È sempre la solita storia, che si ripete con un copione ormai stantio, modificato solo nei dettagli e nei protagonisti di turno. Il recente scandalo legato al ministro Sangiuliano ha dato ulteriore prova di come i media, nonostante le dichiarazioni di libertinaggio e apertura mentale, si lascino sopraffare da un moralismo a senso unico, spesso legato a una mera lotta per il potere.
Dall’episodio emerge chiara una dinamica ben nota: ogni volta che la politica si intreccia con la vita personale, i giornali non esitano a trasformare storie di letto in questioni di Stato. Come ha sottolineato con pungente ironia Giuliano Ferrara, se al centro della vicenda ci fossero stati protagonisti di orientamenti sessuali diversi, probabilmente tutto sarebbe stato ignorato o addirittura celebrato come segno di modernità. La selettività con cui si applica il puritanesimo mediatico è disarmante e, per quanto tentino di mascherarla con discorsi di presunta trasparenza o tutela delle istituzioni, è chiaro che l’interesse reale è solo voyeurismo e, in definitiva, la conquista di un bottino politico.
La stampa, o meglio, una certa parte di essa, non perde mai occasione per far leva sulla “curiosità morbosa” del pubblico, che viene sistematicamente manipolato per volgerlo a favore di un’ideologia o di un’altra. Questa volta, l’obiettivo pare essere la caduta di Sangiuliano, ma la prassi è sempre la stessa: si utilizza la vita privata di un politico per farne una crociata pubblica, una “sceneggiata” (come la definisce Emanuele Boffi), in cui l’unico risultato auspicato è lo scalpore, lo scandalo, e la rimozione di una figura scomoda.
Di certo, il ministro ha commesso errori, ma siamo davvero sicuri che ci troviamo davanti a una questione di interesse pubblico, o siamo solo spettatori di una lotta di potere travestita da moralismo? L’ossessiva insistenza su ogni dettaglio della vita personale del ministro e della sua relazione con la signora Boccia ci racconta una storia diversa: è il tentativo di abbattere un avversario politico, usando la vita privata come un’arma, con la giustificazione che, in nome della trasparenza, tutto diventa affare di Stato.
I media, sempre pronti a professarsi difensori della libertà individuale e a condannare ogni forma di restrizione morale, finiscono per tradirsi proprio nei momenti di scandalo. Sotto la maschera di chi finge apertura mentale e modernità, si cela un puritanesimo selettivo che colpisce solo quando è conveniente. Una duplicità che ben rappresenta il gioco politico: l’indignazione morale è una carta da giocare quando serve, ma dimenticata all’occorrenza.
La questione, quindi, non riguarda realmente l’integrità delle istituzioni o il presunto scandalo, ma piuttosto la gestione della percezione pubblica, ormai completamente manipolata dai media. La popolazione, che un tempo poteva esprimere giudizi più autonomi, si lascia trasportare da una narrazione che viene costruita e decostruita a seconda delle necessità politiche del momento. È la logica del “vento che soffia dove serve”, con le campagne mediatiche che modellano e rimodellano l’opinione pubblica come creta nelle mani di abili artigiani della comunicazione.
Cosa rimane, allora, di autentico? Nulla, se non la consapevolezza che, di fronte a questi giochi di potere, l’unica vittima è la verità.
Vedi l’ottimo articolo di Boffi: https://www.tempi.it/sangiuliano-peggio-degli-immorali-ci-sono-solo-i-moralisti/