La polizia turca piomba all’alba in 19 abitazioni di Kocaeli, zona industriale a sud di Istanbul. Una retata in piena regola che però non prende di mira criminali armati, ma professori universitari, colpevoli di aver firmato un appello pubblico per chiedere una soluzione pacifica del conflitto curdo, che dalla scorsa estate è tornato a insanguinare il sud-est della Turchia.
Finiti in un’inchiesta per «propaganda terroristica» a favore del Pkk e offesa allo Stato, 12 docenti vengono portati via con la forza per essere interrogati, mentre altri 7 sono i fermati nelle ore successive. In 15 vengono rilasciati in serata, ma almeno 4 restano ancora in stato di fermo e non si escludono nuovi blitz. Un caso destinato a infuocare gli animi, anche perché contro i firmatari dell’appello degli “Accademici per la pace” – 8.354 tra professori e ricercatori e 86 istituzioni – torna a scagliarsi minaccioso il presidente Recep Tayyip Erdogan, che già li aveva attaccati nei giorni scorsi: «Solo perché hanno titoli come professore o dottore davanti ai loro nomi non significa che siano illuminati. Queste persone sono oscure, crudeli e vili. Chi sostiene i massacri del Pkk contribuisce ai suoi crimini. Ho invitato i giudici a fare subito tutto ciò che serve».
L’appello dal titolo «Noi non saremo parte di questo crimine!» chiede uno stop alle operazioni condotte da Ankara contro il Pkk nel sud-est a maggioranza curda. Secondo le ong locali almeno 162 civili, tra cui 32 bambini, sono i morti dalla ripresa delle ostilità, mentre centinaia di migliaia sono le persone che hanno subito gli effetti del coprifuoco totale, mantenuto per settimane nei centri urbani. A sostenere l’appello dei professori turchi ci sono anche firme “pesanti”, come quella di Noam Chomsky. Nella lista spuntano pure i nomi di diversi professori italiani. Attestati di solidarietà giungono anche da decine di giornalisti e rappresentanti del mondo della cultura e dello spettacolo, aprendo l’ennesimo scontro tra Erdogan e l’intellighenzia turca.
Il presidente ha accusato i firmatari di «tradimento» verso il Paese, mentre il Consiglio per l’educazione superiore (Yok) annuncia azioni punitive e già giunge notizia dei primi allontanamenti dalle università. I docenti e ricercatori sanzionati sarebbero finora almeno 41. Le preoccupazioni montano anche nelle cancellerie internazionali. «Siamo preoccupati per queste pressioni – scrive in un comunicato l’ambasciatore Usa ad Ankara, John Bass – Nelle società democratiche è imperativo che i cittadini abbiamo l’opportunità di esprimere i loro punti di visti, compresi quelli controversi o impopolari. Le espressioni di preoccupazione per la violenza non sono uguali al sostegno al terrorismo. La critica del governo non è uguale al tradimento». Una presa di posizione contro cui ha subito reagito su Twitter il sindaco della capitale Ankara, Melih Gokcek, fedelissimo di Erdogan: «Ritorna nel tuo Paese. Al tuo posto potrebbe venire un nuovo ambasciatore Usa».
(La Stampa Mondo)
La petizione intitolata “non diventeremo parte di questo crimine” e sottoscritta inizialmente da 1128 accademici, chiedeva all’esecutivo turco di “mettere fine al massacro e alla deportazione dei curdi e delle altre popolazioni della regione” (askanews) – .
L’appello era stato firmato da più di 1128 accademici e accademiche della Turchia che chiedevano pace per i curdi . Lo trovate qui di seguito in italiano e altre lingue europee.
[su_heading style=”modern-1-blue” size=”19″]APPELLO[/su_heading]
[su_panel border=”1px none #cccccc”]*Noi, gli accademici e le accademiche e gli scienziati e le scienziate di questo paese non saremo parte di questo crimine!* Lo Stato turco, a Sur, Silvan, Nusaybin, Cizre e in molte altre località, attraverso coprifuoco della durata di settimane, condanna i suoi cittadini e le sue cittadine a morire di fame e di sete.
In condizioni di guerra, interi quartieri e città vengono attaccati con armi pesanti. Il diritto alla vita, all’incolumità fisica, alla libertà, all’essere al sicuro dagli abusi, in particolare il divieto di tortura e maltrattamenti, praticamente tutte le libertà civili che sono garantite dalla Costituzione turca e dalle Convenzioni Internazionali vengono violate e abrogate.
Questo modo di procedere violento messo in pratica in modo mirato e sistematico, manca di qualsiasi fondamento giuridico. Non è solo una grave ingerenza nell’ordinamento giuridico, ma lede le normative internazionali come il Diritto Internazionale, che sono vincolanti per la Turchia.
Chiediamo allo Stato di mettere immediatamente fine a questa politica di annientamento e espulsione nei confronti dell’intera popolazione della regione, che tuttavia è rivolta essenzialmente contro la popolazione curda. Tutti i coprifuoco devono essere immediatamente revocati.
