Attualità

L’assalto alle “fake news” è un attacco ai media alternativi

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Da Salon, la denuncia del giornalista americano Dave Lindorff, collaboratore di una grande varietà di testate: la lotta alle fake news è un attacco a chi riporta punti di vista differenti rispetto alla linea mainstream; i media alternativi (e con loro blogger e siti di opinione, aggiungiamo noi) devono difendersi dalle campagne maccartiste che iniziano ad essere lanciate dai media mainstream, in una strategia che cerca di cooptare anche i giornalisti e i giganti del web, attraverso la minaccia, e che non esclude il ricorso alla fine della neutralità di internet. L’ennesima prova che in tutto il mondo occidentale cosiddetto libero le condizioni dell’informazione sono in drammatico declino e che sono sempre più forti le pulsioni verso una svolta decisamente autoritaria, di cui la “polizia del pensiero” sarà solo il primo passo.

di Dave Lindorff, 11 novembre 2017

Sono giorni difficili in cui essere un giornalista serio. Fai il resoconto di una storia oggi, con i tuoi fatti graziosamente messi in fila, e probabilmente te la ritroverai etichettata come “notizia falsa” da qualunque persona alla quale tu abbia incornato le proprie bufale – e anche dagli amici che non condividono la tua prospettiva politica. Per buona misura, diranno che ti sei basato su “fatti alternativi”.

Gli storici dicono che il termine “fake news” risale all’epoca della “stampa scandalistica” del tardo 19° secolo, ma il termine è decollato nel 2016, poco più di un anno fa, durante la corsa presidenziale di Donald Trump. Il termine è stato usato per descrivere cose differenti, dai media “privi di fatti” pro-Trump a storie sensazionalistiche e in gran parte false, il cui unico obiettivo era catturare attenzione e soldi. Durante la stagione delle primarie, lo stesso Trump ha iniziato a etichettare tutte le storie dei media mainstream su di lui come “notizie false”. Anche se l’idea che ci potrebbero essere diverse verità risale almeno all’amministrazione del presidente George W. Bush, quando il consigliere Karl Rove affermò che l’amministrazione “crea la propria” realtà, ha guadagnato terreno quando il consigliere di Trump Kellyanne Conway, beccata a inventarsi cose in un’intervista televisiva, ha affermato di affidarsi a “fatti alternativi”.

Un espediente che sarebbe andato bene, di per sé. La maggior parte delle persone è spinta a credere che i politici mentano – qualunque sia il partito o la convinzione che rappresentano – per cui i loro tentativi di negarlo quando vengono accusati di essere dei maestri dell’invenzione tendono ad essere riconosciuti come tali.

I media istituzionali – The New York Times, The Washington Post, i programmi di notizie sulla rete e persino la Radio Pubblica Nazionale (NPR) – hanno tutti risposto all’accusa di essere bugiardi e fabbricanti di “notizie false” promuovendosi come “la comunità fondata sulla realtà” (NPR), o sostenendo che stanno combattendo una giusta lotta contro l’ignoranza, come dimostrato dal nuovo slogan della testata del Post, “La democrazia muore nell’oscurità”. Il Times è rimasto al suo slogan “Tutte le notizie che vale la pena di stampare”, ma ha aggiunto una peculiarità nella terza pagina quotidiana, che elenca “i fatti notevoli del giornale di oggi” e ha preso a chiamare “bugie” le bufale dell’amministrazione Trump.

Lo scorso dicembre il Congresso ha approvato una nuova legge, prontamente firmata dall’allora presidente Barack Obama, che ha reso esecutivo un emendamento orwelliano alla Legge sulla Autorizzazione alla Difesa del 2017. Chiamata Legge sul Contrasto alla Disinformazione e alla Propaganda, questa misura assegna al Dipartimento di Stato, in concerto con il Dipartimento della Difesa, il direttore dell’intelligence nazionale e un’oscura organizzazione governativa sulla propaganda chiamata Broadcasting Board of Governors, il compito di creare un “centro per l’analisi dell’informazione e la risposta”. Il compito di questo nuovo centro, finanziato da un budget di 160 milioni di dollari su due anni, sarebbe quello di raccogliere informazioni sulla “propaganda straniera e i tentativi di disinformazione” e “migliorare proattivamente le narrazioni basate sui fatti che supportano gli alleati e gli interessi degli Stati Uniti”.

