L’Afghanistan democratico s’infrange nel Corano bruciato per sbaglio dagli americani

di Patrizio Ricci

In una base USA in Afghanistan sono state improvvidamente bruciate alcune copie del Corano che i prigionieri talebani usavano per passarsi messaggi scritti. Il fatto ha scatenato una rivolta senza precedenti, la situazione stenta a tornare alla normalità ed ha provocato già decine di morti. L’insicurezza ha raggiunto livelli tali che tutti i funzionari USA sono stati fatti evacuare, e dopo Stati Uniti e Gran Bretagna anche Germania e Francia hanno ritirato i loro diplomatici dalle istituzioni di Kabul. Non sono valse a placare gli animi le pubbliche scuse del presidente Obama, ripetute più volte, né le rassicurazioni sulla buona fede dei militari. Tanto furore non si era visto neanche qualche tempo fa, quando era stato diffuso il video dei soldati americani che urinavano sui cadaveri di alcuni talebani uccisi.

Dove trovare una spiegazione a tale reazione, pur sapendo che nella società afgana il sentimento religioso è molto marcato? Ci accorgiamo che, come sempre, è una questione di strade non costruite: durante i 10 anni di occupazione, non si è riusciti a intrecciare solidi rapporti di fiducia con la popolazione. Così, avviene come diceva l’ex ambasciatore statunitense Karl Eikenberry: “Dove finisce la strada è lì che i talebani hanno inizio”. Dove finisce la strada incomincia la vicenda umana di un popolo che non ha conosciuto che guerre, che ha avuto come unica fonte di istruzione le scuole coraniche dei Mullah e che dopo ben 10 anni dall’occupazione raramente ha accesso all’acqua potabile e alle cure sanitarie.

La strada finisce dove è stata trascurata l’educazione: l’istruzione è oggi una libertà scarsamente fruibile, visto che – come hanno denunciato ben 16 organizzazioni umanitarie – ancora manca tutto, mancano strutture , insegnanti, libri. Dove finisce la strada, specialmente al sud, cominciano le milizie locali, proliferano i coltivatori di oppio che hanno raddoppiato la produzione, portandola al 92% della produzione mondiale; comincia il cattivo governo, la corruzione. La strada finisce quando ci si rende conto che le spese militari, giunte a ben 150 miliardi di dollari l’anno, hanno continuato a lievitare, senza dare però maggiore sicurezza. A tanta capacità di distruggere, non è corrisposta altrettanta capacità a ricostruire.

Si è puntato tutto sulla sicurezza ma neanche sul piano militare la situazione si è definitivamente risolta. Tant’è che nei giorni scorsi, un tenente colonnello dell’esercito degli Stati Uniti, tale Daniel L. Davis, ha accusato il suo governo di dire “bugie” sui progressi militari compiuti in Afghanistan e che non è avvenuto nessun miglioramento significativo della vita dei civili. Non ha fatto questa dichiarazione solo a parole, anzi ha messo tutto nero su bianco in un dossier di 84 pagine che riporta 250 testimonianze: il rapporto è ora secretato, al vaglio del Congresso degli Stati Uniti. L’immagine del dito inchiostrato, il simbolo delle libere elezioni, mostrato orgogliosamente ai nostri occhi sinceramente compiaciuti, purtroppo non è bastato a innescare da solo quel processo di miglioramento che ci si prefiggeva di raggiungere.

Infine, non possiamo sottacere con amarezza come gli occidentali, che si tratti di una maglietta o di un simbolo sacro, siano sempre pronti a chiedere scusa riguardo alle altre religioni. E’ paradossale invece che davanti alle persecuzioni, alle ingiustizie e alle eliminazioni fisiche dei cristiani si taccia sempre.

 

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