La Siria a una svolta Mentre gli sforzi della diplomazia russa si sviluppano per avviare una nuova conferenza sulla Siria a Ginevra, sul terreno l’esercito siriano ha ripreso l’iniziativa. Il ruolo di Israele.
autore: Scipione Emiliano
Gli attacchi dell’aviazione israeliana alla base militare della 4° divisione corazzata e della Guardia Repubblicana nei sobborghi di Damasco del 3 e 5 maggio scorsi hanno forse segnato una svolta nel conflitto che da più di due anni travaglia la Siria. Quella che solo con una aperta falsificazione dei fatti viene definita “guerra civile” è diventata palesemente una aggressione straniera alla sovranità siriana.
I fatti: violando, come le è consueto, e mantenendosi nello spazio aereo libanese, l’aviazione di Tel Aviv ha attaccato installazioni militari siriane poste a nord si Damasco, tra queste il Centro di ricerca che era già stato attaccato in gennaio. La motivazione ufficiale dell’attacco fornita dai responsabili Israeliani consisteva nell’impedire che venisse trasferiti a Hezbollah una fornitura di missili di fabbricazione iraniana Fateh 110, missili in grado di raggiungere quasi tutto il territorio dello stato ebraico con una testata di 500 chili di alto esplosivo. Sorvolando sul fatto che Iran, ora che l’Egitto permette il passaggio per il canale delle sue navi da guerra, potrebbe rifornire Hezbollah via mare direttamente dai porti del sud del Libano (che la milizia shiita controlla), senza coinvolgere la Siria nel traffico, resta da appurare se la distruzione dei Fateh 110 indotazione all’esercito siriano, che probabilmente erano davvero stoccati nella base, fosse il vero obbiettivo. La base attaccata infatti ospita i reparti della 4° divisione corazzata dell’esercito e le brigate della Guardia Repubblicana. Reparti integralmente costituiti da militari professionisti e all’80% Alawiti, con una scarsa presenza di Sunniti nel rimanente 20% degli effettivi. Queste formazioni, poste al comando del fratello minore del presidente Maher al Assad e di Talal Makhlouf, del clan della moglie di Bashar, sono il pilastro del potere degli Assad, garanzia contro eventuali velleità golpiste di generali sensibili alla lusinga dei petroldollari. Quindi è possibile che il vero obbiettivo fosse, se non l’eliminazione fisica di Maher al Assad (già tentata più volte), un indebolimento del potenziale militare dei fedelissimi del presidente.
Se si aggiunge che l’attacco è stato concordato coi “ribelli” come si può dedurre dal fatto che questi ultimi hanno potuto filmarlo con apparecchiature ad altissima tecnologia (fornite da chi?) e farlo circolare sui loro circuiti mediatici solo un’ora dopo la sua conclusione, appare chiaro che Israele ha deciso di uscire dall’attendismo e di puntare sulla caduta del regime, accettando il rischio del caos permanente che verrebbe a crearsi sul suo fronte nord, e forse nella speranza che, perso il suo alleato confinante, anche Hezbollah diventi un facile boccone per Tsahal, che ancora si lecca le ferite del 2006.
A conferma di tutto questo concorrono alcuni fatti. Uno a conoscenza di tutti e cioè che il 5 maggio scorso, Carla del Ponte, la magistrata ticinese, ex procuratore del Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia dal 1999 al 2007, che fa parte della Commissione Onu di indagine sull’uso di armi chimiche nel conflitto siriano, dichiara alla Radio Svizzera Italiana: <<Stando alle testimonianze che abbiamo raccolto i ribelli hanno usato armi chimiche, facendo ricorso al gas sarin>>. Con ciò vanificando le speranze della NATO di avere una scusa per intervenire nel conflitto e rovesciare il governo di Damasco. Ma sconosciute ai più sono le dichiarazioni rilasciate in una conferenza pubblica, il 3 maggio scorso, dal colonnello Lawrence Wilkerson, che è stato capo dello staff di Colin Powell, quando questi era segretario di stato, dal 2001 al 2005 (e dovette imbonire all’ONU la frottola che Saddam avesse armi di distruzione di massa poi puntualmente mai trovate). Questo Wilkinson, in una conferenza pubblica, a proposito delle armi chimiche usate in Siria, ha lasciato cadere testualmente le seguenti frasi: <<…Può essere una operazione false flag israeliana>>(1).
