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Parker Solar Probe, la sonda intitolata all’astrofisico che per primo teorizzò l’esistenza del vento solare, è uscita incolume dal suo primo passaggio ravvicinato attorno al sole, culminato il 6 novembre scorso, quando in Italia erano le 3.28 del mattino. Con soli 24,1 milioni di km, Parker ha stabilito il record di massimo avvicinamento alla nostra stella di un oggetto costruito dall’uomo, superando quello detenuto in precedenza da Helios B, che il 17 aprile del 1976 aveva raggiunto i 43,4 milioni di km. Parker ha anche stracciato il primato di velocità della sonda tedesco-statunitense, che aveva viaggiato a a 70,2 km/s, toccando i 95,3 km/s rispetto al Sole.
Ma assai più dei record, destinati ad essere superati più volte nel corso della missione, dal momento che nei prossimi anni il veicolo si avvicinerà sempre di più al Sole, aumentando ulteriormente la propria velocità, è interessante apprendere che Parker è in ottime condizioni ed è pronto a trasmettere a Terra i dati raccolti dai suoi strumenti nel suo primo passaggio al perielio.
Partita da Cape Canaveral a bordo di un Delta IV Heavy il 12 agosto scorso, Parker ha raggiunto Venere un mese e mezzo dopo, sorvolandolo il 3 ottobre ad una distanza di 2.400 km. L’attrazione gravitazionale del pianeta durante il flyby ha deviato la traiettoria della sonda (come tornerà a fare nei prossimi anni per altre sei volte), piegandola verso il Sole.
Al 31 ottobre, scavalcata l’orbita di Mercurio, iniziava il primo dei 24 incontri programmati con il Sole, ossia quelle fasi del suo volo lungo un’orbita fortemente ellittica nelle quali, trovandosi a meno di 0,25 UA (37,4 milioni di km) dal centro della nostra stella, può far uso di tutti i suoi strumenti per raccogliere dati scientifici.
Si tratta, ovviamente, dei momenti più rischiosi del viaggio, durante i quali la sonda si trova ad attraversare una regione dello spazio in cui la materia – per fortuna assai poco densa – raggiunge i 2.000.000 di gradi e l’intensa radiazione solare può scaldare la superficie dello scudo termico fino a 438 gradi. Condizioni limite che Parker deve affrontare in piena autonomia, dal momento che l’interferenza del Sole impedisce ogni contatto radio con la Terra, sia la trasmissione di comandi che la ricezione della telemetria. È compito esclusivo dei sistemi di bordo regolare adeguatamente i pannelli solari, ritirandoli in modo che non raggiungano temperature critiche, e mantenere il corretto orientamento del veicolo, permettendo agli strumenti di rimanere nell’ombra dello scudo termico, a solo una trentina di gradi Celsius.
È quindi più che comprensibile che il team del Johns Hopkins Applied Physics Laboratory e i responsabili scientifici della NASA abbiano vissuto con una certa apprensione – specialmente in questa prima occasione – le ore di blackout nelle comunicazioni durante il passaggio al perielio ed accolto con entusiasmo la ricezione dei primi segnali, il 7 novembre.
Parker Solar Probe è stato progettato per prendersi cura di sé e del suo prezioso carico utile durante questo approccio ravvicinato, senza alcun controllo da parte nostra sulla Terra, e ora sappiamo che ha funzionato, – ha dichiarato con entusiasmo Thomas Zurbuchen, associate administrator presso il Science Mission Directorate della NASA. – Parker è il culmine di sei decenni di progresso scientifico. Abbiamo appena realizzato la prima visita ravvicinata dell’umanità alla nostra stella, che avrà implicazioni non solo qui sulla Terra, ma per una più profonda comprensione dell’universo.
Ad incoraggiare questi auspici è anche il fatto che, nel suo riaffiorare da dietro il Sole, Parker ha trasmesso a terra di trovarsi nello stato “A”, ossia nelle più favorevole delle quattro condizioni codificate, quella in cui tutti i sistemi funzionano in modo nominale, gli strumenti scientifici sono accesi e raccolgono dati ed eventuali problemi minori sono stati risolti autonomamente.
La prima fase di incontro con il Sole, iniziata il 31 ottobre si è conclusa l’11 novembre. Occorreranno settimane perché i dati raccolti dalle quattro suite di strumenti a bordo, possano essere trasmessi a Terra.
Fonte: NASA
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