Gli autori e i responsabili di violazioni di diritti umani debbono renderne conto. I danni materiali e immateriali lamentati dalla popolazione vanno documentati e risarciti. A questo scopo chiediamo che osservatori indipendenti nazionali e internazionali abbiano libero accesso alle zone distrutte per poter valutare e documentare la situazione sul posto.
Invitiamo il governo a creare le condizioni per una soluzione pacifica del conflitto. A questo scopo il governo deve presentare una roadmap che renda possibile un negoziato e che tenga conto delle richieste e della rappresentanza politica del movimento curdo.
Per coinvolgere l’opinione pubblica in questo processo, al negoziato debbono essere ammessi osservatori indipendenti provenienti dalla popolazione. Con questo manifestiamo la nostra disponibilità a prendere parte di nostra libera volontà al processo di pace.
Ci opponiamo a tutte le misure repressive mirate all’oppressione dell’opposizione sociale. Chiediamo l’immediata cessazione della repressione dello Stato contro le cittadine e i cittadini. Come accademici e accademiche e scienziati e scienziate, così manifestiamo che non saremo parte di questi crimini e prenderemo iniziativa nei partiti politici, in parlamento e nei confronti dell’opinione pubblica internazionale, fino a quando le nostre richieste troveranno ascolto.[/su_panel]
INGLESE
As academics and researchers of this country, we will not be a party to this crime!*
The Turkish state has effectively condemned its citizens in Sur, Silvan, Nusaybin, Cizre, Silopi, and many other towns and neighborhoods in the Kurdish provinces to hunger through its use of curfews that have been ongoing for weeks. It has attacked these settlements with heavy weapons and equipment that would only be mobilized in wartime. As a result, the right to life, liberty, and security, and in particular the prohibition of torture and ill-treatment protected by the constitution and international conventions have been violated.
This deliberate and planned massacre is in serious violation of Turkey’s own laws and international treaties to which Turkey is a party. These actions are in serious violation of international law.
We demand the state to abandon its deliberate massacre and deportation of Kurdish and other peoples in the region. We also demand the state to lift the curfew, punish those who are responsible for human rights violations, and compensate those citizens who have experienced material and psychological damage. For this purpose we demand that independent national and international observers to be given access to the region and that they be allowed to monitor and report on the incidents.
We demand the government to prepare the conditions for negotiations and create a road map that would lead to a lasting peace which includes the demands of the Kurdish political movement. We demand inclusion of independent observers from broad sections of society in these negotiations. We also declare our willingness to volunteer as observers. We oppose suppression of any kind of the opposition.
We, as academics and researchers working on and/or in Turkey, declare that we will not be a party to this massacre by remaining silent and demand an immediate end to the violence perpetrated by the state. We will continue advocacy with political parties, the parliament, and international public opinion until our demands are met.
*
FRANCESE
Nous, enseignants-chercheurs de Turquie, nous ne serons pas complices de ce crime !*
L’État turc, en imposant depuis plusieurs semaines le couvre-feu à Sur, Silvan, Nusaybin, Cizre, Silopi et dans de nombreuses villes des provinces kurdes, condamne leurs habitants à la famine. Il bombarde avec des armes lourdes utilisées en temps de guerre. Il viole les droits fondamentaux, pourtant garantis par la Constitution et les conventions internationales dont il est signataire : le droit à la vie, à la liberté et à la sécurité, l’interdiction de la torture et des mauvais traitements.
Ce massacre délibéré et planifié est une violation grave du droit international, des lois turques et des obligations qui incombent à la Turquie en vertu des traités internationaux dont elle est signataire.
Nous exigeons que cessent les massacres et l’exil forcé qui frappent les Kurdes et les peuples de ces régions, la levée des couvre-feux, que soient identifiés et sanctionnés ceux qui se sont rendus coupables de violations des droits de l’homme, et la réparation des pertes matérielles et morales subies par les citoyens dans les régions sous couvre-feu.
A cette fin, nous exigeons que des observateurs indépendants, internationaux et nationaux, puissent se rendre dans ces régions pour des missions d’observation et d’enquête.
Nous exigeons que le gouvernement mette tout en oeuvre pour l’ouverture de négociations et établisse une feuille de route vers une paix durable qui prenne en compte les demandes du mouvement politique kurde. Nous exigeons qu’à ces négociations participent des observateurs indépendants issus de la société civile, et nous sommes volontaires pour en être. Nous nous opposons à toute mesure visant à réduire l’opposition au silence.
En tant qu’universitaires et chercheurs, en Turquie ou à l’étranger, nous ne cautionnerons pas ce massacre par notre silence. Nous exigeons que l’Etat mette immédiatement fin aux violences envers ses citoyens. Tant que nos demandes ne seront pas satisfaites, nous ne cesserons d’intervenir auprès de l’opinion publique internationale, de l’Assemblée nationale et des partis politiques.
