L’intervento della Nato in Libia (legittimato dalla risoluzione 1973 del 17/03/11 dell’Onu), è partito con presupposti non efficacemente verificati e con obiettivi non chiari, ( lo stesso Congresso USA ha chiesto pochi giorni fà, che la Casa Bianca fornisca informazioni sulla natura, obiettivi e costi della missione in Libia ) .
Sulle rivolte e le repressioni si è scatenata una vasta campagna di disinformazione, che persegue obiettivi e interessi non chiari ma ha sicuramente come condizione essenziale la caduta del governo libico ed il suo leader.
E’ chiaro che la risoluzione ONU è stata interpretata in modo largamente estensivo sia sull’utilizzo delle armi e sia sulle finalità. Dalle notizie che abbiamo, è proprio difficile immaginare come l’azione intrapresa possa essere considerata uno strumento per la pace quando non si lavora per una tregua immediata ma per una vittoria completa di una delle due parti e quindi il completo annientamento dell’avversario.
Osserviamo infatti in questa fase:
1. La totale mancanza di una informazione chiara e indipendente.
2. Un intensificarsi del conflitto tra due regioni storicamente divise: la Tripolitania e la Cirenaica.
3. L’appoggio della Nato dato chiaramente al governo provvisorio di Bengasi e a protezione della popolazione civile sui due fronti.
4. L’azione militare Nato non appare subordinata ad alcuna azione diplomatica seria (una trattativa non può essere bloccata prima ancora di cominciare).
5. La mancanza dell’intenzione seria di procedere ad un immediato cessate il fuoco per entrambi le parti in conflitto con il contestuale invio di osservatori Onu.
6. La protezione dei civili, non appare chiaramente come possa essere perseguita quando si bombardano centri abitati.
(un uomo in certi casi diventa ora obiettivo, ora danno collaterale, ora civile inerme da difendere)
7. Le armi non possono effettuare operazioni umanitarie , il loro impiego deve essere limitato nel tempo, se protratto si rischia di fare danni peggiori di quelli che si voleva far cessare, specialmente in caso di guerra civile.
Perciò’ in questo scenario di guerra i bombardamenti non termineranno presto, a quale prezzo non sembra interessare a nessuno, intanto si aprono banche, si allacciano relazioni con i nuovi padroni di casa (molti ex funzionari e ministri del vecchio regime) , si aprono sedi diplomatiche, senza che il popolo libico abbia scelto. E l’Italia è dentro fino in fondo in tutto questo, la stessa Italia che aveva stipulato per mettere fine al triste capitolo coloniale, un trattato con la Libia di amicizia, cooperazione e di non aggressione. Questo procedere è palesemente in contrasto con gli intenti dei padri fondatori della nostra costituzione e di ogni altro strumento sovranazionale che ci siamo dati per tutelare la pacifica convivenza e l’autodeterminazione dei popoli.
Che ci guadagnerà il popolo libico? Chi lo governerà, quali sofferenze e distruzioni dovrà ancora sopportare?
Il fatto stesso di eliminare fisicamente Gheddafi rende l’intervento Nato fortemente ambiguo nei confronti del rispetto di uno stato sovrano con cui non si è in guerra. I crimini perpretrati contro la popolazione , per far cessare le quali si era intervenuti , appaiono sin d’ora, da una prima commissione ONU, commesse da ambedue le parti in lotta.
La notizia pubblicata oggi sul Dayli telegraph ne dà ulteriore conferma: la Nato minaccia i ribelli perché ha notizie di ripetute vendette e processi sommari sui prigionieri catturati.
In questa confusione planetaria, la grande domanda è : questo uomo che si vuole difendere, dov’è? Come lo si sta difendendo realmente?
Questo “bene” che si vuole per quella gente, per le vittime civili, o per quelle dei barconi che affondano, tra tutte quelle esplosioni , tra tutto quell’odio dov’è? E’ così che lo si consegue, è questo che si vuol conseguire?
Per concepire il bene non basta ripetersi che si è seguita la “procedura giusta”, che si è dalla parte giusta , e così facendo legittimare ogni male. Occorre invece essere fino in fondo uomini, sempre, non staccare lo sguardo dalla realtà. Altrimenti si perderà la capacità di incontrare un altro uomo, e le nostre società forse saranno più convenienti, ma senza pietà. E dando battaglia contro “il nemico” occorre capire che ogni uomo può fare il male perché il male c’è nella sua genesi, ma ciò che lo costituisce è lo spirito di Dio, è un destino buono e la vita è per scoprirlo. Perciò la vita vale per tutti. Ma se non si riconosce questo la vita è un inferno.
E qual’è la pace che si vuol conseguire? Avere semplicemente in Libia un governo più amico? Tanto per cominciare dovremmo sapere cos’è la pace e quanto vale. E dovremmo praticarla, viverla ogni giorno, piuttosto che aspettare il suo arrivo miracoloso. E noi altri occidentali, solidali e gelosi sopra ogni cosa del nostro modello di vita, dobbiamo smettere di veder la pace come il soddisfacimento del ” grido dei deboli “, i forti accorrono a difesa dei deboli con bombardamenti “mirati” (mirati dove? E dove sono stati per 30 anni? Perché proprio adesso in un periodo di apertura e non negli anni più bui?) Impostori, coloro che dicono di proteggere, se volete fare la guerra fatela , ma finitela di spiegarci cos’è la pietà, e di darci giustificazioni assurde. Finitela a spiegarci cos’è la pietà mentre gli aerei sfrecciano sui barconi zeppi di migranti, verso il proprio obiettivo. lo sappiamo che ormai non ci si muove che per motivi umanitari peccato che ora che la perdita di umanità e del senso del bene nella nostra società è quasi totale, non è credibile.
Non è credibile perchè mai negli ultimi anni dopo aver distrutto e magari eliminato il tiranno si è mai saputo ricostruire, il cuore dell’uomo. Mai la pace verrà in questo modo, lo sappiamo tutti.