La vera guerra è dentro l’Occidente non al di fuori

l’Occidente ha smesso di essere quello che era e come lo vedevamo noi.

Nel vecchio mondo bipolare, l’Europa aveva un ruolo da svolgere. Doveva essere un contrappeso al blocco del Patto di Varsavia. Proprio come Berlino Ovest era una vetrina del mondo occidentale di fronte al suo vicino orientale, così la vecchia Europa era quel miraggio che una persona dell’Est doveva rimanere incantata a guardare. Ma dopo il crollo del mondo socialista non c’era più bisogno di una vetrina; si è giunti ora al momento terminale della decostruzione della vecchia Europa e la spaventosa realtà di ciò che resta della vecchia civiltà appare davanti ai nostri occhi.

Tutto ciò che sta accadendo è come una pesante cortina di fumo, dietro la quale si svolge nel silenzio più completo un dramma esistenziale: il rinnegamento della civiltà cristiana che ha dato vita all’Europa, il crollo di una cultura un tempo grande.

Veramente la più grande delle catastrofi è la distruzione del sacro canone della cultura, e dietro di esso il mondo più occidentale. Lo vediamo ogni giorno: non c’è più alcuna istruzione tradizionale, né standard culturali, né la più antica cultura europea. 

Il concetto stesso di “civiltà occidentale” non è rimasto nei corsi universitari, nei programmi scolastici, né nella mente dell’uomo occidentale della strada. I ritratti con i grandi uomini dell’antichità hanno lasciato le aule e il pubblico universitario. Platone, Dante, Shakespeare sono dichiarati rappresentanti del patriarcato sciovinista, inaccettabile nel “luminoso regno” della totale inclusività. Il loro stesso studio è riconosciuto offensivo per le persone transgender, neri e asiatici, e quindi dovrebbe essere escluso. 

La seguente riflessione mi è stata inoltrata da amici con cui cerco, insieme, di valorizzare l’essenziale per aiutare a mostrarci che un altro modo di vivere è possibile, a partire dal “Quaerere Deum” che ha fatto grande l’Europa: 

Lo scontro di civiltà dentro l’Occidente.

Io credo che vi sia davvero uno scontro di civiltà, ma questo scontro di civiltà non è tra l’Occidente e gli altri, ma all’interno dell’Occidente.

È uno scontro tra un Occidente attardato, vecchio, settario, nostalgico del colonialismo, che crede di essere il possessore della verità, e un Occidente aperto agli altri.

Tra un Occidente che pensa che gli altri debbano rinunciare alle proprie identità e diventare come noi e un Occidente che ama l’alterità culturale, russa, cinese, indiana, e che vede in essa una fonte di vita, culture da cui imparare, con cui dialogare e con cui costruire insieme un mondo migliore.

Lo scontro di civiltà è tra un Occidente che mira alla propria sicurezza, a scapito della sicurezza degli altri, e un altro Occidente che, invece, sa che la sicurezza della Russia, della Cina, dell’India È LA NOSTRA SICUREZZA. Perché se gli altri si sentono minacciati si armeranno, faranno guerre preventive per impedire di essere attaccati. Se si sentono minacciati anche il loro sviluppo interno sarà bloccato.

Lo scontro è tra un Occidente che mira al regime changes e un Occidente che pensa che, invece, questa minaccia impedisce agli altri di allargare i propri spazi di libertà. Perché se gli altri sentono che i processi di democratizzazione vengono usati dalla propaganda occidentale per imporre governi filooccidentali, con l’adescamento e con i mezzi di propaganda, saranno costretti a bloccarli.

Lo scontro è tra un Occidente che vuole farla da padrone a casa degli altri e un Occidente che sa che gli altri stanno cercando una loro strada e sa dialogare con loro.
Lo scontro è tra un Occidente che avvelena i pozzi e destabilizza il mondo per mantenere una supremazia geopolitica e un Occidente che, invece, sa che per risolvere i grandi problemi e difendere i diritti di tutti gli uomini occorre un patto di sicurezza globale, con altri soggetti, autonomi, indipendenti.

Se costruiamo questa sicurezza per tutti questa sarà la condizione per parlare di diritti umani ovunque. Se stabiliamo rapporti di cooperazione con la Cina, la Russia, l’India potremo affrontare, insieme, i problemi dei diritti in Afghanistan, ma se si crea un clima da guerra fredda questo avvantaggerà i regimi peggiori, come quello dei talebani.

Lo scontro di civiltà è tra chi mira a un mondo unipolare e chi mira a un mondo multipolare, perché solo questo può affrontare i problemi del cambiamento climatico, della fame. L’Occidente che vuole la guerra produrrà milioni di morti per fame (fonte Martina, ex segretario PD), a causa della mancanza di grano. L’altro Occidente ha una visione globale, si chiede che cosa implica la guerra in Ucraina per tutti i popoli. Lo scontro è tra un Occidente privo di visione e un Occidente che sa che questa guerra provocherà fame e, con essa, un flusso migratorio senza precedenti, disperati che non fuggiranno solo dalla miseria e dalla guerra ma da morte certa per fame, in Africa e in molti paesi dell’Asia.

Lo scontro è tra un Occidente che vuole l’equilibrio del terrore e il riarmo, sottraendo risorse a sanità, educazione, lotta alla fame, e un Occidente che vuole avviare un percorso inverso, di graduale disarmo. Di fatto stiamo costringendo noi stessi e gli altri a una nuova corsa al riarmo, ed è questo nucleo di follia che l’Occidente deve lasciarsi alle spalle.

Non le armi ci garantiranno sicurezza, ma il fatto che gli altri non si sentano minacciati.

Lo scontro non è con gli altri: lo scontro è tra di noi, lo scontro è attorno all’identità dell’Occidente, è attorno a chi siamo e a quale ruolo vogliamo giocare nella storia del mondo.

Lo scontro è tra chi pensa alla contaminazione tra culture che restano differenti e chi vorrebbe un’unica cultura e lo sterminio delle altre.

Lo scontro è tra una cultura della guerra e una cultura del dialogo.

È su questo che ognuno deve scegliere da che parte stare.

Vincenzo Costa (dal diario di Giorgio Bianchi – photojournalist)

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