«La guerra non condurrà mai alla pace. E, come stiamo vedendo, questa guerra non sta portando a nessuna soluzione. Gheddafi non si piegherà. Come tutto il popolo libico, è molto orgoglioso della propria identità, della propria razza. Non cederà mai alle pressioni dell’Occidente». È quanto dichiara al GdP mons. Giovanni Innocenzo Martinelli – vicario apostolico di Tripoli, da quarant’anni in Libia – che sottolinea però di parlare a titolo personale e non a nome della Santa Sede.
Mons. Martinelli, non crede che – per come è evoluta la situazione – un intervento armato fosse l’unica soluzione?
Assolutamente no. Si poteva cercare una mediazione, ma il dialogo non è nemmeno stato tentato. L’Occidente ha avuto fretta di ricorrere alla guerra, non so per quale ragione. Non voglio avere pregiudizi, ma l’intervento dei cosiddetti alleati mi è sembrato affrettato e piuttosto interessato.
Dai contatti che ho avuto con il World Islamic Call Society (un’istituzione sponsorizzata dalla Libia e incaricata del dialogo interreligioso e della promozione dell’islam nel mondo), so che si stava trovando un canale possibile per il dialogo. Era stata individuata una persona che aveva un certo peso sia tra i rivoltosi sia tra le autorità, e che poteva giocare un ruolo importante nella mediazione. Ma l’Occidente voluto iniziare la guerra, e ora non riesco a immaginare come possa andare a finire.
Vista da fuori, però, la situazione stava precipitando. Il numero di vittime cresceva vertiginosamente, e i terribili attacchi delle milizie di Gheddafi stavano polverizzando le conquiste dei ribelli. In qualche modo bisognava intervenire.
In parte è vero, ma in parte ciò che avete saputo in Occidente è stato ingrandito dai mass media. È chiaro che si sarebbe dovuto intervenire prima che la situazione precipitasse. La mancanza del Governo libico è stata quella di non aver ascoltato la crisi generazionale di questi tempi. Gheddafi doveva ascoltare i giovani che reclamavano più diritti.
Bisogna anche sottolineare, però, che se la reazione del colonnello è stata così forte c’è un motivo. Se è vero che la rivolta è nata spontaneamente, è altresì vero che a un certo punto vi è stata tra le fila dei ribelli un’infiltrazione di al Qaida.
Al Qaida? Aveva quindi ragione Gheddafi?
Quello che Gheddafi ha detto è vero. Dalle notizie che ho potuto raccogliere, ho motivo di credere che a un certo punto la rivolta è stata effettivamente strumentalizzata dal network di bin Laden. È questo che ha dato il via all’atroce repressione del colonnello.
Chi avrebbe dovuto, o potuto, intervenire?
Di certo non l’Occidente. Ci sono organismi nella società araba che avrebbero potuto giocare un ruolo importante, e che forse sono ancora in tempo per farlo. Ci sono personalità africane, sia all’interno che all’esterno della Lega araba o dell’Unione africana (di cui Gheddafi è anche stato presidente) che hanno una forte influenza sul raìs. Perché non cercare un mediatore tra questi, se veramente si voleva la pace?
Anche l’Italia era in gioco, e avrebbe potuto dare un’importante contributo alla pace, perché negli ultimi anni aveva acquisito una certa amicizia con la Libia e con Gheddafi.
Non so dire, vista l’attuale situazione, se la strada del dialogo è ancora percorribile. Ma perché non tentare?
Come finirà questa triste vicenda? Che fine farà Gheddafi?
A questa domanda è impossibile rispondere. Ciò che posso dire è che il leader libico è disposto a resistere fino alla fine. Per questo non vedo una soluzione alla guerra. Da quattro giorni, ogni sera e ogni notte veniamo bombardati. Ma fin dove si vuole arrivare? Fino a che punto gli alleati hanno il diritto di farlo? Che cosa ci si aspetta, che Gheddafi se ne vada? Non accadrà mai.