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“Andavamo regolarmente all’antico e millenario souk Hamydié di Damasco, per acquistare del materiale per il Progetto Uncinetto; c’è maggior scelta e tutto è meno caro che nella nostra regione. Purtroppo però, spesso Damasco passa dei periodi di grande violenza, dove i terroristi ancora presenti nella periferia della capitale bombardano senza distinzione l’intera città e ci sono sempre dei morti. Quindi anche se non manca la disponibilità da parte nostra, non possiamo chiedere a qualcuno di andare al mercato in quei momenti…
Antun (Antonio) e i suoi fratelli avevano una bella impresa familiare prima della guerra: avevano fondato una fabbrica che produceva 200 tipi di filati, avevano negozi, laboratori e anche un negozio nel mercato Hamidyé di Damasco. Poi la guerra è arrivata, sono dovuti fuggire sparpagliandosi un po’ dovunque nel Paese e hanno cercato di ricominciare a lavorare là dove si trovavano. Antun si è rifugiato a Damasco per 3 anni. Ora che la battaglia finale per riconquistare la nostra regione continua con successo (è appena finita in questo 28 agosto 2017) ha deciso di tornare a Yabroud e di riprendere la sua attività. Molti hanno scelto di lasciare la Siria, ma lui non vuole. Ha però trovato il suo magazzino completamente vuoto, non è rimasto nulla, le macchine che potevano essere trasportate erano state rubate, i macchinari più pesanti volutamente danneggiati, il negozio bombardato. Tuttavia lui vuole ricominciare e lavora giorno e notte per rimettere la fabbrica in funzione: vuole dare lavoro alle persone più povere, ma non può più pagare il prezzo reale del lavoro ma solo quello che è necessario per sopravvivere e aiutare gli altri.
Alla fine del 2013 l’esercito siriano ha iniziato l’operazione di liberazione della regione del Qalamoun e avanzava liberando villaggio dopo villaggio. La popolazione di ogni villaggio ha agito in modo diverso. Il momento per Qâra è arrivato a metà novembre. Qâra è una città di 22.000 abitanti, la cui popolazione era più che raddoppiata con i profughi venuti da altre regioni, ma si era quasi completamente svuotata all’avvicinarsi dell’esercito, perché considerata una città strategica, si temevano violenti combattimenti o il rischio che i civili venissero usati come scudi umani.
Fortunatamente, non c’è stato quasi nessun combattimento all’interno del villaggio perché i miliziani hanno lasciato il villaggio poco dopo l’inizio dell’attacco dell’esercito. Ma anche se poche case furono distrutte o danneggiate, esse vennero abbandonate e rimasero un mese o più alla mercé dei ladri. La maggior parte degli abitanti, come Fozia, una volta tornati a casa, hanno trovato la casa saccheggiata, specialmente degli elettrodomestici, dei mobili , delle stoviglie; gli animali erano morti o scomparsi, gli alimenti per l’inverno erano avariati. Bisognava ricominciare tutto da zero. A Fozia, sarta di Qâra, hanno rubato le sue macchine per cucire. Adesso vuole tornare a lavorare per sopravvivere. Realizza borse in tessuto e indumenti fatti a mano.
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