di Costanza Miriano
Sarebbe molto bello poter credere che tanta mobilitazione contro la violenza sulle donne sia davvero mossa dall’amore verso le donne. Invece il vero obiettivo della manifestazione di ieri, e del martellamento mediatico sul cosiddetto femminicidio è sempre e solo lo stesso: l’autodeterminazione della donna, intesa però solamente come libertà sessuale. Questa libertà è sacrosanta, per carità, come tutte le libertà, ma il fatto che solo questa venga difesa con tanto fervore, denuncia senza possibilità di equivoco che a stare a cuore non è la vera felicità delle donne, ma l’affermazione di un modo di vivere la sessualità che risponda alla pansessualizzazione attuale (sesso come libertà individuale e non di relazione, sesso come compimento di ogni mio desiderio, che diventa diritto).
La libertà è sempre sacrosanta, perché la virtù è tale solo se scelta liberamente, così come l’apertura alla vita, anche se usata in modo sbagliato, ma il problema è quando tale difesa è usata in modo a sua volta violento e strumentale. Violento perché è evidente che non ci si possa mobilitare e indignare per tutto quello che succede, e la scelta di alcuni temi su altri è figlia di una visione del mondo. La violenza sulle donne infatti non è in aumento rispetto al passato, e benché anche un solo caso basterebbe da solo a giustificare tutte le mobilitazioni del mondo, è evidente lo squilibrio di un tale martellamento.
Nessuno almeno nel mondo dei media si mobilità contro la violenza sulle donne di pochi giorni di vita, quelle nel grembo della madre, uccise a decine di migliaia ogni anno. Nessuno contro la violenza sulle madri che hanno paura di portare avanti una gravidanza e si bevono le bugie sul fatto che l’aborto “non è niente”, e si perderanno per tutto il resto della loro vita il privilegio e la gioia e la fortuna di quel figlio. Nessuno contro la violenza sulle donne cristiane perseguitate come Asia Bibi o uccise come le decine ogni giorno, per la loro fede. Nessuno contro la violenza sulle donne costrette a essere uomini per lavorare, con orari da maschio e tempi e modi da maschio. Nessuno contro la violenza sulle donne che invece non vorrebbero lavorare, ma stare a casa con i propri figli almeno quando sono piccoli, ma non possono scegliere perché violentate da una necessità economica, in un sistema che si è preso due lavoratori – lei e il padre – al prezzo di uno. Io di donne ne incontro tante, ogni settimana in giro per l’Italia, e di casi di violenza domestica – terribile, paurosa, complicatissima da risolvere – ne ho incontrati pochissimi, di casi di donne che vorrebbero più figli e più tempo per loro, migliaia e migliaia.
Il femminismo cerca e in qualche modo è riuscito a imporre la grande bugia che si possano avere rapporti sessuali, volendo, anche totalmente liberi disimpegnati e senza conseguenze. La verità è che a volte si può, a volte no, perché il cuore dell’uomo e della donna è un mistero, e il sesso scatena le parti più inconsce e misteriose di noi, a volte anche le peggiori, in determinate circostanze. Cosa che per l’uomo si può tradurre in violenza – sì, l’uomo è più forte fisicamente e a volte più violento della donna – e per la donna in atteggiamenti manipolatori e di controllo (sto parlando di relazioni vissute senza la grazia sacramentale).
Le manifestazioni di piazza non servono a niente, ed è bene ricordare che il femminismo è nato grazie a un disegno non nato dal basso, dal cuore delle donne, ma finanziato dall’alto da grossi gruppi di potere, che sono stati abilissimi nell’intercettare quello che era un desiderio buono e vero delle donne. Il desiderio di essere viste, valorizzate, guardate. Sarebbe molto più utile convincere donne e uomini a riscoprire la loro alleanza, a deporre l’ascia di guerra, a scoprire che sono stati progettati per funzionare insieme, per aiutarsi alla conversione reciproca, a rendersi più uomo e più donna.
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