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Le condanne a morte dei ‘volontari’ in Donbass sono ritenute ‘illegittime’ da GB e USA

Un Tribunale della Repubblica Popolare di Doneck (DPR) ha condannato a morte i mercenari stranieri (i britannici Aiden Aslin, Sean Pinner e il marocchino Saadun Brahim) che hanno combattuto contro il Donbass e la Federazione Russa.

La Gran Bretagna si è attivata per quando riguarda i 2 cittadini britannici. Boris Johnson si è detto “sconvolto” per le condanne a morte – che definisce “fasulle” – inflitte a due britannici che hanno combattuto in Ucraina. Mentre il ministro degli Esteri Truss le ha bollate come “una grave violazione della Convenzione di Ginevra“.

La stessa tesi della violazione della Convenzione di Ginevra è sostenuta dagli USA. “Chiediamo alla Russia e alle forze che controlla di rispettare il diritto umanitario internazionale, compresi i diritti e la protezione concessi ai prigionieri di guerra“, ha twittato il segretario di Stato americano Anthony Blinken, definendo il processo “una farsa” e i mercenari, “legittimi combattenti”.

In definitiva, i due principali sponsor della guerra ad oltranza in Ucraina, adottano sempre la stessa linea di non riconoscimento nei riguardi delle Repubbliche del Donbass; quindi figurarsi considerino legittimo un tribunale della DPR che emana sentenze.

Riguardo alle sentenze, sono fermamente contrario alla pena di morte e non soltanto in questo caso. La vittoria più grande è che una persona riconosca il male che ha fatto. La pena di morte non prevede redenzione o risarcimento per i sopravvissuti, quindi condannare a morte è senza senso. E questo soprattutto a posteriori quando il male si è fatto, la pena di morte sembra ancora più incredibilmente inutile.

Inoltre ci sono altri aspetti. La non applicazione della pena potrebbe essere utile anche dalla parte della DPR, in quando anche nella sua forza armata, ha incorporato elementi stranieri. Ed ancora: la sentenza potrebbe essere utilizzata per scopi negoziali.

Detto questo, è ovvio che l’occidente proverà a personalizzare la vicenda (come del resto sta già succedendo), ma non a vantaggio degli imputati, bensì per avvalorare la propria posizione nel conflitto.

La domanda principale è però se la tesi occidentale sulla violazione della Convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra sia o meno legittima.

Prima di dare la risposta a questa domanda è necessaria una premessa: evidentemente la cattura di un prigioniero in tutti i casi ferisce l’orgoglio del nemico; perché da una parte degli opposti schieramenti, il prigioniero è considerato da una parte un nemico, dall’altra un eroe. Da qui, si spiega come mai tanta enfasi è usata in questo caso, mentre per 1000 episodi orribili che stanno succedendo in questa guerra, non ci si scomoda così tanto. In definitiva, da parte occidentale non c’è alcuna profonda preoccupazione per l’umano ma solo spirito di parte, che vive nella convinzione della propria eccezionalità e di essere dalla parte giusta della storia, sempre e comunque.
Altrimenti contatti sarebbero già stati presi prima della sentenza, mentre invece non è stato richiesto neanche uno cambio di prigionieri.

Detto questo, non occorre essere giuristi per capire che la Convenzione di Ginevra non è applicabile per soggetti che non hanno la nazionalità di nessuna delle parti in conflitto. Ma in questo caso stiamo parlando di soggetti incorporati dentro le forze armate ucraine e, per quando riguarda i due britannici, Aiden Aslin nel 2018 si è sposato in Ucraina e ne ha acquisito la cittadinanza, mentre Shaun Pinner (46 anni) è trasferito in Ucraina diversi anni fa con la moglie e in seguito si è arruolato nell’esercito ucraino. Quindi le sentenze verso questi due soggetti sono molto opinabili, mentre per il magrebino che ha combattuto in Siria il giudizio è assai più complicato. La questione dovrebbe essere chiara, sempre che in Ucraina i tre nel Donbass non abbiano compiuto crimini di guerra.

C’è però un ‘cavillo’. L’articolo 47 del Protocollo n. 1 “Sul conflitto armato internazionale” alle Convenzioni di Ginevra del 1949 nella definizione del concetto di mercenario indica che questa persona “non è un cittadino di una parte che partecipa al conflitto”, e la legge per ottenere la cittadinanza ucraina, prevede che si deve rifiutare la cittadinanza del paese di origine. I mercenari in Ucraina, ovviamente, non lo fanno. Per questo secondo il tribunale della DPR non sarebbero combattenti, ma mercenari, e non avrebbero alcun diritto di protezione secondo le convenzioni. Per quando la cosa possa essere dura ad accettare, potrebbero essere fucilati sul posto senza processo o indagine.

C’è poi un’altra considerazione: parlando di illegalità della sentenza, se confrontiamo correttamente la vicenda tra gli innumerevoli conflitti che l’occidente conduce in tutto il mondo producendo milioni di vittime senza mai essere condannato, il mancato riconoscimento di un tribunale nella DPR è cosa abbastanza ovvia, visto che gli Stati Uniti non riconoscono nemmeno il Tribunale Internazionale dell’Aja e dichiarano i propri soldati ingiudicabili al di fuori dei propri organi di giustizia nazionale.

Mi chiedo allora perché invece di continuare con questa aggressività a tutta pagina per cui ogni cosa che l’occidente fa è sempre cosa legittima – mentre non lo è mai per l’altra parte -, non si pensi piuttosto a contatti diretti tra le parti più rispettosi e responsabili, invece di insistere sulla linea che ha portato a vietare permanentemente al ministero degli esteri russo Lavrov di svolgere la propria attività diplomatica in Europa.

Sarà per questo che, stranamente, a seguito di questa vicenda e nonostante le vivaci proteste, gli ambasciatori russi in GB e negli USA non sono stati convocati, probabilmente per non riconoscere – anche in questo caso – alcuna legittimità.

Specialmente quest’ultima è una questione cruciale e credo che sia lo spartiacque tra le decisioni che saranno prese. E non solo nella vicenda di questi combattenti ma anche sulla fine della guerra. Perché le guerre si terminano solo in due modi: con la diplomazia che cerca una pace il più possibile equa, oppure con la completa vittoria sul campo, la delegittimazione completa dell’avversario e la sua umiliazione.

Ora non resta che sperare che la pena di questi disgraziati sia commutata (e siano condotti in una qualche colonia penale per scontare una pena detentiva fino a fine guerra) o essere utilmente adoperati per scopi negoziali.

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Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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