Riccardo Paccosi analizza il libro di Emmanuel Todd, “La Sconfitta dell’Occidente”, esplorando come la dissoluzione dei valori religiosi e ideologici in Occidente segni la fine degli stati – nazione, quindi di qualsiasi cosa di rilevante e di costruttivo nella vita dell’uomo che possa realizzare un vero ‘profitto’:
di Riccardo Paccosi – 07/10/2024
Fonte: Arianna Editrice da Giubbe rosse
L’ultimo libro dello storico e antropologo Emmanuel Todd “La Sconfitta dell’Occidente”, è calato sul dibatto odierno come un lampo che sopraggiunge di colpo a squarciare il buio della notte. Ciò è stato dovuto alla statura dell’autore francese che – noto per aver predetto con diversi anni di anticipo sia il crollo dell’URSS che la crisi finanziaria in USA del 2007-2008 – ha assunto un’autorevolezza tale da far sì che in questi giorni anche i media mainstream siano costretti a rendere conto della tesi contenuta nel libro.
Suddetta tesi può essere sommariamente riassunta nel seguente modo: nel mondo occidentale – e in particolar modo nella parte anglosassone di quest’ultimo – si sono dissolti irreversibilmente gli stati-nazione; nel momento in cui sono venute meno la religione nonché le ideologie di massa preposte a sostituire quest’ultima, infatti, si è parimenti dissolta ogni genere di coesione sociale e si è quindi giunti a una condizione di nichilismo pieno e conclamato che sta portando, oggi, al collasso della civiltà occidentale; questo significa che – per le ragioni suddette nonché per molte altre che vanno dall’economia politica all’antropologia – l’attuale conflitto tra l’Occidente e la Russia sarà certamente vinto da quest’ultima; o meglio: l’Occidente è destinato a perdere in quanto da molto tempo sottoposto a una dinamica endogena di auto-distruzione.
LE CONFERME…
A coloro che, come il sottoscritto, da diversi anni ricercano un nuovo paradigma di pensiero critico esteriore alla diade categoriale destra-sinistra, il libro di Todd offre numerose conferme. Pur non intendendo superare suddetta diade e, anzi, mostrando ricorrentemente di volersi mantenere all’interno del perimetro progressista, l’autore enuncia e pone al centro della propria riflessione non pochi dei temi che negli ultimi quindici anni sono stati dibattuti all’interno delle aree politiche sovraniste e/o del cosiddetto dissenso (ma anche e in parte da filosofi marxisti eretici come Costanzo Preve).
Il libro offre altresì un’analisi approfondita e basata su dati scientifici riguardo alle condizioni della Russia e dell’Ucraina ma, in questa sede, mi limiterò a riportare i punti salienti che riguardano i paesi occidentali.
…E LE ASSENZE
Tutte queste considerazioni che ho riportato molto in breve, vengono nel libro argomentate con una ricca mole di dati demografici, etnografici e sociografici, con una maestria multidisciplinare abbracciante antropologia, sociologia ed economia e, infine, con una chiarezza espositiva che rende questo testo accessibile alla massa.
Proprio in ragione dell’importanza dei temi trattati e dell’impatto che il libro sta avendo, però, ritengo che ne “La Sconfitta dell’Occidente” pesi l’assenza di alcuni elementi storicamente correlati e rilevanti.
Potrei, a riguardo, elencare almeno quattro-cinque tematiche ma, per brevità, mi limito alla più importante, ovvero a quella sulla cui assenza ritengo non sia proprio possibile soprassedere.
In breve, Todd dipinge uno scenario incentrato sul conflitto tra sovranismo e globalizzazione che, da una parte, conferma la centralità di tale contrapposizione: stiamo assistendo, difatti, alla guerra fra un Occidente che ha dissolto le proprie nazioni e un resto del mondo che vuole preservarle. Dall’altra, però, il medesimo scenario pone ai sovranisti occidentali un dubbio di natura esistenziale: che futuro può avere l’istanza di rigenerazione della sovranità popolare-nazionale, in Occidente, nel momento in cui ogni idea e senso di nazione risultano cancellati dalle coscienze?
