per le anime; ciò che appare è terrestre, ma il suo significato oltrepassa i cieli. Mediante il lavacro la salvezza, mediante l’acqua lo Spirito, mediante l’immersione l’ascesa verso il nostro Dio”.
Possiamo ora tentare una modesta sintesi dei contenuti innografici della festa.

Ogni manifestazione di Gesù Cristo, sia nella storia che nella vita interiore di ogni uomo, è contemporaneamente una manifestazione di umiltà e di gloria. Questi due aspetti sono inseparabili.
L’aspetto umile dell’Epifania consiste nel fatto che nostro Signore si sottomette al battesimo di penitenza di Giovanni. Gesù non aveva nessun bisogno di essere purificato, ma quello conferito dal precursore era un battesimo di penitenza per la remissione dei peccati, in preparazione del regno messianico, e Gesù, prima di proclamare l’avvenimento di questo regno, ha voluto vivere personalmente anche le fasi preparatorie di cui egli stesso doveva essere il compimento.

Noi dobbiamo superare l’orizzonte limitato del battesimo di Giovanni per ricordarci che siamo stati battezzati in Cristo. Il battesimo cristiano ci ha lavato e purificato, abolendo il peccato originale e facendo di noi una nuova creatura. A maggior ragione se abbiamo ricevuto il Battesimo da piccoli, la grazia battesimale è stata una risposta divina data non a una nostra domanda personale, ma alla fede di coloro che ci hanno presentato al battesimo e alla fede di tutta la Chiesa che ci ha accolto.

L’aspetto glorioso dell’Epifania consiste nelle due testimonianze che Gesù ha ricevuto solennemente. Egli è il Cristo, l’Unto; lo Spirito rivela la sua umanità al Padre e il Padre lo riceve come suo Figlio. Il Dio-Uomo si rivela pienamente Figlio nelle sue due nature e questa pienezza del vero Dio e vero uomo sarà riaffermata il giorno della Trasfigurazione come un atto già manifestato nel Battesimo. Gesù si consacra coscientemente alla sua missione terrena, si sottomette interamente alla volontà del Padre e il Padre gli risponde inviando su di lui lo Spirito Santo.

San Giovanni è il testimone della sottomissione del Cristo; egli non ha predetto nulla e tuttavia è il più grande profeta: come il dito di Dio egli indica il Cristo. È il più grande perché è il più piccolo, uno che gioisce ascoltando la voce dello Sposo. Egli testimonia, e con la sua voce di amico dello Sposo suscita la prima vocazione apostolica: Andrea e Giovanni. Più tardi egli lascia il mondo e discende agli inferi, per preparare anche lì le vie al Signore affinché l’annuncio della buona novella risuoni ovunque, nessun luogo escluso.
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