L’incidente nello Stretto di Kerč’: una prospettiva mediorientale

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Lo Stretto di Kerč’, un luogo che non viene menzionato spesso nei media – o nei social media – mediorientali è diventato molto più familiare in quella regione da quando le navi ucraine sono entrate di recente nelle acque territoriali russe nel Mar Nero.

Nel mondo arabo un certo numero di giornalisti ha discusso dell’incidente: hanno trattato le due parti come uguali, e si sono concentrati sugli aspetti militari piuttosto che sui retroscena e le ragioni di ciò che è accaduto.

Altri hanno esaminato l’incidente in un contesto più ampio – e più oggettivo – e hanno preso in considerazione le possibili conseguenze. Così il canale televisivo Al Mayadeen, con sede in Libano, afferma che i passi che hanno portato alla crisi sono stati deliberatamente progettati. Indica che l’incidente è avvenuto mentre erano in corso i preparativi per un incontro tra i presidenti russo e statunitense a margine del vertice del G-20 in Argentina. Quell’incontro non ha avuto luogo – Donald Trump ha subito la pressione dalla potente lobby militare-industriale e ha revocato il previsto colloquio faccia a faccia con Vladimir Putin.

Petro Poroshenko, il presidente ucraino, ha dichiarato lo stato di “pronti al combattimento” e si è designato a capo del “partito della guerra”, nella speranza che questo aumenterà i suoi voti prima delle elezioni del prossimo anno, e sia quindi in grado di rimanere al potere. Tuttavia, la sua popolarità è attualmente ai minimi storici. Le sue azioni sono sostenute da un gruppo di potenti organizzazioni americane, che sono coinvolte nella preparazione e nell’adozione di decisioni che sono, in effetti, l’equivalente di una sfida a Mosca [in arabo].

Per un certo numero di commentatori ucraini, il presidente del loro paese è un provocatore che fa attacchi politici contro la Russia, con il sostegno dell’Occidente, in particolare degli Stati Uniti, che usano la situazione come un modo per esercitare pressione sul Cremlino. L’Occidente sta intensificando le sue campagne contro Mosca: approva e diffonde false accuse di spionaggio e indebolimento dei sistemi politici occidentali, facendo accuse sull’uso di sostanze velenose ecc. Questo comportamento equivale ad una continuazione della politica di resistenza all’influenza di Mosca, proprio com’è successo nella Guerra Fredda [in inglese].

In relazione all’incidente di Kerč’, il quotidiano degli Emirati Arabi Uniti Al Khaleej si è concentrato sulla condotta impulsiva del leader ucraino. Nel tentativo di convincere l’Europa e la leadership della NATO che il suo paese è sotto attacco e che dovrebbero correre in suo aiuto, Petro Poroshenko ha sospeso tutti i negoziati con Mosca. Ma i suoi piani non hanno avuto successo.

Durante l’ultimo incidente nello Stretto di Kerč’, ha nuovamente sollevato lo spettro della guerra, facendo apparizioni pubbliche in uniforme militare e invitando NATO e Germania ad inviare navi da guerra nel Mare d’Azov. Ma l’Europa, ora come nel passato, non ha voglia di essere coinvolta in una guerra con la Russia.

In breve, conclude l’articolo di Al Khaleej, gli ultimi tentativi di Petro Poroshenko di accendere la miccia della guerra sono falliti [in inglese].

Una domanda frequente nei media mediorientali è: per quanto tempo i tamburi di guerra continueranno a suonare, in risposta all’incidente nello Stretto di Kerč’? Molti esperti negli stati arabi, avendo imparato molto dai tanti anni in cui i loro paesi hanno avuto a che fare con Washington, sono scettici sulle azioni di Petro Poroshenko.

Alcuni di loro hanno paragonato il presidente ucraino col famigerato ex leader georgiano Mikhail Saakashvili. Durante la sua presidenza, quest’ultimo ha commesso un grave errore quando ha invocato il sostegno del suo fedele alleato, George Bush, l’allora presidente degli Stati Uniti. Mikhail Saakashvili ha provocato Mosca cercando di privare l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia del loro status speciale, un errore che gli è costato caro e si è concluso con la dichiarazione di indipendenza delle due regioni. George Bush non ha fatto nulla, ma ha semplicemente osservato la situazione con calma.

Sebbene vi siano chiare differenze tra la situazione dell’Ucraina e quella della Georgia dieci anni fa, gli autori attuali ritengono importante ricordare ciò che è accaduto in quest’ultimo caso. Proprio come Mikhail Saakashvili all’epoca, Petro Poroshenko vede Mosca come il suo nemico numero uno. Ed è quindi tentato di ignorare tutte le regole, dimenticare il buon senso e, agendo impulsivamente, mettere in pericolo il futuro del suo paese.

I media in Medio Oriente hanno recentemente riportato il recente discorso tenuto all’Università di Harvard da Federica Mogherini, Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza. In quella conversazione ha espresso preoccupazione per il fatto che le regole del diritto internazionale vengono ora soppiantate dalla “legge della giungla”, e dal fatto che il mondo stia mettendo in discussione gli accordi e i trattati internazionali che hanno posto fine alla Guerra Fredda.

In contrasto con i tentativi della Russia di creare un nuovo ordine internazionale multipolare, l’attuale politica di Washington è di minare i principi del diritto e della comprensione reciproca tra i principali paesi, sia a livello globale che a livello regionale [in arabo].

Petro Poroshenko si renderà conto della pericolosità del gioco nel quale è impegnato, un gioco nel quale gli USA continuano a rinnegare i propri obblighi derivanti da accordi internazionali e ad ostacolare l’emergere di un nuovo ordine internazionale?

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Articolo di Jurij Zinin pubblicato su New Eastern Outlook il 15 dicembre 2018
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia

[le note in questo formato sono del traduttore]

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