Cosa sono le “fake news”? Il bersaglio continua a muoversi

Tutto questo potrebbe sembrare ridicolo, ma come giornalista che ha lavorato in questo campo per 45 anni, sia nei giornali mainstream che nella televisione e nei media alternativi, e come pubblicista di lunga data che ha scritto per pubblicazioni diverse come Business Week, The Nation, The Village Voice e un sito di notizie gestito collettivamente, chiamato ThisCantBeHappening.net, ho osservato come questa ossessione per le “notizie false” si sia trasformata in un attacco alle notizie alternative e alle organizzazioni che le riportano.

Il 24 novembre scorso, il Washington Post ha pubblicato un articolo da prima pagina in stile maccartista dichiarando che circa 200 siti di notizie sul web erano in realtà “fornitori di propaganda pro-russa” consapevoli o involontari. L’articolo, scritto dall’inviato sulla sicurezza nazionale del Post Craig Timberg, si basava sul lavoro di un gruppo ambiguo, chiamato PropOrNot, i cui proprietari-organizzatori erano stati tenuti anonimi da Timberg e le cui fonti di finanziamento non erano dichiarate. PropOrNot, ha scritto Timberg, aveva elaborato un elenco di siti che secondo il gruppo stava facendo circolare “propaganda pro-Russia”.

Per uno dei siti dell’elenco, il noto giornale di sinistra Counterpunch, fondato decenni fa dall’ex editorialista di The Village Voice e The Nation Alexander Cockburn, PropOrNot ha portato due articoli a giustificazione della sua nomina. Uno di questi articoli era mio. Era un pezzo che avevo scritto per ThisCantBeHappening, e che era stato ripubblicato a mio nome da Counterpunch. Il recensore, l’ufficiale in pensione dell’intelligence militare Joel Harding (che ho scoperto essere legato a Fort Belvoir, vicino Washington, che è sede del Comando dell’Esercito USA per le Operazioni sulle Informazioni, o INSCOM), ha etichettato il mio articolo come “assurda propaganda pro-russa”.

In realtà, l’articolo era una semplice relazione delle conclusioni del 29 settembre 2016 da parte dall’indagine congiunta olandese-australiana sull’abbattimento sopra l’Ucraina di un jumbo jet passeggeri malese nel luglio 2014; l’indagine aveva concluso che la Russia era colpevole. Nell’articolo notavo che questa indagine non era legittima perché si sapeva che due nazioni – Russia e Ucraina – possedevano i missili e i lanciatori Buk che avevano abbattuto l’aereo, ma solo ad una di esse, l’Ucraina, era stato permesso di portare prove. Le prove offerte dalla Russia in questo caso erano state ripetutamente respinte. Il rapporto evitava anche di menzionare che il governo ucraino aveva ottenuto il potere di veto su tutte le conclusioni raggiunte dagli investigatori.

Il resoconto era una “fake news” o propaganda? Niente affatto.

In questo caso le notizie false sono state quelle scritte e trasmesse su quella terribile tragedia da quasi tutti i media americani, tra cui il Times, il Post e tutte le principali reti. Tutti questi media continuano a dichiarare come se fosse un fatto accertato che un missile Buk russo ha abbattuto quell’aeroplano, anche se non è stata condotta nessuna indagine onesta. (Tecnicamente è vero che i missili Buk sono tutti “russi”, in quanto sono stati fabbricati tutti in Russia. Il non detto è che i militari ucraini avevano lanciatori Buk perché la loro nazione faceva parte dell’Unione Sovietica e loro avevano continuato ad acquistarli dopo l’indipendenza).

La forma più sciatta di critica ai media

“Etichettare le notizie che non ti piacciono come “notizie false” è la forma più sciatta di critica ai media”, afferma Jim Naureckas, redattore di Fairness and Accuracy In Reporting, una rivista di giornalismo di New York. “È come mettersi le dita nelle orecchie e canticchiare ‘la la la’ a voce alta. Sia il governo che i media istituzionali hanno delle ragioni per non volere che il pubblico conosca dei punti di vista che sono una minaccia al loro potere”.

