Il Centro d’Abruzzo e Ansa riportano oggi la notizia della decisione da parte del sindaco di Salle, un paesino abruzzese, ai piedi del monte Morrone nel massiccio della Majella, della rimozione di una lapide in cui la cittadinanza ringraziava per la ricostruzione del paese , distrutto a seguito del disastroso terremoto del 1933.
Salle in provincia di Pescara fu ricostruita da parte del governo fascista dopo il terremoto del 1933, uno dei più devastanti della storia italiana. La scossa fu classificata del 9° grado della scala mercalli, cioè distruttiva.
In quell’occasione – benché in piena stagione fredda e con gli scarsi mezzi di allora – , “il Governo fascista evitò di ricorrere alle baracche o altro tipo di costruzione provvisoria, perché le riteneva di intralcio alla definitiva ricostruzione dei borghi colpiti e anche per evitare la riduzione delle condizioni igieniche e del tenore di vita delle famiglie che avrebbero dovuto occuparle. In seguito, mantenne sotto stretto controllo la ricostruzione“.
Il governo – seppure in un momento di grave crisi economica emanò il “Regio decreto del 16 ottobre 1933 numero 1334, che prevedeva l’adozione, nella ricostruzione, di un sistema antisismico con la tecnica del cemento armato” che all’epoca era quasi per nulla usato.
L’area ovviamente interessata del terremoto non era stata solo quella di Salle ma interessò molti paesi del massiccio della Majella. Per questo, “l’opera di ricostruzione fu particolarmente difficile. Bisognava infatti in brevissimo tempo provvedere al ricovero dei senza tetto prima dell’arrivo dell’inverno. Nonostante le notevoli difficoltà, furono rese abitabili nel «cratere» circa 10.000 edifici lesionati”.
I lavori di ricostruzione iniziarono in sole due settimane dopo il sisma, ovvero il 7 ottobre 1933. i primi interventi si conclusero nella prima decade di novembre.
A Lama dei Peligni furono costruiti 100 vani, a Taranta Peligna 110, a Civitella Messer Raimondo 40 e a Salle del Littorio 112 vani ubicati in una zona nuova distante dal paese, tutto questo nonostante le difficoltà per la mancanza di acqua, la scarsità dei mezzi di trasporto, il difficile reclutamento della mano d’opera e la scarsità degli alloggi da mettere a disposizione delle maestranze. I nuovi quartieri furono dotati di fognature, rete idrica, strade interne con marciapiedi e zanelle. Le casette furono assegnate alle famiglie più bisognose che non avevano la possibilità di ricostruire le proprie abitazioni. Erano però tenute al pagamento di un canone d’affitto mensile al Comune, differenziato per numero, ampiezza ed esposizione dei locali. Alle famiglie che versavano in stato di indigenza – su proposta del Podestà – il Prefetto decideva in merito all’esonero.
Il paese di Salle lo conosco molto bene in quando andavo in vacanza estiva con la mia parrocchia degli Angeli Custodi di Pescara ogni anno all’epoca delle scuole medie. Ricordo bene che ogni casetta aveva il simbolo del fascio e quelle effigi erano al posto dov’erano rimaste intatte senza alcun scandalo da parte della popolazione, passando indenni anche l’epoca della resistenza partigiana. Il paese di Salle fu ricostruito interamente dal governo fascista spostandolo di circa un chilometro dove il terreno era più solido.
Quindi riassumendo: quasi ogni casa aveva il simbolo fascista. 6 anni fa l’allora amministrazione comunale scovo la lapide e la rimise dov’era, nel municipio. La scritta diceva, essenzialmente che il municipio fu ricostruito dal Duce in maniera più solida. E così è stato: nei successivi terremoti ha resistito.
Però l’obiezione arriva e con essa il provvedimento di rimozione.
Al suo posto sarà messa la Costituzione. A meno che l’attuale amministrazione comunale non decida di mettere la trascrizione di un bel Bella Ciao! ( – ipotesi non poi così remota, visto che è cantata anche dalla Commissione UE ). Mi domando che c’azzecca con il fatto che il paese, compreso l’edificio del municipio fu in effetti ricostruito dal fascismo in tempi brevi e bene, cosa che le successioni amministrazioni – che a quella costituzione si ispirarono – non fecero?
A mio avviso – a prescindere della ideologia a cui l’opera è collegata a cui la storia ha già dato il suo giudizio – la rimozione della lapide è una rimozione storica, di qualcosa di buono effettivamente fatto. Per questo, il provvedimento dell’amministrazione del comune di Salle testimonia solo il non superamento del dualismo ”fascismo – antifascismo” che pretende di leggere l’intera storia umana.
Questa chiave di lettura è più che mai ipocrita giacché oggi è usata in maniera solo utilitaristica da parte di una sinistra che ha rinnegato completamente i suoi principi, la quale oggi per sopperire alla sostanza si avvale dei vecchi simboli di contrapposizione di cui è svuotata di contenuti. E’ un’azione proditoria, violenta, idiota e senza senso che nuoce più che valorizzare alcunché.
La rimozione della memoria storica e il rinnegamento dei fatti sono azioni più pericolose di qualsiasi dittatura. In un certo senso è la stessa cosa. E contro questa mentalità , nessuna costituzione può valere. Peraltro la nostra Costituzione proprio da questa sinistra ‘progressista’ è stata abbondantemente rinnegata, a partire dall’accettazione delle numerose clausole che la snaturano totalmente (come l’aggiunta del pareggio di bilancio).
Quindi la sostituzione della lapide – che dice un fatto storico e non pretende di dare un giudizio storico (era il 33′ e non il 45′) – con una costituzione snaturata e vilipesa, non è un granché, anzi ha il sapore della beffa.
L’amministrazione si giustifica che la lapide (che risale al 1933) fu fatta murare 6 anni fa dall’ora amministrazione.
Tuttavia la perplessità si pone ugualmente e non è tanto la rimozione della lapide a fare questione, quanto la leggerezza del movente : in un paese in cui ancora tante case portano i segni di quell’intervento, che senso ha il richiamo alla Costituzione? Forse la Costituzione vieta la ricostruzione di un intero paese in un mese, oppure la auspica?
Il dubbio che sorge è se – piuttosto – ciò contro cui si scaglia la nuova amministrazione comunale non sia invece il ‘simbolo’ traslato nella realtà odierna, nella sua accezione moderna, ovvero tutto ciò si preferisca rinchiudere e catalogare nell’ambito del ‘fascismo’ per sfuggire ad una revisione ed un mutamento profondo del proprio pensiero.
patrizio ricci by @vietatoparlare
le info sul terremoto sono tratte dall’archivio storico del Comune di Casoli “Il terremoto della Maiella del 26 Settembre 1933 – I lavori iniziarono il 7 ottobre 1933, e i primi interventi si conclusero nella prima decade di novembre. Così il fascismo affrontò l’emergenza”