Siamo richiamati dalle parole del Papa e dei patriarcati che hanno dato un giudizio chiaro sull’ambigua guerra siriana.
Ve lo domando per suor Rima, per i nostri fratelli sofferenti, vittime di una guerra senza senso; ve lo domando sollecitando una risposta vera: perché non si segue le parole del Papa e dei religiosi che sono in Siria?
Da parte di chi ha la responsabilità di comunicazione nel mondo cattolico c’è il dato oggettivo di uno scarso ascolto del giudizio dell’autorità ecclesiale. Un solo articolo che porti confusione è un male e basta a vanificare tutti gli altri.
Manca da parte dei media cattolici (salvo eccezioni rare) uno sguardo che parti dagli insegnamenti di Cristo, una ‘distanza critica’. Se manca un giudizio sulle cose grandi come si può averlo sulle cose più semplici? Ed ancora: perché non si segue le parole del Papa e dei religiosi che sono in Siria?
Allora, davanti a questo atteggiamento io ho la percezione che c’è un problema culturale. Direi la presenza delle sole opinioni nasconde un problema culturale: perché il fatto cristiano é un avvenimento che c’entra con tutta la vita e deve cambiare la mentalità, purificare lo sguardo. Questo cambiamento di mentalità si chiama CULTURA. Quindi il problema è culturale. E’ una mancanza di memoria e se non c’è memoria storica non c’è cultura viva.
Che speranza abbiamo nello Spirito di pace che cambia tutto se ci affidiamo? Manca la responsabilità propria di mettersi a disposizione del Disegno di Dio che é la Chiesa; manca la responsabilità verso i nostri fratelli siriani della terra di San Paolo, ricca di tracce della nostra memoria ed esempio della convivenza tra mussulmani e cristiani.
Qui non si tratta di elezioni politiche, in cui è meglio non immischiarsi e davanti alle quali ognuno appoggia una data coalizione, qui si tratta di rispondere o meno al quotidiano. Si tratta di rispondere non ad un fatto qualsiasi ma ad un fatto eclatante, che non può non muoverci. La guerra siriana ci pone domande precise: essere inincidenti , o essere addirittura dannosi sotto il profilo della costruzione della Pace, pone responsabilità a cui continuerò a richiamare.
Con c’è altro modo che io conosca per vivere, perché la vita non diventi troppo pesante, se non di offrire, perché ho forte il senso del Mistero e la Speranza di un destino buono in virtù di Gesù Cristo. Solo così il ‘carico’ è leggero. Però non posso ricondurre tutto a mio uso e consumo, ad un fatto personale, senza entrare nel merito, perchè non si esaurisce il male al solo offrire la mia mortificazione: il fatto cristiano è un fatto carnale; per questo la mia insistenza, è un fatto di affezione e di conseguenza di responsabilità al quale sono continuamente richiamato.
Amici, vi supplico di entrare nel merito.
Vi invito ad intervenire con un giudizio chiaro sulla crisi siriana, che sia un giudizio di fede e che indichi una strada di pace e riconciliazione e non di sopraffazione.
Patrizio Ricci
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