Il presidente Bashar al-Assad, che per oltre due decenni ha governato la Siria con un pugno di ferro, ha subito una caduta improvvisa che ha sorpreso osservatori e analisti internazionali. Questo evento, apparentemente inatteso, è stato il culmine di una serie di fattori interni ed esterni che hanno reso insostenibile il suo regime. Analizziamo le principali dinamiche che hanno portato a questo risultato.
1. La Sorte di Bashar al-Assad
Il destino del presidente siriano è stato segnato da una serie di fallimenti politici, economici e militari. L’escalation delle sanzioni internazionali, l’isolamento diplomatico e l’incapacità di gestire una popolazione sempre più impoverita hanno minato la sua autorità. Nonostante il sostegno di alleati storici come la Russia e l’Iran, Assad non è riuscito a mantenere il controllo su vasti territori del Paese, dove milizie ribelli e forze jihadiste hanno continuato a sfidare il governo centrale.
La sua caduta, avvenuta in circostanze ancora poco chiare, è stata ulteriormente chiarita da recenti dichiarazioni del Cremlino. Dmitry Peskov, portavoce del presidente russo Vladimir Putin, ha rivelato che Bashar al-Assad ha deciso autonomamente di dimettersi dalla carica di presidente della Siria. “L’abbandono da parte di Assad del processo di adempimento dei suoi doveri di capo di Stato è una sua decisione personale. Il resto è senza commenti”, ha dichiarato Peskov. Assad e la sua famiglia sono stati accolti a Mosca, dove gli è stato concesso asilo per motivi umanitari su decisione personale di Putin.
Secondo il ministero degli Esteri russo, Assad avrebbe condotto negoziati con alcuni leader della rivolta armata prima di dimettersi, ma la Russia non avrebbe partecipato direttamente a queste trattative. Intanto, Mosca ha assicurato la protezione delle proprie basi militari e istituzioni diplomatiche in Siria, ottenendo garanzie dai nuovi leader dell’opposizione al potere.
2. La Defezione dell’Esercito Siriano
Un ruolo cruciale nella caduta di Assad è stato svolto dalla defezione di numerosi membri delle forze armate siriane. Dopo anni di guerra brutale, che ha causato la perdita di circa 200.000 soldati siriani, molti tra soldati e ufficiali si sono trovati di fronte a una scelta drammatica: continuare a combattere per un regime che, nonostante i molti meriti nel passato della Siria e la straordinaria resistenza contro i gruppi terroristici per anni, si trovava ormai in declino, incapace di riprendersi; oppure unirsi alla cosiddetta opposizione, che prometteva la fine del conflitto e godeva del sostegno della comunità internazionale.
Questa dinamica si è sviluppata mentre l’Iran, principale alleato del regime, affrontava gravi difficoltà nell’ambito della cosiddetta ‘asse della resistenza’, con un indebolimento della sua influenza in Libano e Palestina. Questi elementi hanno creato un clima di sfiducia e disillusione all’interno dell’esercito, accelerando ulteriormente il collasso delle sue strutture difensive.
Le motivazioni dietro queste defezioni sono molteplici. La crescente sfiducia nei confronti del comando centrale, l’esaurimento delle risorse, la mancanza di motivazione tra le truppe e forse anche meccanismi corruttivi da parte della Turchia insieme all’intransigenza di Assad di venire a patti con Ankara (ha sempre condizionato il riallaccio dei rapporti con l’uscita delle truppe turche dal territorio siriano), hanno contribuito a creare un clima di disillusione. Inoltre, la narrazione propagandistica del regime è stata messa in crisi dalla realtà sul campo: le promesse di vittoria e stabilità non sono mai state mantenute, e il costo umano della guerra ha eroso il supporto popolare e militare.
Un aspetto significativo è stato il ruolo delle forze ribelli e delle loro campagne di reclutamento mirato, che hanno sfruttato i sentimenti di malcontento all’interno dell’esercito. Le dinamiche ricordano il collasso delle forze afghane nel 2021 di fronte ai talebani: disinformazione, ordini di ritirata strategica e sospetti di tradimenti interni hanno accelerato il crollo delle forze governative.