Mentre Kellyanne Conway ha affermato il suo diritto di offrire “fatti alternativi” come un modo per giustificare l’essere stata sorpresa a mentire, esistono anche fatti alternativi reali, ma che non sono riportati dai media istituzionali. Un esempio classico è stato all’inizio dell’invasione statunitense dell’Iraq, quando tutti i media istituzionali hanno riferito che Saddam Hussein aveva armi di distruzione di massa e stava tentando di sviluppare una bomba nucleare.

C’erano molte organizzazioni di notizie alternative che hanno citato gli ispettori delle Nazioni Unite, che sostenevano che niente di tutto ciò era vero e che non c’erano armi di distruzione di massa né programmi per la loro creazione in Iraq, ma sono stati semplicemente oscurati dai media istituzionali come il Times, il Post e le principali reti di notizie .

In questi giorni un’altra storia dubbia è che i russi “hackerarono” il server del Comitato Nazionale Democratico (DNC). Forse è andata in questo modo, ma in realtà il vasto sistema di intelligence che gli USA hanno costruito per monitorare tutte le telecomunicazioni nazionali ed estere non ha offerto alcuna prova reale di un simile tipo di attacco. L’avvocato per la sicurezza nazionale William Binney e l’analista in pensione della CIA, Ray McGovern, hanno suggerito che alcune prove indicano che deve essere stato coinvolto un membro del DNC.

Ci sono certamente notizie false in tutto il mondo, e cospirazionismi infondati dilagano incontrollati sia a sinistra che a destra. Ma troppo spesso articoli come il mio citato da PropOrNot (un vero fornitore di notizie false!) sono stati etichettati come propaganda – in quello che Naureckas afferma semplicemente essere “l’uso dell’ironia come meccanismo di difesa” – da parte di organizzazioni di notizie effettivamente colpevoli di pubblicare davvero notizie false, come ha fatto il Post con lo “scoop” della sua lista nera di PropOrNot.

“Quello che il governo e i media istituzionali stanno cercando di fare, con l’aiuto delle grandi società internet”, sostiene Mickey Huff, direttore dell’organizzazione Project Censored in California “fondamentalmente è chiudere i siti di notizie alternative che mettono in discussione la posizione comune dei media sui temi”.

Un’ampia minaccia per i media online

Questa è una minaccia per qualsiasi organizzazione online di news, inclusa questa, che dipende dall’uguaglianza di accesso a Internet e dalle alte velocità di download. Secondo le accuse di Huff, ci sono già resoconti secondo cui Facebook sta rallentando alcuni siti che hanno collegamenti alla sua piattaforma, in una risposta sbagliata alle accuse di aver venduto spazio pubblicitario alle organizzazioni legate al governo russo accusate di aver tentato di influenzare le elezioni presidenziali dello scorso novembre.

La fine della neutralità di Internet, ovvero l’uguale accesso ad alta velocità a Internet per la navigazione e il download che è stato garantito a tutti gli utenti – ma che è ora attaccata dall’amministrazione di Trump, dalla sua Commissione Federale delle Comunicazioni e da un Congresso a guida repubblicana – renderebbe molto più facile il verificarsi di questa chiusura dei media alternativi.

La vera risposta, naturalmente, è che i lettori e gli spettatori di tutti i media, mainstream o alternativi, diventino consumatori critici di notizie. Ciò significa non solo leggere gli articoli criticamente, incluso questo, ma cercare molteplici fonti di informazione sulle questioni importanti. Basarsi solo sul Times o il Post, o su Fox News o NPR, ti lascerà denutrito a livello informativo – non solo non informato, ma disinformato. Anche se dovessi leggere entrambi i giornali e guardare entrambe le reti, spesso saresti lasciato con una versione incompleta della verità.

Per arrivare alla verità, dobbiamo anche controllare le fonti alternative di informazione, sia di sinistra, di destra o di centro – e dobbiamo mantenere la distinzione critica tra punti di vista impopolari o non ortodossi e bugie sfacciate o propaganda. Senza una simile distinzione, e la libertà di prendere tali decisioni per noi stessi, mantenere la democrazia sarà impossibile.

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Source link: VOCI DALL’ESTERO

Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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