Il problema consta del fatto che l’analisi di Todd attribuisce valenza totalizzante al conflitto geopolitico fra blocchi di nazioni (fra nazioni morte e nazioni zombie, per la precisione), saltando a pie’ pari il consolidarsi e l’affermarsi, negli ultimi anni, di organismi di potere sovranazionali che hanno recentemente dimostrato capacità di sintesi e indirizzo su scala globale: su tutti questi organismi, risalta in particolar modo quel World Economic Forum che, con la cosiddetta Quarta Rivoluzione Industriale, prefigura un mondo sottoposto a una governance unitaria e all’interno del quale, pur restando in piedi gli apparati di stato, gli indirizzi della politica verrebbero decisi e gestiti direttamente dalle grandi corporation.
Sarebbe esercizio futile, a questo punto, obiettare che il WEF abbia mostrato negli ultimi anni segni d’indebolimento e che si tratti in definitiva di un’istituzione indirizzante il solo Occidente: tutto questo è in parte vero e la matrice prevalentemente occidentale, difatti, è confermata dal venir meno della presenza russa alle assise di Davos in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina. Ma è altrettanto vero che l’ultimo incontro fra Vladimir Putin e Klaus Schwab risale al settembre del 2019, che la Cina continua a presenziare a Davos con ampie delegazioni e che, nel frattempo, i parlamenti nazionali dei paesi BRICS hanno discusso – e rispetto ad alcuni punti fatte proprie almeno come dichiarazioni d’intenti – le istanze di emergenza pandemica permanente e di Green Deal messe in campo dal WEF.
Prevedere la vittoria della Russia o degli Stati Uniti nel conflitto in corso, insomma, non basta. Suddetta previsione rappresenta, come minimo, il proverbiale conteggio senza l’oste: la crisi di civiltà dell’Occidente è stata accentuata proprio dal suo assoggettarsi ai poteri sovranazionali e, dal momento che questi ultimi hanno se non proprio un potere perlomeno un’influenza d’agenda che trascende i confini dell’atlantismo, nulla consente di escludere che proprio queste strutture sovranazionali possano risultare, un giorno, le beneficiarie di un eventuale collasso occidentale.
Infine, dal momento che il WEF punta anche a gestire digitalizzazione e utilizzo dell’AI su tutti gli aspetti della vita pubblica, l’analisi di Todd sulle ragioni antropologiche del nichilismo, per quanto preziosa, va comunque integrata con una teoria critica della digitalizzazione, ovvero del sempre più stretto rapporto fra umanità e nuove tecnologie.
Se affermavo più sopra che non è possibile soprassedere sulla mancanza di tale aspetto ne “La Sconfitta dell’Occidente”, è perché informatica, telematica e cibernetica hanno funto da moltiplicatore esponenziale proprio di quella dissoluzione sociale, di quell’atomizzazione individuale e di quell’avvento del nichilismo ch’erano già in atto da tempo e che il testo di Todd indica come vettori della crisi occidentale.
Pertanto, non può essere solo l’esito della guerra a definire la posta in gioco per il mondo che verrà: qualcosa d’irreversibile in quanto tecnologico, qualcosa di trascendente le divisioni geopolitiche in quanto sovranazionale, veglia e attende – pazientemente, sinistramente – che il fumo si diradi.
L'offensiva di Hayat Tahrir al-Sham: connessioni turche e sviluppi sul campo L’offensiva di Hayat Tahrir…
Nel contesto di un conflitto che sta rapidamente degenerando in uno scontro diretto tra superpotenze…
Donald Trump, recentemente rieletto presidente degli Stati Uniti, sembra aver già iniziato a orientare la…
Putin al Vertice CSTO in Kazakistan: Nuove Armi Ipersoniche e Avvertimenti a Kiev Il presidente…
Funzionari statunitensi hanno discusso la possibilità di fornire armi nucleari all'Ucraina Secondo quanto riportato dal New…
Prosegue l’offensiva di un conglomerato di gruppi di militanti nella parte occidentale della provincia di…