L’ex ambasciatore Usa, in Siria: “L’opposizione deve fermare le atrocità contro le comunità civili” e dialogare con Assad.

Accade, se siamo vigili, che ci accorgiamo che ci sono piccoli squarci tra le nubi di falsità propinateci dai media mainstream.
Possiamo con internet leggere stampa pìù libera di quella italiana dove il laborioso lavoro di 'scelta delle notizie' (al fine di  sviare, svilire e deformare la percezione della realtà) non è assoluto. 

di Patrizio Ricci

In una intervista, un uomo ha messo a nudo i miopi interessi americani ed europei in Siria. Non è un uomo qualunque ma un personaggio inaspettato, un ex-diplomatico americano.

Si tratta di Robert Ford. Egli due mesi prima delle rivolte a Damasco aveva preso l'incarico di  ambasciatore degli Stati Uniti.  Lo vediamo – cosa assai inconsueta per il suo ruolo di ambasciatore – nell'estate del 2010 raggiungere  Hama dove ci sono i primi tumulti. La sua  'solidarietà' ai 'manifestanti pacifici' significherà  fungere da consigliere militare ed agitatore politico al fine di  destabilizzare il paese ed arrivare in breve tempo al "cambio di regime".

Fa questo tipo di lavoro di professione. Robert Ford aveva  svolto le stesse attvità come consigliere politico anche nell'ambasciata Usa a Baghdad negli anni 2004-2006. Lo scopo pure in quelle circostanze è stato lo stesso: creare lerelazioni ed i contatti per spianare la strada all'intervento armato della coalizione dei soliti 'volenterosi'.

In quella prticolare situazione sarà coadiuvato da Negroponte, una figura molto controversa per il suo coinvolgimento nei finanziamenti occulti ai Contras e l'occultamento degli abusi contro i diritti umani commessi da agenti addestrati dalla CIA in Honduras negli anni ottanta , pratiche che verranno ripetute in Iraq. Su quelle vicende in Iraq, il  Times Online scriverà: " Non è chiaro chi avrebbe preso la responsabilità di un tale programma – il Pentagono o la CIA. Tali operazioni segrete sono state tradizionalmente gestite dalla CIA a distanza da parte dell'amministrazione al potere, dando funzionari degli Stati Uniti la possibilità di negare la conoscenza di esso".

Dando una rapida occhiata al suo trascorso, Robert Ford non appare un personaggio 'raccomandabile'. Tant'è che proposto successivamente come ambasciatore in Egitto, la sua candidatura verrà rifiutata dal governo egiziano.

Con simili premesse possiamo capire quanto  siano sconcertanti le dichiarazioni contenute nella sua intervista sulla rivista americana  'Foreign Policy'.

Nel servizio, egli riconosce che i  "teorici della cospirazione" avevano ragione: i jihadisti sono la maggioranza dei ribelli e che al-Nusra, e altre forze jihadisti costituiscono la stragrande maggioranza della presunta "ribellione".  In definitiva, le forze erroneamente definite come 'forze anti-Assad' sono praticamente indistinguibili da quelli dello Stato Islamico (ISIS) .  "Al Nusra è altrettanto pericoloso – dice nell'intervista Robert Ford –  eppure continuano a far finta che sono bravi ragazzi, che stanno con i siriani" . 

Conseguentemente, nella citata intervista (ed in altre rilasciate in precedenza),  l'ex ambasciatore auspica che le opposizioni armate rinuncino alla uscita di scena di Assad come pre-condizione ad iniziare un processo di pace.
Egli ammette che «la strategia degli Stati Uniti – attuata  finora in Siria – non funziona, da qui la necessità di istituire un piano alternativo» .
Il 'piano alternativo' da lui proposto è formato da 6 punti:  

1)  i gruppi armati che ricevono assistenza dal comando centrale appena creato (dei ribelli moderati in Turchia ndr) obbediranno solo ai suoi ordini.

2)  l'opposizione armata  fermerà atrocità contro le comunità civili che hanno sostenuto il regime di Assad e che il comando armato dell'opposizione si assume tutta la responsabilità per le azioni dei suoi gruppi costituenti.

3)  l'opposizione armata deve recidere tutti i legami con al-Nusra.

4) la leadership dell'opposizione armata non deve  distruggere  le comunità di minoranza cristiana o alawite, e deve essere pronta a negoziare accordi di sicurezza locali, anche con l'esercito Arabo Siriano, per proteggere tutti i siriani.

5) (l'opposizione armata) negozierà un accordo politico nazionale per porre fine al conflitto, senza la partenza di Assad come pre -condizione.

6) ogni coalizione politica che pretende di rappresentare l'opposizione deve avere una reale rappresentanza delle minoranze (comunità che hanno, in generale, sostenuto il governo di Assad) ed avere uomini di alto livello in Siria .

"I ribelli devono partecipare ai nuovi negoziati senza avere il solito discrimine di subordinare la propria partecipazione con l'esclusione di Assad dal processo di transizione"
Nel servizio si legge che Robert Ford: "ha indirizzato parole di critica alla Turchia perchè deve impedire e chiudere  l’afflusso delle milizie dell’Isis e di Al Nosra verso la Siria".

Quindi tutto bene, un passo avanti? Non proprio: nell'intervista Robert Redford sostiene ancora l'opposizione armata ed intende ad essa dare l'incarico di mettere a posto le cose ma almeno bisogna riconoscere che propone strategie diverse. Guardando in positivo una simile esposizione comincia ad avere la parvenza di diplomazia.  Quindi non possiamo non auspicare che questa proposta (anche se non ottimale) sia presa sul serio da chi tira le fila a Washington.