*TEDESCO
Wir, die Akademiker/innen und Wissenschaftler/innen dieses Landes werden nicht Teil dieses Verbrechens sein!*
Der Türkische Staat verurteilt seine Bürger/innen in Sur, Silvan, Nusaybin, Cizre und in vielen weiteren Orten mit wochenlangen Ausgangssperren zum Verhungern und Ausdursten. Unter kriegsartigen Zuständen werden ganze Viertel und Stadtteile mit schweren Waffen angegriffen. Das Recht auf Leben und körperliche Unversehrtheit, auf Freiheit und Sicherheit vor Übergriffen, insbesondere das Verbot von Folter und Misshandlung, praktisch alle Freiheitsrechte, die durch die Verfassung und durch die Türkei unterzeichnete internationale Abkommen unter Schutz stehen, werden verletzt und außer Kraft gesetzt.
Diese gezielt und systematisch umgesetzte gewaltsame Vorgehensweise entbehrt jeglicher rechtlicher Grundlage. Sie ist nicht nur ein schwerwiegender Eingriff in die Rechtsordnung, sondern verletzt internationale Rechtsnormen wie das Völkerrecht, an die die Türkei gebunden ist.
Wir fordern den Staat auf, diese Vernichtungs- und Vertreibungspolitik gegenüber der gesamten Bevölkerung der Region, die jedoch hauptsächlich gegen die kurdische Bevölkerung gerichtet ist, sofort einzustellen. Alle Ausgangssperren müssen sofort aufgehoben werden. Die Täter und die Verantwortlichen der Menschenrechtsverletzungen müssen zur Rechenschaft gezogen werden. Die materiellen und immateriellen Schäden, die von der Bevölkerung zu beklagen sind, müssen dokumentiert und wiedergutgemacht werden. Zu diesem Zweck verlangen wir, dass nationale und internationale unabhängige Beobachter freien Zugang zu den zerstörten Gebieten erhalten, um die Situation vor Ort einzuschätzen und zu dokumentieren.
Wir fordern die Regierung auf, die Bedingungen für eine friedliche Beilegung des Konflikts zu schaffen. Hierfür soll die Regierung eine Roadmap vorlegen, die Verhandlungen ermöglicht und die Forderungen der politischen Vertretung der kurdischen Bewegung berücksichtigt. Um die breite Öffentlichkeit in diesen Prozess einzubinden, müssen unabhängige Beobachter aus der Bevölkerung zu den Verhandlungen zugelassen werden. Wir bekunden hiermit unsere Bereitschaft, freiwillig an dem Friedensprozess teilzunehmen. Wir stellen uns gegen alle repressiven Maßnahmen, die auf die Unterdrückung der gesellschaftlichen Opposition gerichtet sind.
Wir fordern die sofortige Einstellung der staatlichen Repressionen gegen die Bürger/innen. Als Akademiker/innen und Wissenschaftler/innen dieses Landes bekunden wir hiermit, dass wir nicht Teil dieser Verbrechen sein werden und in den politischen Parteien, im Parlament und in der internationalen Öffentlichkeit, Initiative ergreifen werden, bis unser Anliegen Gehör findet.
*SPAGNOLO
¡Como académicos e investigadoras/es de este país, no seremos parte de este crimen!
*
El estado turco ha condenado a sus ciudadanos en Sur, Silvan, Nusaybin, Cizre, Silopi y otras muchas ciudades y barrios en las provincias kurdas al hambre a través del uso de toque de queda, que ha durado semanas. Ha atacado estos lugares con equipamiento y armamento pesado que normalmente se mobiliza sólo en tiempos de guerra. Como resultado, el derecho a la vida, libertad y seguridad y en concreto la prohibición de tortura y malos tratos protegidos por la constitución y convenciones internacionales han sido violados.
Esta masacre deliberada y planeada es una violación seria de las propias leyes turcas y tratados internacionales de los que Turquía forma parte. Estas acciones constituyen una seria violación de la ley internacional.
Exigimos que el estado abandone esta masacre deliberada y deportación de kurdas/os y otras gentes en la región. También exigimos que el estado levante el toque de queda, castigue a aquellos responsables de las violaciones de derechos humanos, y compense a todos aquellos ciudadanos que han sufrido daños materiales y psicológicos. Por esta razón pedimos que se les de acceso a observadores nacionales e internacionales en la región y que se les permita monitorizar e informar sobre los incidentes.
Exigimos que el gobierno prepare las condiciones para negociaciones y cree una hoja de ruta que lleve hacia una paz duradera que incluya las peticiones del movimiento político kurdo. Pedimos la inclusión en estas negociaciones de observadores independientes de distintas secciones de la sociedad. También declaramos nuestra disponibilidad para participar como observadores. Nos oponemos a cualquier tipo de represión de la oposición.
Nosotras/os, como académicos e investigadoras/es trabajando sobre y/o en Turquía, declaramos que no formaremos parte de esta masacre manteniendo silencio y exigimos el final inmediato a la violencia perpetrada por el estado. Continuaremos abogando con partidos políticos, el parlamento, y la opinión pública internacional hasta que nuestras demandas sean cumplidas.
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