Cultura e Società

Le sanzioni sono la diretta conseguenza della subordinazione della UE con gli USA

Qualcuno ammetta senza vergogna che non possiamo continuare con le sanzioni.

Improvvisamente, a quasi cinque mesi dall’inizio della guerra, vedono la luce. Folgorati sulla via di Damasco, ma more solito, in ritardo, quando il giocattolo è ormai rotto e i danni sono irreversibili.

Per aver sostenuto esattamente queste tesi, siamo finiti insieme ad altri in una lista di proscrizione ed etichettati come fiancheggiatori di Putin. Oggi, improvvisamente, anche loro se ne accorgono e quello che finora era considerato tabù diventa magicamente vulgata e finisce su HuffPost. È proprio vero che ogni verità prima è ignorata, poi è attaccata violentemente, infine è accettata come evidente.

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Basterebbe spuntare le parole del governatore della Banca d’Italia, Visco. Non ci sarà crescita se continua la guerra. Non ci sarà crescita senza il gas russo (non a caso la Germania sta smarcandosi preservando l’approvvigionamento indispensabile per la sopravvivenza della nazione). Il giudizio degli italiani nell’urna delle politiche del 2023 sarà su quello che il governo (e quindi i partiti) hanno fatto per fermare la guerra, la precondizione per bloccare la spirale del caos economico in corso. E quello che sarà fatto per alleviare le sofferenze del caro-tutto contemporaneo.

È arrivato il momento di cambiare paradigma. Le cosiddette democrazie liberali non ci hanno proprio preso, né sul finale del conflitto, né sul crack economico russo e neppure sul tutti contro Mosca. Qualche leader di partito, italiano, coraggioso, lo dica ad alta voce. Senza vergogna. Senza reticenze. L’escalation della guerra l’abbiamo assecondata nei mesi precedenti seguendo un unanimismo intenzionato a procedere con i paraocchi.

Chiudendo qualsiasi finestra possibile di negoziato. Tralasciando la variante della diplomazia, che è, lo ricordiamo, l’arte di dire le cose senza offendere. L’Europa ha fatto l’esatto contrario. Brandendo un vessillo verbale spinto inopportuno. Che vuol dire insistere che si farà la pace solo alle condizioni dell’Ucraina? Ma come? L’Europa partecipa alla guerra e non può mettere parola? E ora che Zelensky afferma di riconquistare la Crimea, che si fa, l’Europa asseconda ab illo tempore i desiderata del Presidente ucraino?

La situazione dell’economia generata dalle sanzioni è immediatamente attaccata al quadro politico descritto sopra. Ci sono responsabilità previsionali dell’Occidente. Sanzionare la Russia che è il più importante produttore di materie prime senza prevedere le ripercussioni che tutto questo avrebbe generato, dimostra il dilettantismo della classe dirigente. A voler dirla tutta il vero economista si è dimostrato Putin che è stato capace a ridurre i danni per la Russia ripercuotendo sull’Europa il peggio. I nostri provvedimenti sono balbettii stanchi e smarriti.

Tralasciamo il tetto al prezzo del gas che non si farà, Se stiamo al recinto italiano è un rebus il dettaglio della situazione (la Francia in condizioni migliori rispetto a noi, ha nazionalizzato la più grande compagnia elettrica, l’Italia fatica a raggranellare denaro da quei cinquanta miliardi di extraprofitti). C’è qualche accordo per l’approvvigionamento e due barche che fanno da rigassificatori, ma è lo stesso il Ministro della Transizione Ecologica a non credere alle magnifiche sorti e progressive. Andremo incontro al razionamento di gas e luce. (Fonte: HuffPost)

tramite canale Telegram Giubbe Rosse News

Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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