La strategia di Russia e Turchia per eliminare al Qaeda da Idlib

Con un piano altamente spregiudicato, Russia, Turchia e Iran accettano che gran parte della sacca di Idlib cada sotto Hts e per ora stanno a guardare. Ecco perché.

07.01.2019 – Patrizio Ricci

In Siria, le trascorse festività di Natale sono state celebrate nelle aree governative senza guerra e in letizia, come ai tempi antecedenti il conflitto. Invece, nell’ultima area ribelle di Idlib, dove è predominante Hayat Tahrir al-Sham (Hts), gruppo qaedista di ideologia salafita, è stato vietato celebrare qualsiasi liturgia fuori dalle chiese (dove sono state rimosse anche le croci sui campanili).

Inoltre, la vigilia di Natale la cittadina cristiana di Mardhe (a ridosso della zona di de-escalation di Idlib), è stata bombardata con 7 missili dei miliziani, provocando molti feriti. La stessa sorte è toccata anche ad altri villaggi vicini e ad Aleppo.

Insomma, il “feudo” ribelle di Idlib è il luogo del controsenso. E’ qui che decine di milizie si fregiano con nomi altamente evocativi come “esercito libero” o “fronte nazionale di liberazione” e, nello stesso tempo, impongono alla popolazione le scuole coraniche, i tribunali della sharia.

Ma oltre a queste problematicità esiste anche un altro fattore che rende la provincia di Idlib come un girone infernale: sono le lotte intestine tra le varie fazioni islamiste, scoppiate sin dal 2015, l’anno della “conquista”. L’ultima faida è esplosa con sanguinosa violenza la mattina di lunedì scorso, qualche decina di chilometri a nord ovest di Aleppo.  

E’ qui che i militanti dell’alleanza islamista Jabhat Fateh al-Sham guidata dal gruppo Hts hanno avviato un’offensiva simultanea su tre fronti contro il gruppo salafita Nour al-Din al-Zenki. Il risultato è stato la sottrazione della cittadina di Darat Izza e di tutti gli insediamenti controllati da Nour al-Din al-Zenki.

La rappresaglia di Hts (che, ricordiamolo ancora, è affiliata ad al Qaeda) è scoppiata dopo che i militanti di Nur al-Din al-Zenki hanno sparato a quattro jihadisti di Hts nell’insediamento di Tel Ada ad ovest di Aleppo. Nur al-Din al-Zenki ha anche irragionevolmente – secondo il parere dell’Hts – detenuto e minacciato il noto propagandista di Idlib Tahir Abu Umar, che fornisce supporto mediatico ad Hts. Ma la narrativa è del tutto falsa, i militanti estremisti da tempo danno fiato alle armi con ogni pretesto e l’ultimo caso non fa eccezione: Hts avrebbe inviato rinforzi alle aree circostanti con un focus su Darat Izza pochi giorni fa, prima del casus belli. Inoltre, nei giorni scorsi sono circolate anche segnalazioni che riportavano come già  da diversi giorni  anche Nur al-Din al-Zenki  stava allestendo blocchi stradali su tutte le vie che portano a Darat Izza, appunto in previsione di lotte intestine con Hts.

Si tratta quindi di qualcosa di premeditato. Sta di fatto che Nur al-Din al-Zenki ha perso tutte le località ove era presente, inanellando sanguinose sconfitte. Dopo solo tre giorni di combattimenti, gli scontri hanno causato circa 500 morti, calcolati da entrambi le parti. Finché venerdì le residue difese di Nur al-Din al-Zenki sono totalmente collassate. Ora il conflitto si è esteso: i gruppi Ahrar Al-Sham e Sukur Al-Sham hanno affermato che se Hts non avesse smesso di attaccare Nur al-Din al-Zenki, avrebbero preso la parte di quest’ultimo.

Ora, il conflitto si è esteso: in un tweet Ali Jaber Pasha, leader di Ahrar al Sham, ha spiegato dettagliatamente gli eventi tra Nur al-Din al-Zenki e Hts affermando che hanno mostrato “una enorme pazienza” con l’Hts per non versare sangue. Il comunicato finisce col dire che Ahrar al Sham sarebbe intervenuto se Hts non si fosse fermato.

Ma Hts non ha aspettato l’iniziativa di Ahrar al Sham e sabato dirigeva uomini e mezzi pesanti a sud di Idlib per prendere le aree in mano ai gruppi Ahrar Al-Sham e Suqour Al-Sham  sulle alture di Zawiya e nella località di Maraat Al-Numan.

A questo punto quasi tutte le milizie saranno coinvolte. E’ inevitabile che sia così: Nour al-Din al-Zenki fa parte dell’alleanza filo-turca “Fronte nazionale per la liberazione” (Fnl) ideata nel maggio dell’anno scorso da Ankara per meglio controllare le 11 milizie che vi hanno aderito.

In conclusione, stiamo assistendo probabilmente all’atto finale della presenza di al Qaeda in Siria, alias Hayat Tahrir al-Sham (Hts). Questi eventi non sono fortuiti. Quando l’esercito turco si è portato gran parte delle forze del Fnl al seguito per sbaragliare i curdi nel nord della Siria, non lo ha fatto per caso: è impensabile che non sapesse che Hts ne avrebbe approfittato.
Al contrario, Russia, Turchia e Iran incrociano le dita perché gran parte della sacca di Idlib cada sotto Hts. Se questo avverrà, all’esercito siriano non potrà più essere precluso di lanciare l’offensiva “Idlib Down” bloccata precedentemente dalla Turchia e da Usa, Francia e Gran Bretagna.

Ankara allora si oppose, ma erano altri tempi. Oggi l’esercito turco ha ormai reso “embedded” gran parte delle sigle ribelli: le ha riconvertite in milizie paramilitari, vestite di tutto punto con uniformi nuove, pagate e fedelmente messe ai propri ordini. Rimane solo l’incomodo: Hts, che è l’indisciplinato, l’alleato ingestibile, scomodo perché rifiuta ogni accordo.

Quindi entra in scena l’ultimo atto, un piano progettato sin dall’inizio dell’operazione militare turca in corso che è ormai cronaca: distrarre gran parte delle forze del Fnl mobilitandole per l’operazione contro i curdi verso Manbij, in previsione che Hts profittasse di ogni spazio rimasto sguarnito, come ha sempre fatto.

Tutti gli elementi indicano chiaramente che la Turchia e la Russia volevano che accadesse esattamente ciò che sta accadendo: quando la maggior parte dei territori della provincia di Idlib sarà in mano ad Hts, nessuno potrà più  opporsi ad attaccare al Qaeda. Un piano spregiudicato, non c’è che dire, e pericoloso (con variabili assai volatili), ma finora è stato fatto peggio nei salotti-bene delle nazioni democratiche occidentali, ancora ammiccanti al “buco nero” e indecise. 

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