Tra le unità più coinvolte, spicca la 4ª Divisione Corazzata dell’Esercito Siriano, una delle unità più fedeli al presidente Bashar al-Assad. Questa divisione, solitamente operativa nelle aree strategiche di Damasco e Deir ez-Zor, è stata sparpagliata su vari fronti, impedendo una reazione rapida e coordinata all’avanzata dei gruppi ribelli e al collasso delle difese in aree critiche. Inoltre, ha ricevuto ordini di ritirata invece di resistere, facilitando ulteriormente il crollo delle linee difensive siriane in punti strategici come Aleppo e Hama. Le unità della divisione sono state lasciate isolate, con un supporto significativo limitato a qualche assistenza aerea dalla Russia. Questo isolamento tattico, combinato con condizioni di inferiorità numerica e logistica, ha reso impossibile un’efficace resistenza. Alcuni analisti suggeriscono che queste mosse possano essere state parte di un tradimento interno orchestrato da alti ufficiali siriani, mirato a minare le capacità di resistenza dell’esercito e favorire la caduta di Assad.
3. Il Ruolo della Turchia
La Turchia ha avuto un’influenza determinante negli eventi che hanno portato alla caduta di Assad. Negli ultimi anni, Ankara ha adottato una strategia sempre più aggressiva nei confronti del regime siriano, sostenendo gruppi ribelli e consolidando la propria presenza militare nel nord della Siria.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha sfruttato il vuoto di potere creatosi nel Paese per espandere la sfera d’influenza turca, giustificando le operazioni con la necessità di garantire la sicurezza ai confini e contrastare le forze curde. Tuttavia, il suo ruolo è andato ben oltre la semplice difesa degli interessi nazionali.
Attraverso un abile uso della diplomazia e del supporto logistico, la Turchia ha facilitato il coordinamento tra le varie fazioni ribelli, trasformandole in una forza capace di sfidare il regime di Damasco. Inoltre, Ankara ha utilizzato i rifugiati siriani come leva politica, aumentando la pressione sull’Europa e ottenendo concessioni strategiche.
4. Il Futuro di Assad in Russia
Dopo la caduta del suo regime, Bashar al-Assad si prepara a iniziare una nuova vita in Russia. Secondo fonti locali, l’ex presidente tornerà alla sua professione originaria di oftalmologo e aprirà una clinica nella Federazione Russa (https://news.ru/). Questa decisione segna un netto cambiamento di rotta per Assad, che ora si trova a ricostruire la sua vita lontano dalla politica e dal caos della guerra siriana.
La Russia ha dichiarato di aver concesso asilo ad Assad per motivi umanitari, proteggendolo dalla sorte di altri leader mediorientali come Muammar Gheddafi. Questa scelta è vista anche come un atto strategico per mantenere un certo controllo sulla transizione politica in Siria e continuare a influenzare gli equilibri regionali.
Considerazioni
La caduta di Bashar al-Assad rappresenta un momento storico nella politica del Medio Oriente, con implicazioni che vanno ben oltre i confini della Siria. Le cause di questo evento, come detto in precedenza sono derivate da un progetto di regime change organizzato dagli USA secondo il progetto della CIA denominato Timber Sycamore , facilitati anche dalla corruzione interna di apparati che si sono opposti alla spinta riformatrice di Bashar al Assad. Tutto ciò poi è stato accelerato da dinamiche regionali e internazionali.
Il futuro della Siria è ora più incerto che mai. Con il regime di Assad in frantumi, si apre una nuova fase di conflitti e negoziazioni, in cui potenze come la Turchia, la Russia e l’Iran continueranno a giocare un ruolo cruciale. Resta da vedere se il Paese sarà in grado di emergere da questa crisi con una leadership capace di unificare una nazione profondamente divisa.
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Curiosità: due pesi e due misure
Durante un’intervista programmata con l’ex presidente iraniano Ibrahim Raisi rilasciata dalla CNN due anni fa.
… un conduttore della CNN si è rifiutato di indossare l’hijab e l’intervista è stata annullata.
Tuttavia, quando l’ex leader dell’ISIS e di Al-Qaeda Abu Muhammad al-Jolani fece una richiesta del genere, la CNN fu improvvisamente felice di accontentarla…