Il sarin utilizzato dalla guerriglia, non sarebbe quindi uscito da qualche deposito dell’esercito regolare conquistato dai ribelli ma sarebbe stato fornito dal Mossad per imbastire una montatura che portasse all’intervento diretto degli USA o della NATO.
Nelle ultime settimane poi l’esercito siriano, che è passato all’offensiva riprendendo il controllo di vaste zone prima in mano alle milizie salafite, ha constatato che sulla linea di demarcazione con le alture del Golan, occupate dal 1967 dalle forze armate ebraiche, i “ribelli”, feriti e non, pressati dalla offensiva congiunta di Hezbollah e delle truppe regolari, trovavano un santuario in cui rifugiarsi nei territori occupati da Israele.
Negli ultimi giorni poi, l’aperto intervento delle milizie shiite libanesi al fianco dell’armata araba siriana ha portato alla disfatta dei guerriglieri del Fronte al Nushra asserragliati nel nodo strategico di Al Qusseir al confine con il Libano del nord , alla morte del loro comandante, Abou al-Walid, e alla cattura di ingenti depositi di materiale bellico di provenienza occidentale e israeliana tra cui un veicolo dotato di sofisticate apparecchiature per la guerra elettronica simile a quelli forniti da Tel Aviv alla Georgia e catturati dai Russi nella guerra lampo del 2008.
Al di la dei fatti si impongono alcune considerazioni di carattere generale:
Il conflitto che già era occultamente uno scontro tra la Siria e potenze straniere è diventato ora apertamente un conflitto internazionale. L’intervento di Israele e la risposta aperta con la scesa in campo palese di Hezbollah non lasciano dubbi in proposito. Nei fatti già il Libano è entrato nella spirale della guerra. Se l’afflusso di centinaia di migliaia di profughi siriani aveva di per se un effetto destabilizzante l’esplodere della guerra aperta tra Alawiti e Sunniti a Tripoli e gli scontri tra Salafiti e Hezbollah a Sidone hanno aperto il vaso di pandora di una nuova possibile “guerra civile”. In questo scenario i cristiani libanesi ricoprono il ruolo del proverbiale vaso di coccio tra vasi di ferro. Inermi, avendo scelto, da uomini di buona volontà, di esercitare la forza del diritto piuttosto che quella delle armi. Divisi tra chi si ostina a considerarsi un avamposto di un occidente, che ha già scelto il proprio alleato, la realtà sionista, nella regione, e chi ha compreso che la scelta deve essere per la complementarità con l’oriente che li circonda.
La seconda considerazione riguarda Hezbollà che ha dimostrato ancora una volta di essere guidato da leader dotati di una particolare intelligenza politica e una formidabile macchina da guerra. Nelle prime fasi del conflitto ha addestrato le fanterie leggere dell’esercito siriano a combattere una guerra asimmetrica alla quale non erano preparate. Successivamente ha creato le forze cacciacarri che controllano la linea di demarcazione sul Golan e nei giorni scorsi hanno fermato un tentativo di infiltrazione distruggendo un carro e un veicolo militare con la stella di david.Finalmente è intervenuto ripulendo i corridoi di infiltrazione dal Libano e facendo da punta di lancia alla riconquista del nodo strategico di Al Qusseir al prezzo di una trentina di caduti mentre le perdite avversarie ammontavano a 500\700 caduti e circa 2000 prigionieri.
Infine la diplomazia russa deve aver maturato la convinzione che, se e quando, la seconda conferenza di Ginevra ci sarà avrà lo stesso risultato della prima e cioè l’emissione di documenti finali unitari che saranno poi interpretati, per la malafede della controparte, in modo diametralmente opposto dalle parti, non ostante la lettera ne consenta solo una interpretazione univoca.
Da ciò la decisione strategica di fornire alla Siria le batterie di S-300PMU e di Yakont decretando così l’impossibilità di un nuovo scenario”libico” sia dal cielo che dal mare, nonché lo schieramento di una flotta permanete di almeno 10 navi da guerra davanti alle coste siriane.
Vivremo tempi interessanti.
La foto riguarda il veicolo per la guerra elettronica israeliano catturato a Al Qusseir